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La Ferrari non conferma Binotto per il 2023: cosa non torna nella smentita del Cavallino

La Ferrari ha smentito che il licenziamento di Mattia Binotto e la sua sostituzione con Frederic Vasseur per il ruolo di team principal della scuderia di Formula 1 per il 2023 sia già stato deciso: la striminzita smentita del Cavallino lascia però tanti dubbi così come il silenzio dei vertici della casa di Maranello.
A cura di Michele Mazzeo
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Nel martedì che precede il weekend del GP di Abu Dhabi, atto conclusivo del Mondiale della Formula 1 2022, la notizia che la Ferrari avrebbe deciso di liquidare il team principal Mattia Binotto e sostituirlo da gennaio con l'attuale numero uno del muretto Sauber-Alfa Romeo Frederic Vasseur ha fatto esplodere il caos nel paddock e in quel di Maranello dove gli animi sono già tutt'altro che sereni.

Che il presidente John Elkann, insieme all'amministratore delegato Benedetto Vigna, stiano valutando da tempo una svolta nella gestione del team F1 non è difatti un mistero, così come non lo è il fatto che il 2022 sarebbe stato l'anno in cui si sarebbe fatto un bilancio dell'intero quadriennio sotto la guida dell'ingegnere modenese per stabilire se andare avanti con lui o cambiare, ma non ci attendeva che la bomba esplodesse quando ancora manca una gara al termine della stagione e, soprattutto, nel momento in cui, proprio sotto la supervisione di Binotto (che proprio per questo non ha partecipato agli ultimi GP in Giappone, in Messico e in Brasile) si è nella fase cruciale del lavoro sulla nuova monoposto 2023.

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Da un lato dunque i vertici della Ferrari vorrebbero dare una svolta mettendo a capo del team un uomo cresciuto nel mondo delle corse che abbia fatto la gavetta gestendo squadre nelle categorie minori per poi arrivare gradualmente in F1 (un profilo che corrisponde alla perfezione a quello di Vasseur) e che ha una rete importante di interessi e amicizie nel mondo dell'automobilismo (il francese tra gli altri è molto amico dell'a.d. di Stellantis Carlos Tavares, ha un ottimo rapporto con Leclerc ed è stato ex socio del suo agente Nicholas Todt), dall'altro però sa che, come dimostrato dalle dominatrici della Formula 1 degli ultimi 13 anni Red Bull e Mercedes, avere una catena di comando consolidata da anni e nella quale si ripone fiducia incondizionata (quella riposta in Horner dagli austriaci o meglio ancora quella che i tedeschi ripongono in Toto Wolff che adesso è addirittura anche proprietario per un terzo della scuderia) è un requisito fondamentale per vincere nel campionato automobilistico a ruote scoperte più prestigioso al mondo.

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Quando la notizia del "licenziamento" di Binotto con Vasseur che prende il suo posto a partire da gennaio 2023, lanciata in esclusiva dalla Gazzetta dello Sport, ha fatto il giro del mondo finendo a campeggiare nelle home di tutte le principali testate sportive internazionali, alla luce dei ragionamenti fatti finora, la Ferrari aveva due opzioni a sua disposizione: il silenzio che non avrebbe confermato né smentito la notizia oppure una decisa presa di posizione da parte dei vertici del Cavallino che conferivano fiducia incondizionata a Mattia Binotto che avrebbe chiuso la questione rivestendo anche di ulteriore autorità l'attuale team principal. E invece per spegnere i riflettori su ciò è arrivato un comunicato della Scuderia Ferrari di tre righe che dà una secca smentita riguardo le voci circolanti, a loro dire, "totalmente prive di fondamento".

Una smentita che però lascia parecchi dubbi perché presenta diverse anomalie: innanzitutto non è firmata dal presidente John Elkann e/o dall'amministratore delegato Benedetto Vigna (gli unici due che possono dare o togliere la fiducia a Binotto) né tantomeno è supportata da loro dichiarazioni a riguardo; poi se è vero che la striminzita nota smentisce che il licenziamento di Mattia Binotto sia già stato deciso di fatto non fa alcun accenno alla conferma dell'ingegnere modenese a capo del team anche per il 2023; e infine a destare dubbi è anche il fatto che sia presentato come "Comunicato della Scuderia Ferrari" che, non essendo firmato, va attribuito alla squadra F1 del Cavallino cioè quella guidata dallo stesso 53enne.

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Una smentita che dunque anziché dilapidare i dubbi e portare serenità all'interno del team sembra invece aver fatto scoppiare definitivamente il caos. La posizione di Mattia Binotto rimane in bilico a causa dei tanti errori commessi in questa stagione dagli uomini scelti da lui (soprattutto i grossolani strafalcioni a livello di strategia con da ultimo quello clamoroso commesso nelle qualifiche di Interlagos con Charles Leclerc mandato in pista con gomme intermedie su pista asciutta), e dalla discutibile gestione dei piloti con il monegasco che è evidente non si senta più al centro del progetto della scuderia (e, secondo indiscrezioni, è per questo che tra i principali sponsor di Vasseur, l'uomo che lo ha lanciato in Formula 1 con l'Alfa Romeo, ci sarebbe anche Leclerc) da quando, giustamente, il neo arrivato compagno di squadra forte e mabizioso Carlos Sainz ha messo in chiaro che non ha alcuna intenzione di far da seconda guida. E a rendere ancora più traballante la posizione dell'ingegnere modenese ci sono anche i risultati ottenuti nella seconda metà del campionato ancora in corso con la F1-75 che non solo ha perso terreno nei confronti delle Red Bull ma si è vista anche raggiungere (e in alcuni casi superare, come è stato nell'ultima gara in Brasile) dalla Mercedes su cui ad inizio anno aveva invece un grosso vantaggio.

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In questo momento così complicato dunque per spazzare via i dubbi sul futuro e anzi dare forza alla posizione di Mattia Binotto conferendogli una maggiore autorità, sarebbe servita una decisa conferma del fatto che lui sarà ancora il team principal della scuderia Ferrari da parte dei vertici della casa di Maranello. E invece né il Presidente John Elkann né il Ceo Benedetto Vigna si sono esposti pubblicamente sul tema per dare fiducia all'attuale gestione, ma ci si è limitati ad una scarna smentita del fatto che il cambio nel ruolo di capo della scuderia non è stato ancora deciso. C'è chi la considera una sfumatura comunicativa che però, in questo caso, sembra fare un'enorme differenza dato che le parole non dette sembrano pesare enormemente di più rispetto a quelle (poche) scritte nel comunicato.

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