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Katia Serra: “Anche gli uomini devono arbitrare il calcio femminile, solo donne è una forzatura”

Katia Serra, ex calciatrice e oggi commentatrice Rai, ha parlato in un’intervista a Fanpage.it del percorso dell’Italia negli ultimi Europei femminili ma anche di altri temi. Come quello dell’assenza di arbitri uomini nei grandi tornei femminili: “Una forzatura da parte della Uefa”.
A cura di Fabrizio Rinelli
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L'Italia del calcio femminile esce a testa altissima dagli Europei 2025 giocati in Svizzera. Le azzurre sono state sconfitte in semifinale dall'Inghilterra al termine di una partita incredibile che le detentrici del titolo hanno ribaltato nei minuti finali e poi ai tempi supplementari. Grande rammarico per la capitana Girelli e le compagne così come per il CT Soncin, ma allo stesso tempo soddisfazione per quanto visto in campo e per la crescita che il movimento sta dimostrando in questi anni. Katia Serra ha parlato di questo e di altri argomenti in un'intervista a Fanpage.it.

L'ex calciatrice e oggi commentatrice Rai, ha analizzato il percorso delle azzurre nel torneo e soprattutto cos'è cambiato con il passato proprio dopo l'arrivo di Soncin in panchina. Katia Serra si è poi soffermata anche sull'arbitraggio tanto discusso della sfida contro l'Inghilterra: "Sicuramente l'arbitraggio non è stato all'altezza e probabilmente è stato inesperto – spiega senza togliere i meriti all'Inghilterra, ma poi fa una riflessione -. Mi chiedo perché la Uefa insista con questa forzatura nel designare solo arbitre donne per i grandi eventi".

Katia Serra, telecronista Rai.
Katia Serra, telecronista Rai.

Qual è l'immagine che rimane di questa impresa sfiorata dalle ragazze dell’Italia femminile?
"Rimane la certezza che oggi l’Italia ha alzato il suo livello competitivo. È una squadra che può giocarsela alla pari con tutte, anche se resta ancora un po’ di gap con le big, dovuto a un percorso cominciato più tardi e a una base numerica di selezione molto più ristretta".

Cosa si può migliorare?
"Con il lavoro, la tattica — da sempre un punto di forza del calcio italiano — e un forte spirito di coesione e sacrificio, le ragazze riescono a sopperire e colmare questo divario. Le partite ora partono alla pari. L’esperienza accumulata in questo Europeo ha rafforzato consapevolezze già presenti prima di partire".

Perché la semifinale è stato un passo così importante per l’affermazione del calcio femminile in Italia?
"Secondo me la semifinale, viste anche le premesse e il tabellone, era un traguardo possibile. L’avevo detto: era un obiettivo realistico.
Per me, la vera svolta è stata la sconfitta immeritata contro l’Inghilterra, non il fatto di non essere arrivati in finale, ma come si è perso. Questo ha lasciato un segno".

Era un obiettivo alla portata per l'Italia.
"Magari il grande pubblico non si aspettava la semifinale, ma chi conosce il movimento e gli addetti ai lavori sì. C’erano tifosi con i biglietti già acquistati prima che arrivasse. La vera svolta, ripeto, è stata la finale non raggiunta per poco e che quindi avrebbe invece coronato e dato merito al percorso costruito e soprattutto alla prestazione fatta contro le campionesse".

Pensa siano fondate le polemiche sull’arbitraggio? Che errore ha commesso il direttore di gara in partita?
"L’arbitra non è stata adeguata al livello e alla preparazione delle due squadre. Falli gestiti male, un cartellino mancato a Bronze… e il rigore è dubbio. Ho chiesto spiegazioni ufficiali alla UEFA tramite la FIGC, proprio per capire l'interpretazione e perché il VAR non sia intervenuto e non abbia richiamato l'arbitra croata. Mi aspettavo che un'azione così dubbia venisse almeno rivista. Sicuramente l'arbitraggio non è stato all'altezza e probabilmente è stato inesperto".

In che senso?
"Credo sia una forzatura della UEFA quella di insistere a designare solo arbitre donne per i grandi eventi, ma il numero di direttrici di gara esperte non è ancora elevato. Capisco la spinta all’inclusione, ma questa direzione arbitrale la metto insieme a tante altre che in altre circostanze sempre così prestigiose sono state macchiate da errori pacchiani dettati da inesperienza per la ragione di affidarsi solo ed esclusivamente a donne".

Cosa si potrebbe fare?
"Mi piacerebbe che si riflettesse sul fatto di fare una rivoluzione e rendersi conto che donne brave possono arbitrare uomini e donne indistintamente così come c'è bisogno di uomini all'altezza per arbitrare partite così importanti e delicate. Mi piacerebbe che venisse fatta una riflessione per valutare se veramente i numeri delle arbitre brave ed esperte è tale da giustificare questa linea oppure potrebbero servire nei grandi eventi uomini di esperienza perché l'esperienza non ha genere ma l'accumuli solo arbitrando grandi partite".

Cos’ha dato Soncin alla Nazionale femminile dopo il suo arrivo? Crede sia la persona giusta?
"Soncin e il suo staff hanno grandissimi meriti. Si sono calati da subito nella realtà del calcio femminile, con voglia di imparare e confrontarsi con tanti addetti ai lavori. Ha avuto il grande merito di aver riazzerato il passato, le gerarchie e di conseguenza ha rimesso tutto in discussione, dando una nuova opportunità a tutte. Per cui quando ha dovuto scegliere ha portato con lui le 23 che considerava più pronte".

L’esultanza della capitana Girelli agli Europei.
L’esultanza della capitana Girelli agli Europei.

Il lavoro del CT è stato fondamentale per ottenere questo risultato?
"Le giocatrici hanno capito che ogni convocazione va meritata giorno per giorno. Soncin ha il merito di aver creato una sinergia costante con i club, fondamentale per la gestione fisica e mentale delle calciatrici. Questo alle ragazze ha fatto benissimo. Anche dal punto di vista atletico, non abbiamo avuto infortuni gravi: in un torneo così breve non è scontato".

Cosa pensa del trasferimento di Cantore negli Stati Uniti: teme che l’Italia possa diventare un serbatoio di talenti per quei Paesi in cui il calcio femminile è più che sviluppato?
"Assolutamente no. È positivo che le nostre calciatrici vadano all’estero. Significa che abbiamo talento riconosciuto anche fuori. È un’esperienza che fa crescere, migliora il livello individuale e poi ricade sulla nazionale. Ai miei tempi queste opportunità non c’erano. Io sono stata solo la seconda italiana a giocare all’estero, ma a fine carriera. Quindi oggi chi può farlo, all'età giusta, deve coglierla questa opportunità".

L'hanno colpita le parole di Girelli nell’incontro con Mattarella?
"Delle parole di Cristiana condivido soprattutto quando ha detto: “Non spegniamo più i riflettori”. Il grido di preoccupazione penso sia una chiave e concordo con lei che non bisogna può spegnare questa luce. Il vertice c'è, e questa è una certezza per continuare a crescere ancora in questo percorso, ma dalla Serie B in giù regna il caos sotto tutti i punti di vista.

Io questo ottimismo oggi non mi sento di sottolinearlo e anche Cristiana nel suo discorso ha lanciato degli appelli ben precisi. Adesso il sistema ha bisogno di sinergia e scelte concrete. Siamo stanchi, ora servono investimenti, attenzione e continuità".

Perché secondo lei nessun politico ha raggiunto Ginevra per la semifinale? Sarebbe accaduto lo stesso col calcio maschile?
"Non lo so. L’ho visto accadere in altri sport, con Sinner, ad esempio. Ma va detto che quel giorno c’erano anche i funerali di Sergio Campana, e tante istituzioni calcistiche hanno giustamente scelto di essere lì e non a Ginevra. Io ho molto apprezzato questa scelta.

Campana meritava quell'omaggio dell'intero mondo calcistico. Gravina e Brunelli erano a Ginevra, com’era giusto. Ma la scelta di chi è andato al funerale è stata umana e rispettosa. Ma mi ha emozionato sapere che Mattarella ha visto tutte le partite e che sarebbe andato a Basilea".

L’Italia femminile in festa dopo l’accesso alla semifinale.
L’Italia femminile in festa dopo l’accesso alla semifinale.

Come cambiano le declinazioni dei termini maschili e femminili in telecronaca?
"Io da anni mi batto per la declinazione del racconto del calcio al femminile. Declinare al femminile serve anche a costruire ruoli che servono a dare sostanze a nuove figure lavorative e professionali, senza, tu continui a non esistere. La declinazione è importante però anche per dare visibilità a qualcosa che la gente disconosce. Molti termini sembrano strani solo perché non siamo abituati a sentirli".

Un esempio?
"Un esempio concreto è "portiere". Si è cominciato a parlare di portiere quando il portiere d'albergo già esisteva. Anche al tempo ci furono difficoltà, ma poi piano piano è diventato comune per tutti che esiste il portiere d'albergo e il portiere di calcio. Per cui oggi quando ancora qualcuno si scandalizza sul termine "portiera" che io e le mie colleghe da anni usiamo in telecronaca e pensano a quella della macchina, col tempo sarà immediato invece collegarlo a Giuliani e tutte le giocatrici che difendono la porta".

È una questione di cultura?
"Io continuerò ad usare la declinazione femminile, anche se alcune calciatrici ancora non comprendono pienamente la differenza e la necessità.
Chi vorrà seguirci, lo farà col tempo. Ma per me è una battaglia culturale, non solo linguistica".

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