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Mei respinge le accuse di Jacobs e attacca: “Ci sono rimasto male quando ha parlato di Tamberi”

Il presidente della Fidal, Stefano Mei, respinge le accuse di Jacobs sul presunto declassamento e difende il sistema dei contratti legati alle prestazioni. Amarezza per il riferimento a Tamberi e rapporti raffreddati con il velocista azzurro.
A cura di Vito Lamorte
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Stefano Mei, presidente della FIDAL, replica alle parole di Marcell Jacobs e respinge al mittente ogni accusa di trattamento penalizzante. Interpellato dal quotidiano La Stampa, il numero uno dell'atletica si dice sorpreso e amareggiato dalle dichiarazioni del velocista azzurro, soprattutto sul presunto ‘declassamento' all’interno della Nazionale.

Secondo Mei, la Federazione non esercita alcuna forma di pressione sugli atleti: viene semplicemente chiesto di condividere il percorso tecnico con la struttura federale. I contratti, spiega, vengono proposti ogni anno sulla base dei risultati sportivi: chi sceglie di non firmarli mantiene maggiore autonomia, ma rinuncia inevitabilmente a determinate tutele e benefici: "Agli atleti che fanno parte della squadra nazionale chiediamo semplicemente di condividere il percorso tecnico con la struttura. Non ci vedo niente di strano. Agli atleti top tutti gli anni proponiamo un contratto commisurato alle prestazioni ottenute. Ovvio che chi decide liberamente di non firmarlo, oltre ai premi per le gare, non ottiene un certo trattamento. Magari non accettarlo, come succede agli atleti che si allenano fuori dall’Italia, significa avere una certa libertà ma anche prendersi un certo grado di rischio. Se non firmi il contratto, è chiaro che io non posso accontentarti. E se non fai il tempo necessario non puoi qualificarti ai Mondiali. Dei ragazzi della Nazionale, quest’anno, non si è lamentato nessuno”.

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Mei: “Nessuna punizione, ma senza risultati non ci sono privilegi”

Mei ammette invece un dispiacere personale per il riferimento fatto da Jacobs a Gianmarco Tamberi. A suo giudizio, chiamare in causa “Gimbo” è stato fuori luogo: "Ci sono rimasto male quando ha parlato di Tamberi. La carriera di “Gimbo” parla per lui. Mi è sembrato fuori luogo citare altri atleti. Certe dichiarazioni mi sono sembrate fuori contesto, fuori argomento. Soprattutto se riguardano i due atleti che ai Giochi di Tokyo mi hanno regalato la notte più bella della vita, dopo la nascita dei miei figli”.

Sulle presunte differenze di trattamento legate ai rapporti personali, il presidente è netto: i suoi contatti con gli atleti non dipendono dalla simpatia. “Io – dice Mei – ho rapporti con tutti, a prescindere che uno sia simpatico, antipatico, verde o giallo. E cerco tutti: certo, se io ti chiamo e mi rispondi c’è un rapporto; se ti chiamo e non mi rispondi mai, diventa difficile avere un rapporto. L’ho visto l’ultima volta ai Mondiali di Tokyo, poi gli ho mandato un messaggio, ma non ho ricevuto risposta”. L’ultimo incontro con Jacobs, racconta, risale ai Mondiali di Tokyo, seguiti da un messaggio rimasto senza risposta.

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Infine, sul caso che coinvolge il fratello di Filippo Tortu, Mei ribadisce la linea garantista: finché non c’è una sentenza definitiva, la Federazione non può esprimere giudizi. Dal punto di vista della giustizia sportiva, conclude, il provvedimento è già arrivato con una squalifica di tre anni: “Certo che è stato tutelato, ma come qualunque situazione che sconfina nel penale non si può prendere una posizione fino a quando non c’è un giudizio o una sentenza definitiva di colpevolezza. Per la giustizia federale, il presunto colpevole è stato squalificato per tre anni. Di che cosa parliamo?”.

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