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Cosa è successo tra Maldini, Massara e Cardinale: perché sono stati esonerati dal Milan

La separazione del Milan da Paolo Maldini e Frederic Massara ha origini profonde per diversità di vedute nate sun dagli albori dell’arrivo di RedBird in rossonero. Una convivenza difficile che è diventata impossibile negli ultimi mesi.
A cura di Alessio Pediglieri
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L'addio tra il Milan e Paolo Maldini ha radici profonde e non è certo stato un colpo di testa da parte del proprietario rossonero, Gerry Cardinale, anche se potrebbe apparire come un improvviso colpo di spugna non appena i giochi si sono fermati e la stagione finita. Le motivazioni della separazione sono antiche e radicate, riemerse in tutta la loro dialettica nell'ultimo faccia a faccia di lunedì 5 giugno, in un confronto tra i diretti interessati che hanno metabolizzato la situazione: idee, programmi, strategie e modo di porsi completamente differenti. Con la proprietà che ha esercitato il proprio diritto decisionale, puntando tutto su Geoffrey Moncada e Giorgio Furlani.

Bisogna riavvolgere il nastro del delicato rapporto di Maldini con il Milan negli ultimi anni e rileggere con il classico senno del poi, i momenti che hanno caratterizzato il rapporto diretto tra l'ex stella rossonera e il proprietario, Gerry Cardinale. Ecco i punti chiave di un amore mai realmente sbocciato.

Il passaggio da Elliott a RedBird e i rinnovi di Maldini e Massara

Dal momento in cui il Gruppo Elliott è entrato in diretto contatto con l'attuale proprietà di RedBird gestita da Gerry Cardinale, i connotati dell'investimento sono stati pressocché subito delineati: calcio-business, sostenibile economicamente nella gestione attenta delle finanze e della crescita sportiva. Direttive precise, struttura dirigenziale formata da uomini-squadra, senza individualità o discordanze interne. Il difficilissimo rinnovo avvenuto solamente una stagione fa con RedBird, quando il contratto di Maldini (e del lui collega e amico, Frederic Massara) era diventato un caso, è riprova che più che un accordo si fosse arrivati ad un compromesso. Siamo nell'estate 2022, proprio a ridosso dell'acquisizione da parte di RedBird del Milan dal Gruppo fondiario Elliott: a parole nessuno è in discussione e la linea è quella della continuità, nei fatti il rinnovo diventa una questione, quasi, infinita. Si riuscirà a trovare un accordo ma mai l'intesa completa.

Il mercato estivo a budget limitato: pochi acquisti, poco utilizzati da Pioli

E si arriva al secondo momento che determinerà ulteriori distanze, il mercato estivo: Maldini e Massara operano in autonomia ma il budget e le direttive vengono imposte dal club. Si ha una spesa massima di 50 milioni di euro e non sono previste cessioni importanti per aumentarla. Si stoppano così tutti i tentativi, soprattutto in Premier, di prelevare Rafael Leao – rifiutando anche offerte importanti da 100 milioni e oltre – e si lavora per una serie di giocatori che vanno a infoltire la rosa rossonera: Dest, Bakayoko, Adli, Ballo-Touré e Vranckx, Origi e soprattutto De Ketelaere. Una campagna non di primissimo piano, che Maldini prova a ricondurre sulla via della progettualità e della funzionalità. Ma a conti fatti, tutti – nessuno di questi escluso – verrà utilizzato pochissimo da Stefano Pioli, dato che peserà moltissimo.

Investimenti al ribasso e nessun rilancio dopo l'inatteso scudetto

Il terzo scossone ai rapporti arriva proprio sul differente approccio sugli investimenti. Malgrado il Milan arrivi da una stagione sorprendente, con uno scudetto del tutto inatteso e insperato, la società non ha voluto investire nell'immediato, con Maldini che in alcune occasioni non stenta a manifestare una rosa importante ma ancora inadeguata per affrontare a meglio l'ulteriore salto di qualità. E la stagione appena conclusa ne è dimostrazione: quarto posto in campionato – soprattutto per la penalizzazione della Juve – sconfitta in Supercoppa, eliminazione in semifinale di Champions League. Poco conta che soprattutto l'ultimo traguardo fosse ancora una volta un obiettivo minimamente pensabile ad inizio stagione, perché per la dirigenza il quadro è negativo.

Lo "sfogo" di Maldini dopo la semifinale Champions con l'Inter

Il quarto e decisivo atto della frattura, così arriva quasi spontaneamente, all'indomani dell'eliminazione dalla Champions League ad opera dell'Inter in due derby in cui i nerazzurri hanno sempre gestito le situazioni. Nell'occasione, arrivano le dichiarazioni di Maldini: "Dobbiamo investire per poter competere con le grandi squadre, anche se la semifinale è stata inaspettata. Nessuno a inizio anno aveva pronosticato una cosa simile, poi è chiaro che la sconfitta brucia. Ma tra noi e l’Inter non c’è stata partita". Indice dunque puntato sul club, non sui giocatori con cui si ha un rapporto sano, con un pensiero preciso: investire di più e subito. Non lo stesso pensiero di Cardinale che quelle parole non ha mai gradito, imputando parte del "fallimento" proprio alle scelte di Massara e Maldini negli acquisti estivi.

Le distanze si accentuano sempre più: la "questione" Dybala

Una situazione difficile che appare più chiara quando Maldini entra nel merito di una scelta in particolare, Charles De Ketelaere. Il centrocampista belga, pagato dal Milan con 37 milioni sui 50 a disposizione, ha ottenuto 40 gettoni, tra spezzoni e gare intere, facendo un solo assist. Anche in questo caso, Maldini ha rilasciato dichiarazioni che non sono state gradite: "Sarebbe stato molto più semplice e molto meno oneroso andare su un giocatore come Dybala. Ma sarebbe stato un acquisto giusto per il nostro progetto e accettato dalla società? No". I contatti c'erano stati, con l'ad Furlani che di fatto smentirà Maldini, sottolineando la disponibilità del club per l'affare "Joya".

Lo strappo definitivo di Maldini, la "stagione da 8 in pagella"

E così si arriva ai giorni nostri all'addio durante la programmazione della prossima stagione. Che partiva dal pensiero di Maldini ben chiaro e stampato a lettere cubitali: "Se ci dovessimo qualificare alla prossima Champions, la stagione sarebbe comunque da 8". Altra frase personale, che non rispecchia il pensiero e giudizio societario a tal punto che sembra che il direttore tecnico esprima giudizi propri e non sia portavoce del club. Elemento che spinge Cardinale alla scelta di chiudere le porte perché se è vero che all'imprenditore italoamericano piace un gruppo semplice e pochi interlocutori con cui confrontarsi, altrettanto non accetta fronde interne o divergenze in seno alla società. E Maldini insieme a Massara, sin dall'inizio, hanno rappresentato questo, fino all'attuale epilogo. E l'apertura di un nuovo capitolo.

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