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Cosa ha detto la prima Italia di Spalletti? Quali sono i calciatori più adatti (e quali no)

Il pari contro la Macedonia del Nord costringe l’Italia a vincere le due partite contro l’Ucraina. Le cose buone e brutte del calcio di Spalletti si sono già viste, diventa subito in salita il cammino del nuovo ct azzurro.
A cura di Jvan Sica
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Buttato nella mischia mentre tutti (lui incluso) pensavamo a che distanza posizionare la sdraio dalla battigia, Luciano Spalletti ha allenato la Nazionale italiana per la prima volta e ha pareggiato con la Macedonia del Nord. Non è un pareggio che ci delude soltanto, ma ci atterrisce, perché per andare agli Europei bisogna vincere le due partite contro l’Ucraina, altrimenti si va agli spareggi dove può succedere di tutto.

Al netto di questo che è più di un particolare, è giusto dire che le cose buone e brutte del calcio di Spalletti si sono già viste, soprattutto se si ha ancora negli occhi e nella testa il Napoli dello scorso anno. Una cosa “napoletana” vista subito, che è la dimostrazione di un atteggiamento e quindi una sorta di chiamata a un comportamento generale è la disposizione di quasi tutta la squadra sulla linea di centrocampo con aggressione della metà campo avversaria già al primo tocco di palla. Il famoso calcio d’inizio che ha impressionato tanti lo scorso anno, con tanto di foto iconiche in giro per il web.

Questo c’era, a mancare però la fluidità del gioco per i motivi più vari. Prima di tutto il campo, assolutamente vergognoso, poi per le difficoltà fisiche di tanti, le caratteristiche di alcuni calciatori chiave, la brutta serata di altri, insomma solo sprazzi di buon calcio e non è bastato per vincere.

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Le cose “buone” sono state la facile trasposizione dell’antiterzino guardiolano sia con Di Lorenzo, che ha semplicemente riportato in azzurro Italia quello che faceva con l’azzurro Napoli, ma anche con di Dimarco, molto bravi entrambi a entrare nel campo e aiutare nella costruzione iniziale. In questa dinamica è venuto a mancare però l’apporto fondamentale del regista, perché Cristante non è sicuramente Lobotka, non ha quella capacità di eludere la marcatura portando il pallone, ripulendo il gioco a ogni tocco e questa difficoltà ci ha portato a non salire il campo velocemente.

Altra cosa spallettiana che si è vista è la capacità dei centrali di difesa di aggredire l’avversario, con Mancini molto adatto a questo compito, mentre Bastoni ha saputo fare bene il Rrahmani, giocando quasi da libero nella copertura degli spazi. Come visto nel Napoli dello scorso anno, quando le squadre spallettiane perdono il pallone, gli avversari hanno voragini centrali che attaccano con facilità. I nostri centrali sono stati bravi a portarli dove potevano fare meno male, anche in questo caso aiutati però dal campo, impossibile ovviamente anche per il loro gioco.

Gli esterni d’attacco hanno giocato male, un po’ per la condizione fisica che non sembrava perfetta di Politano, un po’ perché Zaccagni non ha la forza e la fantasia di uno Kvaratskhelia. Questi sono i due ruoli dove sarebbe auspicabile trovare due grandi giocatori e qui ci possono aiutare solo la salute di Chiesa e la speranza. Barella è stato molto presente, un giocatore che copre l’intero campo con discreta lucidità non è giudicabile in maniera negativa, mentre Immobile e Tonali sono da accorpare nello stesso ragionamento.

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Immobile cerca di legare il gioco, scendendo tanto a centrocampo ma non ci riesce, non ha prima di tutto la tecnica per farlo. Lui dovrebbe fare quello che faceva Osimhen, altro calciatore non adatto ad associarsi con gli altri. Spalletti un paio di volte gli ha detto proprio questo. Se ci riesce, il bomber della Lazio può essere davvero importante per questa squadra. In assenza di un 9 che “gioca”, è fondamentale che la mezzala maggiormente dedita alla creazione sia più dentro al gioco e che tecnicamente guidi la squadra.

Abbiamo visto e continuiamo a vedere tutti cosa fa Zielinski tra le linee per l’attacco partenopeo. In questo Tonali può e deve crescere, altrimenti continueremo a mancare di invenzione dai 35 metri in su, perpetuando quella ormai atavica difficoltà nella rifinitura che continua a farci sbattere contro difesa chiuse in blocco, che non riusciamo a scardinare per niente al mondo. L’altezza media della squadra è stata giusta e anche le distanze erano corrette. A mancare invece la riaggressione vorace, ma per quella servono anche altre condizioni fisiche generali.

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In generale quella contro la Macedonia del Nord è stata una partita in cui abbiamo perso due punti potenzialmente sanguinosi, in cui abbiamo preso un gol evitabile, sia per com’è arrivata la punizione, sia per le difficoltà che Donnarumma dimostra in ogni match (è il caso di metterne in discussione la ovvia titolarità), però qualcosa tra le pagine grigie si è visto. Alcuni calciatori sono adatti al calcio di Spalletti, principale nota dolce, altri meno ed è bene fin da subito tirare una riga, per non portarci dietro inutili incomprensioni.

Avremo però mai un gruppo completo che sappia mettere in pratica il calcio di Spalletti? Questa è la prima domanda che ci si deve porre. Insieme a un’altra ancora più importante. Se saltiamo pure questi Europei, cosa si fa? Potrebbero saltare delle teste molto in alto, ma mettere in discussione un allenatore “balneare” entrato in corsa in mezzo al fango sarebbe ancora una volta un’assurdità italiana.

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