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Opinioni

Le serie tv provano a superare il cinema e forse ci stanno anche riuscendo

Alla luce delle candidature per i Nastri d’argento Grandi Serie 2025, è chiaro che la serialità sta attraversando una nuova fase, più consapevole e qualitativamente più interessante. Non è un assunto che vale per tutti i titoli prodotti nell’anno, ma la competizione con il cinema è ormai sempre più evidente. Sarà, forse, che prima o poi le serie arriveranno anche a superarlo?
A cura di Ilaria Costabile
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Sono state rese note le nomination della nuova edizione dei Nastri d'argento Grandi Serie, unico premio italiano ad avere una sezione dedicata unicamente alle serie televisive e, forse, sarebbe anche il caso di dirlo, unico al passo con la contemporaneità. Le serie tv sono, ad oggi, i prodotti che il pubblico consuma con più frequenza oltre che con più interesse. Un cambio di passo interessante che non corrisponde ad una diminutio nei confronti del cinema stesso, ma è l'indice di un adeguamento dei gusti, della ricerca da parte di autori e registi che decidono di sperimentare contenuti narrativi diversi, spesse volte con risultati notevoli. Può il cinema, quindi, essere sorpassato in fatto di qualità, dalle serie televisive? Probabilmente non si è ancora arrivati a quel momento, ma è chiaro che certe cose stanno cambiando e, magari, è il caso di capire in quale direzione ci si stia dirigendo.

Se si guarda con attenzione alle nomination dei Nastri d'argento, si capisce come vadano per la maggiore alcune serie che, in effetti, in termini di qualità non hanno nulla da invidiare alle produzioni cinematografiche. Parliamo, ad esempio, di M-Il figlio del secolo che è stata insignita del titolo di serie dell'anno – e come poteva essere altrimenti- oppure de L'Arte della Gioia di Valeria Golino, tra i titoli più manieristici di questa stagione seriale che connotano un certo gusto, da parte di chi si approccia al mondo della serialità, nel volerla impreziosire e soprattutto portare a livelli sempre più alti, come d'altra parte è il mercato stesso a richiedere. Ovviamente non si può fare d'un erba un fascio, ed è chiaro che esistano delle produzioni che, come si suol dire, devono ancora comprendere da che parte vogliano stare. Nelle cinquine, infatti, sono presenti anche alcune fiction approdate in Rai e in Mediaset in quest'ultimo anno che, di fatto, possono usufruire di un budget limitato rispetto alle produzioni sopracitate e, volente o nolente, quello economico è un fatto che incide in maniera significativa sulla produzione. Unica eccezione per il servizio pubblico, complice il supporto di HBO, è ovviamente L'Amica Geniale, il cui quarto e ultimo capitolo è stato trasmesso in tv alla fine del 2024 ed è senza dubbio uno dei prodotti più qualitativamente più alti targati da Rai Fiction.

Fabrizio Gifuni e Alba Rohrwacher ne L'Amica Geniale- Storia della bambina perduta
Fabrizio Gifuni e Alba Rohrwacher ne L'Amica Geniale- Storia della bambina perduta

Diverso è il discorso per quelle serie che, invece, escono fuori dall'ordinario, come Dostoevskij dei Fratelli d'Innocenzo, anche loro approdati alle serie dopo fortunate esperienze cinematografiche, o anche Hanno ucciso l'uomo ragno-La leggendaria storia degli 883 di Sidney Sibilia, che godono di uno sguardo particolare, innovativo che si sposa perfettamente con la necessità di innovare tanto il cinema, quanto la serialità. Non a caso dietro la macchina da presa troviamo due nomi che, in modi diversi, hanno sovvertito il canonico approccio cinematografico, raccontando storie di cui valesse la pena parlare, ma con un guizzo di genialità. Tra titoli mainstream e altri costruiti appositamente per macinare visualizzazioni, il meccanismo delle serie tv è in piena crescita e sta attraversando uno dei periodi più floridi da quando, un tempo, erano solo gli americani e gli inglesi a produrre contenuti di spessore, in grado di conquistare il pubblico.

Filippo Timi in Dostoevskij
Filippo Timi in Dostoevskij

E il cinema, che fine fa? Una domanda che gli artisti stessi hanno provato a sollevare sul palco dei David di Donatello, consegnati lo scorso 7 maggio a Cinecittà. Dall'appello di Margherita Vicario che chiede più investimenti nella settima arte e meno nelle armi, a quello plurimo di Elio Germano che, ancora una volta, non ha paura di parlare dell'impatto che la politica ha sulla cultura e come dovrebbe essere all'ordine del giorno occuparsi di quei temi che arricchiscono la società, arrivando a Pupi Avati che dall'alto della sua esperienza chiede che venga fatto molto di più di una rassegna estiva per salvare le sorti del cinema. Eppure, nonostante tutto, di film belli, impegnati, costruiti con intelligenza e maestria, ne sono arrivati in sala, basterebbe invogliare le persone a riempirle quelle sale, altrimenti, la battaglia con i prodotti seriali, che si stanno affinando sempre di più, è bella che persa, mentre invece le due realtà dovrebbero coesistere e vivere della stessa fortuna: un pubblico che non si stanca mai di assaporare nuove storie, su qualsiasi schermo esse vengano raccontate.

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Nata nel 1992, giornalista dal 2016. Ho sempre scritto di cultura e spettacolo spaziando dal teatro al cinema, alla televisione. Lavoro nell’area Spettacolo di Fanpage.it dal 2019.
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