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La tragica fine di Seid Visin, l’ex responsabile psicopedagogica del Milan: “Era molto sensibile”

A poche ore dalla scoperta del corpo senza vita di Seid Visin, la diffusione di una sua lettera in cui denunciava l’orribile razzismo vissuto sulla propria pelle getta una luce ancora più dolorosa sulla fine di questo ragazzo di 20 anni. Al Milan, dove aveva giocato nell’Under 15 e nell’Under 16, era assistito dal punto di vista psicopedagogico, eppure nessuno è riuscito ad evitare di arrivare alla tragedia di ieri: “Adesso come possiamo non interrogarci: ciascuno di noi, ha fatto al meglio ciò che poteva?”.
A cura di Paolo Fiorenza
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La notizia della tragica fine di Seid Visin a soli 20 anni era stata ieri un grande dolore, come solo può essere l'apprendere che un ragazzo così giovane è stato trovato morto nella propria abitazione. La diffusione oggi di una sua lettera inviata ad amici ed alla psicoterapeuta, in cui raccontava il proprio malessere profondo dovuto al "mondo capovolto" che lo stava schiacciando, agli "sguardi schifati ed impauriti" delle persone per il colore della sua pelle, è stata un cazzotto in faccia.

Seid non ha retto alla cattiveria, nessuno scudo a quell'età può essere abbastanza solido. Ieri si trovava a Nocera Inferiore, dove era stato adottato dopo essere nato in Etiopia. Qualche anno fa sembrava sul punto di sbocciare per il calcio professionistico, quando militava nelle giovanili del Milan, ma poi aveva deciso di mollare il sogno di tutti i suoi coetanei per fare ritorno a casa in Campania. Quando giocava nelle squadre Under 15 e Under 16 del club rossonero, condividendo anche il convitto con Gigio Donnarumma, il responsabile del settore giovanile del Milan era Filippo Galli.

"Sono sconvolto – risponde l'ex difensore alla ‘Gazzetta dello Sport' – Lo ero dopo aver saputo della sua morte, ma adesso ancora di più dopo la lettera. Devo dire che all'epoca non mi risulta ci fosse qualcosa che covava sotto la cenere in termini di tematiche razziste, però Said presentava alcuni connotati di fragilità, di cui si occupava l'area psicopedagogica del club. Era un ragazzo sorridente e allo stesso tempo timido e abbastanza chiuso, con un'intelligenza e una sensibilità superiori alla media. Molto educato. Era arrivato da noi da Nocera attraverso lo scouting, poi ci aveva lasciato per andare al Benevento. Ciò che è successo ci obbliga a porci molte domande, anche sulle modalità dell'approccio ai ragazzi per chi opera nel nostro ambiente".

Galli ha parlato di supporto extracampo per alcuni giocatori che ne mostrassero la necessità e la ‘rosea' ha interpellato al riguardo  Caterina Gozzoli, docente alla Cattolica, che in quegli anni era la responsabile scientifica del progetto psicopedagogico avviato dal Milan con la sua università: "Said è un esempio drammatico da cui apprendere, una volta di più, l’importanza di trattare i ragazzi nella loro complessività. Said era molto sensibile e intelligente: questo da un lato l'ha aiutato a capire che cosa stava accadendo, dall'altro gli ha fatto vivere una dimensione emotiva profonda. Abbiamo fatto una serie di colloqui per affrontare tutto questo. Le questioni più importanti riguardavano le sue origini, la lontananza da casa e l'obiettivo di diventare un calciatore del Milan, che ad un certo punto è sfumato. Lo abbiamo aiutato nella elaborazione di tutto ciò perché persone, sport e vita si intrecciano e diventano corpi indissolubili. Adesso come possiamo non interrogarci: ciascuno di noi, ha fatto al meglio ciò che poteva?".

Una domanda che vale per ognuno di noi e che Claudio Marchisio rilancia in un accorato post su Instagram: "Siamo il Paese dell'integrazione quando sei un giovane talento o quando segni il gol decisivo in una partita importante, ma che si rifiuta di essere servito al ristorante da un ragazzo di colore. Siamo il Paese dell'integrazione quando l'atleta vince la medaglia alle Olimpiadi. Siamo il Paese dell'integrazione che cerca improbabili origini italiane quando l'attrice che ci fa emozionare vince il Premio Oscar, ma che quando in classe con i propri figli ci sono dei ragazzi di colore storce il naso. Io non posso neanche immaginare cosa abbia provato Seid Visin, ma sono certo che un Paese che spinge un giovane ragazzo a fare un gesto così estremo è un Paese che ha fallito".

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