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La crisi di Luis Alberto: dubbi terribili, mollare tutto per fare il pittore

Sabato prossimo alle ore 18 andrà in scena all’Olimpico non solo il match di campionato tra Lazio ed Inter, ma anche la rimpatriata tra Simone Inzaghi ed i ragazzi che ha allenato fino a pochi mesi fa. Gente come Luis Alberto, fondamentale nel costruire il progetto del tecnico sulla panchina biancoceleste.
A cura di Paolo Fiorenza
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La Lazio sabato prossimo ospita l'Inter: all'Olimpico sarà l'occasione per salutare un vecchio amico come Simone Inzaghi, lasciatosi non benissimo questa estate con Claudio Lotito, dopo aver deciso di non firmare un rinnovo che sembrava cosa fatta per approdare poche ore dopo nel club nerazzurro appena mollato da Conte. Non è prevista contestazione per il tecnico di Piacenza e qualora ci dovesse essere qualche fischio, ci penserà la Curva Nord a coprirlo con gli applausi. Inzaghi a Roma ha lasciato affetti forti, tra i quali sicuramente c'è il rapporto che lo lega a Luis Alberto, non a caso accostato all'Inter dopo il suo approdo alla Pinetina.

Gli inizi della storia tuttavia non sono stati facili, visto che nel suo primo anno alla Lazio – nella stagione 2016/17 – lo spagnolo mise assieme appena 10 presenze, spiccioli di minuti sparsi qua e là. "Ero arrivato l’ultimo giorno di mercato – racconta a Rivista Undici – In una stagione senza coppe europee, Inzaghi schierava in campionato sempre gli stessi undici. E poi, nel 4-3-3, penso che nemmeno lui sapeva dove mettermi. Perciò i primi tre-quattro mesi furono devastanti: è stato il momento più complicato della mia carriera. Avevo perso la testa, non volevo nemmeno andare ad allenarmi. Una roba che non mi era mai successa".

Fu allora che Luis Alberto pensò di mollare tutto: fu il DS della Lazio Tare – che aveva voluto fortemente portarlo a Roma – ad intervenire per dissuaderlo dalla sua intenzione di smettere di giocare per iniziare a fare il pittore. In un'altra occasione – svela Il Messaggero – Tare si fiondò di corsa all'aeroporto per fermarlo prima che se ne tornasse in Spagna. Momenti di oscurità personale che ben presto sarebbero diventati luce laziale, gioia di pennellare sul campo. Con la benedizione di Inzaghi, stavolta nella veste di nume tutelare.

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"A fine anno andai dal mister e gli dissi: ok, troviamo una soluzione, vado via. Per me qui è stato un anno di merda. E invece Inzaghi mi disse: no, non vai da nessuna parte – è il racconto del Mago – Cominciai a fare il regista dopo che Biglia se n’era andato: per me era bellissimo, prendevo palla e non c’era pressione. Sono passato in pochi mesi dall’andare via al giocare quasi duecento partite con la Lazio. Il calcio è così, in un giorno può cambiare tutto, nel bene e nel male". Appuntamento sabato alle ore 18 per la rimpatriata.

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