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Addio a foto di coppia e proposte di matrimonio sui social: perché la GenZ vive l’amore offline

Sempre più giovani scelgono di vivere nel riserbo le loro relazioni: un modo per sfuggire all’ansia sociale e per essere più presenti nel momento che si sta vivendo.
A cura di Francesca Parlato
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E se il nuovo trend fosse non seguire più nessun trend? Il vento sta cambiando sui social e la rivoluzione sembra partire dagli Stati Uniti, se già nel 2023 New York ha visto nascere il Luddite Club (in omaggio alla filosofia del movimento operaio britannico che rifiutava il telaio meccanico e che oggi per estensione si riferisce alla resistenza al mutamento tecnologico) un club di adolescenti della Generazione Z che ha scelto di rinunciare allo smartphone e tornare ai telefoni che non possono far altro che chiamare e inviare sms (oggi il gruppo è in espansione e sul loro sito a caratteri cubitali appare la scritta UNPLUG cioè stacca la spina), oggi molti rappresentanti della stessa generazione scelgono di essere più riservati sulle loro relazioni amorose e dagli hashtag #couplegoals e #relationshipgoals sono passati alle foto dove i volti sono nascosti, il romanticismo non è strillato e le proposte di fidanzamento sono discrete e non più a portata di iPhone.

Perché la Generazione Z è più riservata sulle relazioni amorose

Sta davvero succedendo? Stiamo davvero liberandoci di foto di coppie con vestiti abbinati, proposte di matrimonio fatte casualmente mentre la fotocamera è accesa, TikTok in cui le coppie rispondono a quiz per stabilire quanto conoscano il proprio partner? Secondo un articolo della CNN le cose stanno cambiando. La nuova tendenza è la quiet relationship, la relazione tranquilla, quieta, vissuta fuori dai social. Le ragioni per questo cambio di paradigma sono diverse: l'ansia ormai è una parola che fa parte del vocabolario quotidiano anche dei giovanissimi, e il punto è che ormai ‘postare' è una fonte più di stress che di appagamento da cuoricini, per questo molti decidono di rifiutare l'ostentazione. Rifuggire dalle pressioni che arrivano scorrendo il feed quando appaiono una dopo l'altra e dopo l'altra ancora finte foto rubate di coppie che si baciano in posti extra lusso come se non sapessero che qualcuno sia lì a riprenderli. Condividere momenti della propria relazione vuol dire renderli pubblici e dare, alle persone che ti seguono o che semplicemente per via dell'algoritmo si imbattono in quel contenuto, la possibilità di entrare nella tua vita, analizzarla, immaginarla e questo vale anche per chi ha un bacino di follower contenuto, non solo per chi di mestiere fa l'influencer.

Ti amo anche se non ti condivido online

Chi è nato nell'era del Dopo iPhone è abituato a pensare che la vita passi tutta da lì. Che ogni momento debba essere immortalato, condiviso, inviato, postato. Ed è per questo che fa notizia quando qualcuno sceglie di non essere sui social o di esserci ma con discrezione, soprattutto se giovanissimo, ancora di più se fa parte della Generazione Z, quella di TikTok e di Chat GPT. Come raccontano una delle ragazze intervistate dalla CNN a proposito del proprio fidanzato: "Non ha bisogno di vedermi pubblicare qualcosa su di lui per sapere che lo amo". E anzi uno studio del 2023 dimostra il contrario: l'over posting, la necessità di condividere continuamente contenuti sulla propria relazione sui social media è collegato a livelli più bassi di soddisfazione nella relazione e a uno stile di attaccamento ansioso tra i partner.

Se non lo posti… esiste lo stesso

Non essere presente sui social non vuol dire nascondere la relazione ma semplicemente proteggerla, evitare che sia alla mercé di tutto il resto del mondo, significa scegliere di non sentire il peso di essere al passo con i post degli altri, di sfuggire in qualche modo all'omologazione e al confronto continuo che essendo comunque parziale –  per forza di cose si condivide sempre soltanto una parte della propria vita – non può essere mai sano o positivo o di crescita.
Non condividere vuol dire anche essere più concentrati sul momento che si sta vivendo, liberarsi dal bisogno di fotografare per ricordare e stare più nel presente. Come si legge nell'articolo della CNN "L'ansia sociale non è una novità, ma per una generazione cresciuta online, una nuova forma di ansia è diventata endemica nel nostro modo di relazionarci gli uni con gli altri ha affermato Brooke Duffy, professoressa associata di comunicazione alla Cornell University di Ithaca, New York. "La sorveglianza immaginata", come la chiama lei, è la sensazione che ogni tua mossa venga osservata e scrutata da un pubblico ambiguo, e ha affermato che è un prodotto di come i social media abbiano normalizzato il voyeurismo". Ben venga dunque questo digital detox iniziato con i Luddisti e che prosegue anche da parte di chi è meno radicale nella scelta di liberarsi dai dispositivi tecnologici.  Come dice l'esperta Pamela Rutledge, direttrice del Media Psychology Research Center e professoressa emerita di psicologia dei media alla Fielding Graduate University di Santa Barbara, in California intervista dalla CNN "Qualsiasi cosa che incoraggi le persone a essere più (intenzionali) nell'uso dei social media, piuttosto che passivi, è un buon segno".

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