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De Laurentiis e Agnelli, alleati e rivali: storia di un rapporto controverso

Andrea Agnelli e Aurelio De Laurentiis sono stati tra i massimi protagonisti del calcio italiano e della sua governance del Terzo Millennio. Da sempre dichiaratamente avversari sulle questioni di campo, nelle stanze dei Palazzi del calcio spesso hanno condiviso intenti, obiettivi, interessi e cariche. Scontrandosi e incontrandosi in una eterna alternanza di alleanze e rivalità.
A cura di Alessio Pediglieri
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Da oltre dieci anni Andrea Agnelli e Aurelio De Laurentiis condividono il ruolo di presidenti, ma (quasi) mai condividendo tra loro intenti e idee su come vivere il calcio, soprattutto quello giocato e nella gestione dei rispettivi club. Un'eterna lotta retta dalla differente visione del calcio e di come lo si debba vivere (da tifosi), che fa da contrasto ad una alleanza sulla gestione amministrativa ed economica, per gestirlo e guadagnare (da professionisti).

Un rapporto a dir poco contraddittorio, ai limiti del surreale, tra alleati e rivali eterni, con l'intesa che di massima regge tra le stanze dei Palazzi ma che frana ad ogni confronto in campo o per il campo. Se De Laurentiis mette il naso in serie A come patron nel 2007 alla guida del Napoli, Andrea Agnelli lo fa ufficialmente nel 2010 con la Juventus. Da un punto di vista politico e amministrativo l'intesa c'è tra consolidati uomini d'affari.

Il primo ammiccamento sulla gestione del calcio avvenne nel 2013 quando il calcio italiano vedeva alla luce il grande monopolio bianconero in classifica e viveva gli ultimi attriti interni con le spaccature anche tra i grandi club. Era il periodo delle famose "sette sorelle" capitanate dal presidente bianconero e che volevano cambiare il mondo del pallone. Contro l'allora colazione Galliani-Lotito, Agnelli ‘accolse' in seno il Napoli di De Laurentiis, oltre a  Inter, Roma, Fiorentina, Sampdoria, Sassuolo e Verona.

Il connubio tra i due club e i loro patron si rinsaldò qualche stagione più tardi, nel 2014 approfittando della Supercoppa a Doha, in una vigilia di virtuale gemellaggio tra le società che si divisero il lauto compenso plurimilionario per giocare in Qatar. Sfociata nella vittoria ai calci di rigore da parte dei partenopei (7-8) e il conseguente gesto di fair-play di De Laurentiis in tribuna d'onore: l'abbraccio ad Agnelli accompagnato dalla frase "abbiamo vinto insieme".

Amore e d'accordo negli anni a seguire, con l'alleanza in Lega Calcio per cambiare il pallone nostrano all'insegna del business, abbandonando le vecchie e oramai superate concezioni del 20° secolo, guardando insieme al futuro. L'imprenditore del cinema ‘prestato' al calcio e il giovane virgulto rampante della casata Agnelli, uniti in tutto: dalla riforma della Serie A, alla valorizzazione dei diritti televisivi (e conseguenti ricavi) all'esportazione del valore dei rispettivi club nonché lo sviluppo di nuove competizioni continentali.

Ed è così che nel 2017, Agnelli – quando viene eletto presidente dell'ECA (European Club Association) di cui era membro dal 2012 – compie l'ultimo gesto di rispetto e amicizia per il presidente del Napoli, facendolo entrare nel ‘cerchio magico' alle porte del Comitato Esecutivo FIFA, con la carica di Capo settore marketing e comunicazione per rilanciare soprattutto il calcio italiano in seno all'organismo europeo: "Per sfruttare la sua esperienza nel mondo del marketing e le sue intuizioni che in passato si sono rivelate vincenti sia in campo cinematografico sia calcistico" dirà Agnelli al momento del discorso ufficiale.

Ma se la prima decade del 2000 appare indirizzata verso un'asse che non sembra ammettere distorsioni, non è nello stesso modo che si aprono gli anni 20 del Terzo Millennio perchè proprio sul futuro e la gestione dei diritti tv si aprono le prime crepe. De Laurentiis si discosta da Agnelli e altri presidenti,  intenzionato a cavalcare altre strade, tra cui quella stand alone del canale tv della Lega e non quelle relative alle proposte della cordata Advent-Fsi e quella di Cvc. E' il grande strappo con De Laurentiis pian piano messo in minoranza nella governance della Lega sui diritti tv mentre Agnelli guida la nuova cordata.

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Sono i giorni odierni, fino alla famosa frase di Agnelli "Se in Lega fossimo normodotati, non avremmo bisogno di terzi per sviluppare il nostro business". Contro chi spinge per una apertura anche estera della gestione. Frizioni calmierate dalle problematiche universali della pandemia, che però limitano unicamente il tavolo del confronto, sempre più acceso, con diverse posizioni di lettura degli investimenti e soluzioni da adottare. E che si riversano anche nella sfera del calcio giocato laddove la convivenza non è mai stata resa possibile per una sostanziale e mai rinnegata divergenza nel vivere il proprio ruolo di proprietari.

La surreale questione della mai giocata Juventus-Napoli, il conseguente appello alla giustizia sportiva e gli infiniti attriti tra campanili che mai potranno smettere di suonare, è l'ultimo atto dell'infinita rivalità tra Agnelli e De Laurentiis e della loro alleanza nei Palazzi retta solamente quando gli interessi diventano comuni.

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