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Workplace loneliness: siamo tutti più soli sul posto di lavoro e questo ci rende infelici

Il report State of the Global Workplace di Gallup ha rilevato che un lavoratore italiano su 4 (il 25%) si sente solo sul posto di lavoro.
A cura di Giusy Dente
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Sembrano tutti felici e pieni di impegni sui social, perennemente in vacanza e con tanti amici intorno con cui fare festa. Ma quanto c'è di vero in questa apparente perfezione? Molto poco stando ai recenti studi, da cui emerge un quadro problematico: oggi siamo tutti più soli, sia nella vita privata che in quella professionale. Proprio la solitudine sul posto di lavoro è un problema che riguarda milioni di persone nel mondo, un tema ancora poco considerato e poco preso sul serio: invece, avendo ripercussioni sul benessere mentale, ha gravi conseguenze nella vita di tutti i giorni. Va a impattare sul singolo, ma si ripercuote a sua volta sull'ambiente di lavoro stesso, a livello di produttività e performance. Una persona stanca e infelice, che anche tra i colleghi si sente sola, avrà necessariamente un rendimento minore.

Che cos'è l'isolamento lavorativo

Solo nel Regno Unito si stima che l'isolamento lavorativo costi, ogni anno, ben 2 miliardi e mezzo di sterline, mentre le stime degli USA parlano addirittura di 154 miliardi di dollari. Esiste uno studio al riguardo, di Nature. Secondo questa indagine sono più di 8 su 10 i dipendenti di Brasile, Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti che dichiarano di sentirsi soli nei luoghi di lavoro (82%). A livello nazionale, il report State of the Global Workplace di Gallup ha rilevato come, tra i lavoratori italiani, uno su 4 (25%) provi tristezza e isolamento ogni giorno. A livello globale, invece, ha ammesso di sentirsi solo sul posto di lavoro un dipendente su 5.

Tra le generazioni, secondo quanto riportato anche da Fortune, è soprattutto la Gen Z a patire questa situazione: il 30% contro il 22% registrato in altre fasce d'età. Non va certo meglio in Giappone dove uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Tokyo ripreso dal Japan Times ha scoperto che una persona su 10 si sente sempre sola al lavoro. Anche un sondaggio di BetterUp ha rilevato il trend: un enorme 69% dei dipendenti dichiara di essere insoddisfatto delle proprie relazioni sociali sul lavoro e il 43% delle persoe non avverte un senso di connessione con i propri colleghi.

È facile intuire quanto questo sia problematico. Questo sentimento ha gravi ripercussioni sul benessere individuale, che a sua volta peggiora il rendimento lavorativo. Lo dimostra una meta-analisi condotta su oltre 226.000 persone dalla Columbia University: dai dati emerge che l'isolamento sociale è collegato a depressione, ansia, problemi di salute mentale e malessere generale. Ci si sente sempre meno stimolati, meno coinvolti nel proprio lavoro, meno legati alla propria azienda: si perde del tutto interesse per la propria mansione, le proprie attività, dunque ci si impegna sempre meno. Ne consegue che il trend negativo ha effetti devastanti anche sull'intera economia: per gli imprenditore il malessere dei dipendenti si tramuta in costi in più dovuti al calo della produttività, all'aumento dei tassi di assenteismo e turnover.

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L'OMS, accorgendosi di non poter più sottovalutare il tema, ha lanciato un monito: la solitudine lavorativa nel corso degli anni è diventata una vera e propria epidemia. L'unico modo per invertire la rotta è riscoprire la propria umanità, restituire valore alle relazioni umane, messe in secondo piano dall'avanzata della vita virtuale, che sembra aver del tutto preso il sopravvento. Per questo è nato in Italia il Manifesto: esperti tra sociologi, economisti e psicologi si sono messi a disposizione di aziende e lavoratori, affinché si possano creare ambienti sani, stimolanti, dove creare connessioni umane oltre che buone performance lavorative.

Il team parla di Relazionésimo, una cultura fondata sul potere delle relazioni tra persone. Nel Manifesto della Fondazione, fondata dalle due imprenditrici Ketty Panni e Ombretta Zulian si legge proprio che: "Le relazioni devono rappresentare la bussola della vita, sono un bene primario ed essenziale".  Il rapporto tra persone in carne e ossa, invece, non è qualcosa di cui poter fare a meno: è un'esperienza di cui l'essere umano ha bisogno, ha un valore inestimabile, che però si sta perdendo presi come siamo dall'iperconnessione e dall'online. È il paradosso della contemporaneità: pieni di amici su Facebook, di like su Instagram e di connessione virtuali, eppure così privi di legami reali e significativi nella vita vera che non ci facciano sentire così terribilmente soli.

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