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La vera storia della foto con Materazzi e Rui Costa nel derby di Champions: l’idea era un’altra

Inter e Milan incrociano le loro strade europee in semifinale di Champions League ancora una volta. Una sfida che richiama da vicino un precedente in particolare, del 2005 quando il match di ritorno non vide mai la sua fine. Ma vide nascere una delle fotografie più iconiche di sempre della storia del calcio e dello sport.
A cura di Alessio Pediglieri
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Inter-Milan, 20 anni dopo. La storia si ripete in Champions League ritrovando le due squadre milanesi in semifinale per un derby che permetterà ad una delle due di (ri)abbracciare Istanbul. Un incrocio che ha richiamato da vicino ciò che accadde nel 2003. Ma quella che si giocherà tra il prossimo 10 e 16 maggio sarà una stracittadina che ricorda a tutti anche un altro confronto diretto, avvenuto due anni più tardi, nel 2005, non più in semifinale ma ai quarti. Conclusosi ancor una volta a favore dei rossoneri ma con una storia attorno assai più particolare, tra fumogeni, polemiche, infortuni, squalifiche. E la storia di una foto iconica.

Il derby di Champions League che Milan e Inter si sono guadagnati ha subito scatenato ricordi e pensieri che riportano all'inizio degli anni 2000. Anche lo stesso neo presidente Steven Zhang, uno che a quel tempo aveva ancora i calzoni corti: "Sarà una rivincita per noi, per la scorsa stagione e per il passato". Il passato, appunto, che passa tra i due derby del 2003 e del 2005 con il secondo, che visse momenti drammatici in campo che, a quasi 20 anni di distanza vengono racchiusi in quella che è considerata una tra le più iconiche immagini sportive di sempre: Marco Materazzi e Rui Costa che osservano ciò che stava succedendo. E che l'ex difensore nerazzurro in questi giorni ha voluto ripubblicare, riportandola a livelli virali.

Ma cosa accadde realmente in quella notte di aprile 2005 e qual è la vera storia che si cela dietro quello scatto oramai lasciato ai posteri in modo immortale dell'altrettanto storico derby "della vergogna" che non vide mai la sua fine in campo per le intemperanze del pubblico di San Siro?

Per capire il clima infuocato in cui si vissero quei giorni, si deve iniziare dal periodo storico calcistico di inizio 2000, con l'allora straordinario Milan in mano a Carlo Ancelotti, in un dominio rossonero quasi assoluto, in Europa come in Italia con l'Inter che viveva nell'ombra del calcio milanista. Una rivalità che a ridosso della sfida europea si era intrisa anche di feroci polemiche tra le tifoserie, con la diatriba che era iniziata dalla tifoseria nerazzurra, insultando Gattuso per alcune controverse affermazioni sul doping, mentre sul fronte Milan ci si scagliò con l'allora massimo emblema di rappresentanza nerazzurra, Marco Materazzi.

Queste le premesse sportive con cui si giocò quella notte di aprile 2005 l'euroderby di ritorno, in un San Siro dalla cornice straordinaria di pubblico e clima. Il Milan di Ancelotti ci arrivava con il petto in fuori, essendosi presa già il match d'andata 2-0, con Stam prima e Shevchenko poi. Per i nerazzurri di Mancini serviva la classica impresa, vanificata ulteriormente al 30′ quando ancora lo straordinario attaccante ucraino (non a caso Pallone d'Oro 2004) trovò la via del gol, mettendo una pietra sull'esito finale. A quel punto per i nerazzurri non bastava l'impresa, i gol da fare erano diventati 4 per sperare in un assurdo miracolo sportivo.

Che nessuno razionalmente non ha mai considerato, se non a posteriori perché quanto accadde qualche settimana dopo nella finale di Istanbul con la pazzesca vittoria del Liverpool in rimonta, ha mostrato al mondo che tutto sarebbe stato possibile accadesse. Anche in quel derby oramai impregnato di fortissime tinte rossonere, semmai si fosse concluso, visto che non vide mai la fine quando al 73′  scoppiò il finimondo. A scatenare la follia dei tifosi nerazzurri della Curva Nord ("le solite due-trecento teste calde" dirà poi il Questore di Milano Paolo Scarpi, sotto accusa per non aver gestito la situazione come si doveva fare) il gol annullato a Cambiasso che al 71′ aveva superato uno straordinario Nelson Dida, autore di una partita fino a quel punto esemplare.

L'arbitro Merk vide un fallo di Cruz sull'estremo rossonero al momento del cross da angolo e lasciò sul tabellino il vantaggio milanista. La scintilla che fece esplodere San Siro. In campo piovve di tutto, immersi in un clima surreale fatto di fumo denso, acre, rosso. Tra i tanti oggetti scagliati anche diversi fumogeni, razzi, bengala di cui uno finì per colpire Dida che stramazzò di lì a poco al suolo, ferito e tramortito.

La gara non poteva continuare: le squadre furono richiamate negli spogliatoi, il match di Champions rimase sospeso per 25 lunghissimi minuti, lasciando scatenare la furia allucinata dei teppisti da stadio per poi provare a riprendere le ostilità. Ma fu tutto inutile: pochi istanti dopo al rientro sul campo di Milan e Inter, la scena si ripresentò con la dura scelta finale, inevitabile. Gara definitivamente sospesa, capitolo chiuso che ne riapre un altro: quello della foto simbolo di quella sera.

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In quell'universo surreale c'era anche chi ha continuato imperterrito il proprio lavoro, il mestiere di una vita, la passione da bambino trasformatasi in realtà: il fotografo Stefano Rellandini, uno tra le centinaia di professionisti stanziati a bordo campo con le proprie macchine e teleobiettivi alla incessante ricerca di uno scatto importante. "Passiamo molto tempo a seguire le partite di calcio. Fa un freddo gelido, piove. C'è una lunga fila prima della partita per accaparrarsi i posti migliori a bordo campo. È un lavoro stressante. Il più delle volte, a nessuno importa del tuo lavoro. Il più delle volte, sono immagini di routine" ricorderà anni dopo raccontando la storia di quella immagine che lo ha consacrato ai posteri.

Perché anche quella foto, così come il derby ha una sua storia personale, unica, da rivivere e raccontare: "Ad essere onesti, la mia idea era quella di avere un giocatore dell'Inter e un giocatore del Milan insieme, con l'attenzione sul fumo dei razzi in campo" ricorda di quella sera, Rellandini. "Ho girato un paio di fotogrammi perché Materazzi era molto vicino a Rui Costa, guardando il fumo. Noi fotografi abbiamo sempre paura che qualcuno possa avere una foto migliore della tua. E in Champions League ci sono molti fotografi in campo, quindi non lo sai. Sai quando hai una bella foto, ma non puoi essere sicuro al 100% che sarà la foto della partita o che diventerà davvero famosa"

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Così invece fu, quasi per caso, perché l'idea di partenza di Rellandini era un'altra. "Quando all'improvviso Materazzi ha messo il braccio sulla spalla di Rui Costa per qualche secondo, e l'ho visto… bam! Un paio di fotogrammi, non più di tre. Non appena Materazzi gli ha messo un braccio sulla spalla, ho pensato: ‘Questa è la foto'". E così è stato. Perché da quel momento l'euroderby della rivincita si trasformò nel "derby della vergogna" ma anche nel derby della foto di Materazzi e Rui Costa, giocatori simbolo di quell'Inter e Milan.

Foto che raccontano una storia senza necessità di parole. Al pari del pugno alzato alle Olimpiadi del 68 a Città del Messico da parte degli americani Tommie Smith e John Carlos, lo scambio della borraccia nel ciclismo tra Coppi e Bartali, la mano di Dio di Maradona nella finale 1986 contro l'Inghilterra, l'urlo di Tardelli in Spagna. "Non lo puoi mai sapere, ma quando succede qualcosa del genere, ne vale la pena. Quando una delle tue foto diventa un simbolo o qualcosa che tutti riconoscono, ti senti orgoglioso del tuo lavoro".

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