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Papere, bengala e infortuni: la notte che cambiò la carriera di Dida al Milan

Il nome di Nelson Dida è legato indissolubilmente al Milan nel bene e nel male. Niente fu come prima per l’episodio che accadde il 12 aprile del 2005, quando venne colpito da un bengala nel derby di Coppa con l’Inter. Eroe a Manchester, capace di ipnotizzare i calciatori della Juventus ai rigori regalando la Champions al ‘diavolo’. Protagonista di errori clamorosi e una simulazione grottesca contro il Celtic.
A cura di Maurizio De Santis
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Nelson Dida. Croce e delizia dei tifosi del Milan. È come quei ricordi che ogni tanto riaffiorano dalle curve della memoria e in bocca lasciano un sapore agrodolce. Capace di grandi parate e di papere clamorose. Reattivo come una pantera tra i pali oppure così lento, goffo a mo' di bradipo, da lasciarsi sfuggire la palla tra le braccia. Cuor di leone, per la determinazione e la freddezza mostrata sui tiri dal dischetto, e pusillanime fino a simulare un infortunio… come dimenticare la sceneggiata del finto colpo ricevuto da un tifoso del Celtic? Il più forte portiere al mondo, così lo definiva Carlo Ancelotti. Sorrideva Kakà, che sapeva di avere alle spalle un compagno di squadra che aveva due mani capaci di fare miracoli.

Ero sicuro di prendere il tiro di Del Piero, perché pensavo di conoscerlo, ma non è andata bene. Su Birindelli non sapevo cosa fare. Sugli altri ho avuto un po' di fortuna.

La carriera dell'ex portiere brasiliano è stata sempre caratterizzata dagli eccessi, nel male e nel bene. San Siro trasecolò per quel tiro di Bowyer del Leeds che si lasciò sfuggire nel tentativo di bloccare la palla e Dida finì nel limbo del popolo rossonero, schiacciato dalla figura di Abbiati. La sorte gli concesse una seconda occasione e la fortuna gli strizzò l'occhio quando, per infortunio dell'estremo difensore, toccò a lui andare in campo contro lo Slovan Liberec. "Ha doti eccezionali", sussurrò nelle orecchie di Carletto il preparatore, Vecchi. E quella buona parola spesa per il brasiliano fu un segno del destino.

Dida fu eroe a Manchester, per i rigori parati nella notte di Champions che regalò la Coppa ai rossoneri contro la Juventus. A Shevchenko il compito di vibrare il colpo di grazia, a lui quello di sfiancare l'avversario dal punto di vista psicologico. All'Old Trafford ipnotizzò Trezeguet, Zalayeta, Montero e quel 28 maggio del 2003 scolpì nella storia l'ennesimo trionfo in Europa del ‘diavolo', scacciando via i cattivi pensieri e il batticuore per i tiri falli dal dischetto di Seedorf e Kaladze.

In quel momento diventi ancora più forte – ha confessato a distanza di anni, in un'intervista sul sito ufficiale del Milan -. Il tuo pensiero è di fare il massimo per finire bene. Io avevo questo in testa.

E chissà cosa deve essergli passato per la testa dopo. Perché quando pensi a Nelson Dida il "dopo" prende il sopravvento sul "prima". E ciò che diventò finisce col cancellare tutte le prodezze che fecero di lui un protagonista assoluto.

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La data spartiacque è il 12 aprile 2005, ironia della sorte ancora una volta in Champions. Il copione sembra scritto proprio per il sudamericano: ad arbitrare il match c'è perfino Markus Mark, lo stesso che decretò il trionfo contro i bianconeri. Questa volta le cose vanno diversamente e il finale non sarà all'insegna del "tutti vissero felici e contenti". Nel derby con l'Inter nei quarti di finale c'è in palio tutta una stagione, da quella sera Dida non fu più lo stesso. Il Milan è in vantaggio grazie a una rete di ‘Sheva', Cambiasso e i nerazzurri sono rimasti con l'urlo strozzato in gola per il gol del pareggio annullato. Gli animi si scaldano e dagli spalti venne lanciato di tutto: petardi e bengala, uno di questi lo colpì alla spalla destra. Dida crollò e si rialzò stordito.

Avevo troppo dolore – raccontò allora -. Sono andato in ospedale per capire se c’era qualche problema serio e poi mi sono tranquillizzato. Una bruciatura alla spalla, un ematoma, un dolore che sta passando e tanto dispiacere. Quel bengala ha fatto più male al calcio italiano che a me.

Niente sarà più come prima per lui. E quell'episodio, assieme al trauma collettivo della finale persa contro il Liverpool (dal 3-0 al 3-3 fino ai rigori che premiano i Reds), lo trascinò in un incubo senza fine tra papere, simulazioni, un infortunio così assurdo e balordo fino al coro umiliante dei tifosi dell'Inter. Nel 2007 a Glasgow, durante una partita di Champions, il Milan perde 2-1 contro il Celtic. Dida non è esente da colpe e la combina grossa quando a tempo scaduto un tifoso scozzese fa invasione, si avvicina a lui e gli dà un buffetto sul viso: prima fa finta di inseguirlo poi si lascia cadere simulando un brutto colpo. Esce in barella con tanto di collare tra i fischi e l'ilarità beffarda dei fan inglesi. Per quella sceneggiata prese 2 giornate di squalifica ma venne perdonato dai suoi sostenitori.

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Il bonus di fiducia si esaurì due mesi più tardi, succede tutto ancora contro l'Inter: il derby è sul risultato di 1-1, lo sbloccherà Cambiasso con un tiro centralissimo che Dida non riesce a trattenere. "Uno di noi, Dida uno di noi", urla la San Siro nerazzurra. E il brasiliano toccò il fondo, solo che invece di risalire continuò a scavare. Nel 2008, dopo aver perso il posto di titolare a beneficio di Kalac, fa parlare di sé per un episodio grottesco, surreale. A Parma è seduto in panchina ma s'infortuna senza giocare. Lo portano via in barella, non ce la fa nemmeno a rientrare da solo nello spogliatoio.

Si è bloccato alla schiena – spiegò Ancelotti -. Gli hanno fatto qualche massaggio, è stato manipolato e sta già migliorando. Cosa ha avuto è stato un colpo della strega.

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