Paolo Di Canio: “La gente vede cosa fa Leao fuori dal campo. La Roma per i salmonari è stata apripista”

Di Canio si racconta a Fanpage.it, tra i retroscena della sua vita da opinionista, le critiche a Leao e il parere drastico su come si parla di calcio in Italia: “In TV non faccio sconti a nessuno. Il calcio va analizzato con equilibrio perché il buonismo ci riporta indietro di trent’anni”.
A cura di Ada Cotugno
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Paolo Di Canio non ha mai nascosto la sua natura, neanche quando si è ritrovato catapultato dall'altra parte della barricata. Dopo una lunga carriera da calciatore ha saputo reinventarsi come opinionista di SkySport diventando una voce autorevole, ironica, tagliente e senza freni: vive con carattere la sua avventura davanti alle telecamere cominciata quasi per gioco per la voglia di raccontare la sua passione per il calcio. Ed è un fiume in piena quando, seduto sulla poltrona di velluto rosso della sala di un cinema, ci parla senza filtri di come gira oggi il mondo dello sport.

Ai microfoni di Fanpage.it l'ex calciatore ci accompagna nel suo personalissimo film fatto di ricordi, riflessioni sul modo di comunicare il calcio, dichiarazioni schiette che non risparmiano nessuno ma che fanno cadere il velo di un mondo all'apparenza patinato. Critiche severe, ma frutto di una grande capacità di analisi e di un'autenticità che lo rende unico.

Paolo, quando è nata la tua carriera da opinionista?
"Ho smesso di giocare nel 2008, poi ho fatto il player manager alla CISCO a Roma per aiutare i ragazzi in una zona di un quartiere e facevo pratica intanto per diventare allenatore con il corso d'allenatore a Coverciano. Nel 2010 mi chiama Piccinini a Mediaset e mi dice: ‘Ma dai, vuoi fare una telecronaca perché tu sei uno spigliato' e ho detto di sì. Allora ho fatto la prima telecronaca, mi hanno detto qualche trucco, come intervenire e ho capito subito che era un mezzo bello. Dopo sono andato a fare l'allenatore allo Swindon nel 2011 per 3 anni fino al 2014 con l'esperienza al Sunderland".

Ma il richiamo della TV si è fatto sentire.
"Mi arriva la chiamata dei ragazzi di Fox Sport e lì ho iniziato. Devo dire che il mezzo ha cominciato a piacermi, rimango un allenatore prestato alla televisione. Ho capito che era bello tantissimo anche raccontare le emozioni e perché mi immedesimo nei calciatori, sono molto duro con loro, così come sono esaltante nei loro confronti in modo positivo quando fanno le cose giuste perché mi immedesimo totalmente".

Paolo Di Canio ai tempi del West Ham.
Paolo Di Canio ai tempi del West Ham.

C'è qualcuno a cui ti ispiri?
"No, nessuno. Onestamente non mi ispira nessuno, nel senso che io sono io, sono unico perché son fatto così, sono selvaggio qualche volta, sono naturale. Non mi ritrovo sempre in tanti altri ex calciatori che fanno questo mestiere: non vuol dire che siano peggio di me e che io sia migliore di loro, perché magari sono caratterialmente diverso e perché qualche volta hanno più timore di me di dire qualcosa che pensano realmente e sono molto abbottonati. Cosa che magari non ho, essendo abbastanza senza filtri".

Qual è stata la prima volta in cui ti sei reso conto dell'impatto che ha avuto una tua opinione?
"Non ho i social, però ho amici che gravitano in questa orbita. Evito per non avere problematiche, per non avvelenarmi perché sono uno che si arrabbierebbe molto sui commenti. Quando le notizie calcistiche di cronaca mi appaiono sul telefonino, e io leggo molto lì, mi dico: ‘Che è successo?'. Po**a miseria, il titolo grande: ‘Di Canio ha detto…'. Cosa dico? Capirai che ho detto? Ecco perché uno pur rimanendo se stesso deve essere un po' accorto, perché sai che fai opinione non solo calcisticamente, ma anche a livello di atteggiamenti.

Una situazione simile è successa con Mourinho…
"Quando uscì il vocale di Mourinho, no? Quella fu una cosa eclatante, che poi era una cosa privata, anche goliardica con i miei fratelli, i miei amici. Però anche una cosa così tirata fuori e messa sul tavolo delle persone che hanno voglia di sbranare. Una notizia è diventata un fatto di odio, tra virgolette".

Paolo Di Canio, da anni uno dei talent di punta di Sky Sport.
Paolo Di Canio, da anni uno dei talent di punta di Sky Sport.

C'è stato qualcuno, un collega o un ospite, che ti ha messo particolarmente in difficoltà in onda?
"Nessuno, mai. Perché sono convinto delle mie idee, di quello che dico, perché non mi scrivo la formuletta preparata e poi se c'è un imprevisto non so cosa dire. Sono sicuro di tutto quello che vado a dire, ma sempre. A volte non sono contento quando finisce la trasmissione perché mi autoanalizzo, non mi accontento mai. Le mie idee sono dirette, nette, precise e soprattutto sono argomentate, per cui possono essere controbattute con un'altra argomentazione diversa, che rispetto ma difficilmente potrebbe far cambiare la mia idea. Sono così ossessionato dall'analisi che può venire anche l'allenatore più importante del mondo: rispetterei, guarderei, analizzerei, mi farebbe pensare, però se per me quello è un errore resta un errore".

Ti sei ritrovato di fianco a Capello in questa nuova veste…
"Si è liberato con gli anni, prima era molto abbottonato. Don Fabio è fantastico. Poi io ebbi pure uno screzio con lui quando era al Milan. Ci siamo ritrovati dopo tanti anni, è una persona meravigliosa di una cultura enorme, ancora fresco, giovane nella reattività, nella voglia di fare che mette spavento e anche senza filtri. Boom, diretto".

Guardando indietro, c'è qualcosa che ti penti di aver detto?
"Nei modi qualcuna sì. Mi metto sempre dalla parte di chi ha sopportato le critiche come ho fatto io. Perciò ogni volta sono convinto di che quello che dico è la mia verità, naturalmente, non di tutti, e credo nella mia analisi, anche se i modi possono condizionare. Nel calcio c'è troppo buonismo, sono tutti forti. Poi però siamo al terzo mondiale, rischiamo di non andarci e diciamo: ‘Come mai, ci sono i talenti'. C'è qualcuno, però non hanno i cosiddetti coglioni, no? Perché crescono nella bambagia".

Spesso in tv ti lasci andare anche a delle critiche molto dure.
"Delle volte forse cedo nel dire una cosa nei termini, nei modi, ma non perché ce l'ho con quel giocatore, con quella persona o con quell'altro. Perché credo che alcuni giocatori debbono essere strigliati per l'atteggiamento in campo, che io non accetterei da allenatore, né da tifoso. Giocare a calcio non è una fatica. È una cosa di una bellezza grande. È sacrificio, è durezza, anche se guadagni tanto. Se ti tocca una sfera familiare nel quotidiano, soprattutto oggi con i social, qualche insulto ai bambini e altre cose ti fanno male al cuore".

Paolo Di Canio, voce della Premier League su Sky.
Paolo Di Canio, voce della Premier League su Sky.

Secondo te la comunicazione sportiva in Italia è un po' troppo politicamente corretta?
"In Italia se tu senti i commenti ormai sono tutti forti, sono tutti bravi. Quando diventano cattivi e brutti come la Fiorentina? Quando tutti ormai gli sono saltati addosso. Solo allora anche i comunicatori se ne accorgono, non ci arrivano mai prima, non vedono mai le avvisaglie. Nessuno vuole la reazione social, qualcuno che poi ti chiami. Qualche anno fa avevamo fatto la rivoluzione, tutti d'accordo: ‘Basta, il calcio deve guardare in avanti'. Che stiamo esaltando? La difesa più forte d'Europa di Gasperini. I clean sheet di Sarri. Siamo tornati indietro di 30 anni allora, bisogna far pace col cervello".

Tu non fai mai 0-0 quando parli.
"Io non devo far pace col cervello. E noi stiamo andando indietro di 30 anni come comunicazione. Mi dispiace perché io non ho la verità in tasca, ma sono coerente, ci vuole sempre un equilibrio in tutto. Quello che sembra meno equilibrato nei commenti è quello più equilibrato nelle analisi, perché il calcio non lo sbircia, lo osserva".

Pensando alla Champions mi ritorna in mente la definizione che hai fatto dei giocatori del Bodo Glimt, "salmonari".
"Lo erano. E va a vedere la storia. In quel momento sette giocatori erano dipendenti di aziende ittiche che facevano salmone, pure buono. Sono quelle esternazioni che divertono pure, ma non era contro la Roma. Noi diciamo che il calcio nostro è meraviglioso, Mourinho è meraviglioso, la Roma è 100 volte il Bodo, prendi sei gol e lo fai passare come: ‘Vabbè, ci può stare'. E io ogni tanto ironizzo perché ci sono i miei amici della Roma che ci ridono su questa cosa. E io gli dico sempre, ridendoci: ‘Beh, avete fatto della beneficenza perché da quel momento hanno capito che potevano diventare una società professionistica'. Infatti da quel momento in poi li hanno aiutati a credere nelle loro potenzialità, tanto è vero che adesso nessuno è più salmonaro, sono professionisti che gravitano sempre nelle coppe europee fino ad arrivare quest'anno addirittura alla Champions League. Cioè la Roma è stata apripista per i salmonari, per diventare una squadra totalmente professionistica".

Di Canio durante uno degli show di Sky.
Di Canio durante uno degli show di Sky.

Qualche settimana fa invece hai detto che Leao non è tagliato per la Premier League.
"Lui è leggero, quando parlano di Premier non si rendono conto. Contro il Torino entra Pulisic e il Milan vince, ma se resta Leao in campo sono convinto che perde 4-1. Pulisic vale tre Leao, proprio come incidenza nelle partite come continuità, per apporto, per atteggiamento, per condivisione con gli altri, per intelligenza calcistica. Ma io ti dico una cosa: se il Milan dovesse giocare 3-5-2 e prende una punta forte, Leao non gioca con Allegri. Ne sono convinto, così come è stato messo in discussione anche da un allenatore che è stato il suo mentore come Pioli. Però si aspetta sempre questa esplosione con continuità. E allora fa un'azione e tutti pensano possa giocare in Premier League. Al Liverpool stanno cercando Semenyo, come esterno, non certo Leao".

Secondo te andrà in un top club europeo?
"Per Leao non è venuto nessuno fino adesso, eh. Comincia ad avere 26 anni, 27, e non è arrivato nessuno seriamente. Non c'è mai stato un approccio, neanche di un club di seconda fascia. Magari qualcuno tenterà il colpo, ma con quei soldi la gente osserva cosa fai: se lo fai con continuità, che vita privata fai, se ti alleni o se vai in uno studio a registrare le canzoni, le tue track, e spendi energie psicofisiche più per quello che per il calcio. Stare dentro una sala incisioni è altrettanto dispendioso, perché ci stai 8 ore, cominci a saltare, a muoverti. C'è lo sforzo vocale, l'energia, e poi devi andare a casa che sei rincoglionito. Ed è un peccato, perché io veramente credo che abbia un talento fantastico: fisico, tecnico, soprattutto a campo aperto. Perché poi anche lì, dobbiamo parlare di intelligenza calcistica: non ce l'ha questa qualità nello stretto, è solo uno che a volte in campo aperto fa cose che ti fanno dire: ‘Porca miseria'".

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