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In ricordo di Lev Jascin, l’unico portiere della storia a vincere il Pallone d’Oro

Il 17 dicembre 1963, superando Gianni Rivera, il Ragno Nero, Lev Jascin, vinse il Pallone d’Oro, unico portiere della storia a riuscirci. I motivi della sua vittoria sono da trovare nella sua capacità di parare anche tiri impossibili, nel saper intercettare i rigori e anche nella prestazione durante la Partita del secolo contro l’Inghilterra.
A cura di Jvan Sica
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Non ci sono riusciti Dino Zoff, Sepp Maier, Michel Preud’homme, Oliver Kahn, Gianluigi Buffon, Iker Casillas, Manuel Neuer, Peter Schmeichel, Gordon Banks. A vincere il Pallone d’Oro da portiere ci è riuscito solo Lev Jascin.

Il 17 dicembre 1963, superando Gianni Rivera di 17 punti e poi tutti gli altri fra i quali Jimmy Greaves, Denis Law, Eusebio e Karl-Heinz Schnellinger (sesto in classifica giocando metà annata con il Mantova!), il portiere sovietico Lev Jascin è stato l’unico numero 1 a vincere il premio più desiderato da tutti i calciatori mondiali, a quel tempo però dedicato solo ai calciatori europei.

Perché ci sia riuscito solo il grande portiere della Dinamo Mosca è un piccolo rompicapo a cui tutti hanno cercato di dare una risposta. La prima, diventata senso comune, riguarda il fatto che il calcio sia cambiato, si predilige sempre di più chi segna i gol rispetto a chi li evita e anche per una questione di becero mercato e riconoscibilità dare il premio a un campionissimo che segna 40 gol a stagione ha molto più valore rispetto a un grande portiere. Il discorso è condivisibile ma Jascin all’epoca era tutto tranne che un nome commercializzabile, venendo dall’URSS e quindi da un altro mondo rispetto a quello occidentale. Le logiche di marketing magari erano agli albori ma comunque esistevano.

Una seconda risposta possibile riguarda la sua monumentale figura, perfettamente descritta dal libro “Jascin. Vita di un portiere” di Mario Alessandro Curletto e Romano Lupi. Veniva chiamato Ragno Nero perché, già enorme e statuario, allungava due braccia che sembravano davvero due tentacoli neri, capaci di prendere qualsiasi pallone. Ma non si deve immaginare un trapezista freak dalle braccia infinite che voleva dare spettacolo al popolo. Jascin era riconosciuto e piaceva per la sua eccezionale compostezza, per la sobrietà con cui intercettava i tiri avversari. Nessuna concessione allo show, ma tutto era calibrato per l’efficienza massima. Anche questo oggi ci sembra lontanissimo nel tempo.

“La più bella partita è quella che vinci. Tutte le partite che ho vinto”.

Una cosa “acchiappalike” però la sapeva fare: parava i rigori. Si stima che ne abbia parati 86 in tutta la sua carriera, un numero spropositato. Anche Sandro Mazzola ha dovuto soccombere alla potenza ipnotica del Ragno Nero e vedere parare il suo rigore decisivo in un’Italia-URSS agli ottavi degli Europei 1964. Quando un giornalista chiese a Mazzolino cosa si ricordava di quel momento, disse:

“Mi sentii ipnotizzato. Quando presi la rincorsa vidi che si buttava a destra: potevo tirare dall'altra parte, non ci riuscii. Quel giorno il mio tiro andò dove voleva Jascin”.

Questa capacità di piegare la volontà di chi gli si parava davanti, per indirizzarne i voleri e le traiettorie è un concetto che ricorre molto spesso e da a Lev Jascin quel tocco di mistero che fa bene in fase di votazione. Nell’anno del Pallone d’Oro nel campionato sovietico Jascin subì solo 6 reti in 27 partite, anche questo dato è spaventoso. E questa sua ermeticità è spiegata anche da una sua precisa volontà, direi esistenziale:

“Se non sei tormentato dopo aver fatto un errore, non sei un grande portiere. In quel momento, non importa quello che hai fatto in passato, perché sembra non avere futuro”.

C’è una frase detta una volta da Dino Zoff che spiega tante cose: “Il portiere impregna di personalità tutta la squadra”. Questa riflessione è molto vera anche per Lev Jascin, il quale era in tutto e per tutto in quel determinato momento storico il calcio sovietico, quell’URSS che vinse il primo Europeo della storia, le Olimpiadi di Melbourne del 1956, arrivò in finale degli Europei anche nel 1964 e quarta ai Mondiali 1966. Quella nazionale e di sicuro la sua Dinamo Mosca, che però in Occidente si vide pochissimo, erano stracolme della sua personalità, della sua sobrietà e del suo arrivare al punto senza fronzoli, vincendo anche tanto.

E poi c’è un ultimo motivo per cui Jascin ha vinto quel Pallone d’Oro, una singola partita, quando gli eventi erano davvero imperdibili e sensazionali e non come oggi che ogni tre ore c’è qualcosa di cui ti vendono la straordinarietà, facendogli perdere tutta la forza evocativa. Stiamo parlando della partita del 26 ottobre 1963 fra Inghilterra e Resto del Mondo per festeggiare i cento anni della nascita della Football Association inglese. Da una parte c’erano Eusebio, Kopa, Djalma Santos, Gento e Di Stefano, dall’altra una delle migliori compagini inglesi della storia con Banks, Bobby Moore, Bobby Charlton e Jimmy Greaves. Nel primo tempo gli inglesi attaccarono come furie e Lev Jascin parò tutto, sorprendendo e facendo innamorare tutti quelli che erano a Wembley quella sera. La sua prestazione nella “Partita del secolo” decretò la vittoria del Pallone d’Oro 1963.

Postilla. Forse il vero motivo per cui Jascin era così bravo e vinse il trofeo, unico portiere nella storia, fu un altro, suggerito dallo stesso Lev:

“Prima di una partita mi fumo una sigaretta per rilassare i nervi e butto giù un po' di super-alcolici per ben tonificare i muscoli”.

Perché non provarci anche oggi?

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