UEFA valuta l’esclusione di Israele: crescono le pressioni e i diritti umani entrano nel calcio europeo

La UEFA è finita al centro di una controversia internazionale, con incontri tra i dirigenti dell’organo di governo e la campagna pro-Palestina ‘Game Over Israel', anche dopo il cessate il fuoco di ottobre a Gaza. L’obiettivo delle discussioni è stato valutare le condizioni per un eventuale divieto delle squadre israeliane dalle competizioni europee. La campagna, nata a New York il 17 settembre 2025, pochi giorni dopo la dichiarazione ONU di genocidio sulle azioni israeliane a Gaza, ha accelerato la pressione pubblica e politica sulla federazione europea.
Secondo fonti vicine alla UEFA, l’organizzazione era pronta a convocare un voto sulla partecipazione di Israele già a fine settembre, ma la mediazione americana che ha portato al cessate il fuoco il 29 settembre ha posticipato qualsiasi decisione formale. Gli incontri successivi hanno analizzato i meccanismi attraverso cui potrebbe essere applicato un divieto, anche se al momento una sospensione appare improbabile, soprattutto per non entrare in contrasto con altri organismi sportivi. Tuttavia, due ricorsi legali provenienti da Irlanda e Svizzera potrebbero costringere la UEFA ad agire secondo il diritto internazionale.

UEFA sotto pressione: incontri sul possibile divieto a Israele
Il presidente Aleksandr Ceferin ha mostrato solidarietà per la popolazione di Gaza, promuovendo a sorpresa lo striscione “Smettete di uccidere i bambini; smettete di uccidere i civili” alla finale di Supercoppa europea e coinvolgendo due bambini rifugiati di Gaza nella cerimonia. Inoltre, è stata valutata la possibilità di incontri con esperti in diritti umani e figure chiave della campagna Game Over Israel. Una lettera firmata da giocatori di alto profilo, tra cui Paul Pogba e Adama Traoré, ha invitato la UEFA a non “partecipare alla normalizzazione del genocidio e dei crimini contro l’umanità”.
Parallelamente, la Federazione irlandese ha già presentato una mozione formale chiedendo l’esclusione di Israele, sostenendo violazioni statutarie in merito alle politiche antirazziste e alla gestione di club in insediamenti occupati. Un caso simile sorgerà a breve in Svizzera, dove il diritto internazionale e il regime fiscale della UEFA potrebbero essere messi in discussione.

Israele, entrato nella UEFA nel 1994 dopo l’esclusione dall’Asia, partecipa a tornei continentali come Champions League, Europa League e qualificazioni mondiali. Un eventuale divieto inciderebbe su club e nazionale, riportando al centro del dibattito il legame tra politica, diritti umani e calcio internazionale. La UEFA, pur rimanendo neutrale nelle dichiarazioni pubbliche, continua a monitorare attentamente la situazione, consapevole che le prossime decisioni avranno ripercussioni storiche per il mondo del calcio europeo.