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La festa è a un passo, Barella è lontanissimo: c’è un uomo solo e tormentato a Istanbul

Le immagini di Nicolò Barella solo e tormentato sul campo dell’Ataturk Stadium dopo che l’Inter ha perso la finale di Champions League contro il Manchester City danno il senso dell’animo spezzato del giocatore nerazzurro.
A cura di Paolo Fiorenza
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Vedere una cosa lungamente desiderata, che probabilmente si è sognata per tante notti, sfilare via dalle mani proprio sul più bello è qualcosa che non può non lasciare devastati ed è facile immaginare come si sentano i giocatori dell'Inter dopo aver perso per un'unghia la finale di Champions League contro il Manchester City. Alla vigilia qualcuno aveva pronosticato una facile vittoria dello squadrone di Pep Guardiola (Bale aveva detto 5-0…), ma il campo ha detto tutt'altro: la gara è stata equilibratissima e nessuno avrebbe potuto obiettare se a prevalere fossero stati i nerazzurri.

L'egoismo di Lautaro Martinez che ha tirato da posizione difficile invece di passare il pallone, la traversa di Dimarco da due passi col successivo tiro del terzino ribattuto involontariamente da Lukaku ed infine il clamoroso errore del belga con tutta la porta davanti a sé: la formazione di Simone Inzaghi ha avuto occasioni colossali per segnare, prima e dopo la rete decisiva di Rodri.

Erling Haaland e il Manchester City con l'agognata Champions League
Erling Haaland e il Manchester City con l'agognata Champions League

Lo sport è spietato e fa pagare caro il conto a chi sbaglia. Lo aveva capito subito Nicolò Barella, che si era infuriato tantissimo con Lautaro per la sua decisione errata quando aveva avuto il regalo inatteso di Akanji. Il centrocampista nerazzurro sapeva che in una finale così sul filo errori di quella portata sono destinati a segnare la storia. Alla fine mai come stavolta, in una partita a scacchi giocata benissimo da Inzaghi contro Guardiola, gli episodi sono stati decisivi.

A fine partita Barella ha l'animo a brandelli e l'immagine che lo ritrae vagare solo e tormentato sul prato dell'Ataturk Stadium spiega meglio di ogni parola cosa provi in quel momento il 26enne centrocampista sardo, anche ieri battagliero come sempre.

A pochi metri da lui, i giocatori del City fanno festa per un titolo che la squadra non più povera di Manchester aspettava dalla sua fondazione, 143 anni fa. Ma Nicolò in quel momento è lontanissimo, in un luogo non fisico. Il luogo dei sogni infranti e delle delusioni brucianti. Ci vorrà tempo per dimenticare.

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