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Morte di Maradona, chiesto l’omicidio colposo per 8 medici: “Lo hanno internato e poi abbandonato”

Il pubblico ministero ha presentato una memoria di quasi 400 pagine in cui ha riassunto le agghiaccianti accuse al “gruppo medico” nell’inchiesta sulla morte del Pibe.
A cura di Alessio Pediglieri
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A distanza di un anno e mezzo dalla scomparsa di Diego Armando Maradona (avvenuta il 20 novembre 2020 all'età di 50 anni) si indaga ancora sulle responsabilità della morte del Pibe e il pubblico ministero ha chiesto ufficialmente di cambiare l'eventuale pena, passando dall'accusa di "omicidio doloso" a quella più terribile di "omicidio colposo". Maradona morì a causa di un edema polmonare e di un'insufficienza cardiaca mentre si stava riprendendo da un intervento di neurochirurgia ma per molti la sua vita poteva essere salvata se si fosse intervenuti per tempo e attivamente.

Tra i medici indagati e che adesso rischiano una severissima condanna ci sono anche alcuni nomi oramai noti per coloro che hanno seguito la lunga vicenda legale attorno alla scomparsa di Maradona. C'è il neurochirurgo e medico di famiglia Leopoldo Luque. È il principale imputato nella morte del Pibe perché per i pubblici ministeri era il medico di famiglia e ha firmato la dimissione dalla Clinica Olivos per portarlo al ricovero domiciliare. Poi c'è la psichiatra di Diego, Agustina Cosachov,  incaricata di prescrivere i farmaci psichiatrici che il Diez stava assumendo.

Gli altri sei medici accusati di omicidio colposo

Poi uno psicologo, il dottor Carlos Diaz, che entrò nello staff medico per mano dell'avvocato e rappresentante, Matías Morla, e considerato uno dei membri del "gruppo medico". Il dottor Pedro Pablo Di Spagna, assunto per sorvegliare Maradona a casa dalla società ‘Medidom' nel suo ricovero domiciliare e presente nella chat di infermieri e medici dove venivano riportate notizie sul paziente. Nancy Forlini, il medico responsabile dell'"Home Care Management" e coordinatrice del ricovero domiciliare prepagato di Maradona. Mariano Perroni, coordinatore infermieristico dell'azienda ‘Medidom' subappaltata per fornire infermieri e medici per il ricovero domiciliare di Maradona. E due infermieri: Ricardo Almiron e Dahiana Madrid che ha partecipato alle manovre di RCP il giorno della morte di Maradona.

La richiesta dei pm: 378 pagine di accuse

L'infamante accusa portata avanti dai pm in questi mesi è quella di ‘omicidio colposo‘, un reato per il quale in Argentina si viene puniti con pene che vanno dagli 8 ai 25 anni di carcere. Secondo l'accusa, i medici dovranno andare sotto processo anche se non è stato richiesto nei loro confronti l'arresto. Dopo le ultime prove raccolte e i dossier completati, i procuratori generali di San Isidro, Patricio Ferrari e Cosme Iribarren, e dal pm di Benavídez, Laura Capra, hanno presentato la richiesta davanti al giudice delle Garanzie, Orlando Díaz.

378 pagine in cui i pm tornano a esaminare momento per momento gli strazianti ultimi giorni di Diego Armando Maradona che gridano al mondo vendetta: "La verità non è mai triste, è ciò che non ha rimedio che lo è e la realtà di ciò che è accaduto è un'altra" si legge nella nota presentata ai giudici. "Quando, a rigor di termini, i controlli dovettero essere intensificati – e mentre la vittima quasi gridava la sua triste fine per la situazione impotente in cui era stata collocata, abbandonandolo al suo destino  – hanno deciso il contrario, con una totale mancanza di lungimiranza, attraverso le azioni più crude che si potessero perpetrare nei confronti di chi non c'è più"

"L'omissione di atti specifici che dovevano essere compiuti ponevano la vittima in una situazione di impotenza raramente riscontrabile, condannandola al proprio destino", hanno scritto i pm come riportato dall'agenzia di stampa argentina Telam. "Sono stati autori di un inaudito internamento domiciliare, del tutto carente e sconsiderato, in una serie di improvvisazioni, cattiva gestione e carenze. Lo stesso ricovero in casa, finché è durato, è stato oltraggioso".

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Maradona, asserisce l'accusa, avrebbe avuto maggiori possibilità di sopravvivenza se tutto fosse stato svolto per salvarlo: "L'équipe medica curante ha rappresentato pienamente la possibilità di un esito fatale per il paziente, essendo assolutamente indifferente a tale questione, non modificando i suoi comportamenti e il proprio piano medico/assistenziale – si legge nelle motivazioni della richiesta a giudizio –  mantenendo le omissioni dannose sopra citate, abbandonando  ogni possibilità di recupero della  salute del paziente".

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