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La Tv di Alessandro Cattelan è questa, non deve essere rivoluzionaria per essere ben fatta

Stasera c’è Cattelan prende EPCC e lo porta su Rai2. Un’evidenza che si scontra con chi attendeva, per l’ennesima volta, una rivoluzione improbabile: la sua è questa ed è ben fatta, aspettarsi una novità non avrebbe senso.
A cura di Andrea Parrella
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Se il termometro dell'accoglienza dei programmi di Alessandro Cattelan fosse Twitter, diremmo che la prima puntata di "Stasera c'è Cattelan" ha confermato la proverbiale spaccatura tra il "genio" e il "solito", tra l'entusiasmo e il distacco, tra il finalmente e il troppo tardi. Le cose sono più complesse di così e se è confermato che la via di mezzo sia sempre la cosa più vicina alla verità, si può dire che Stasera c'è Cattelan, partito martedì 20 settembre su Rai2 e in onda per tre sere a settimana, rappresenti una fusione perfetta degli estremi sopra citati.

Il programma è una fedelissima trasposizione di quel EPCC che ha offerto al conduttore la possibilità del salto di qualità definitivo su Sky. In sostanza, il late show di seconda serata affidato all'unico che in Italia sembri avere la stoffa per farne uno (unicità su cui si potrebbe aprire un enorme dibattito e in cui personalmente non credo). Non è solo il titolo a tradire la somiglianza tra i due programmi, l'intenzione è riproporre quel modello in una chiave più consona al servizio pubblico per fare da colonna nel percorso di ricostruzione dell'identità di Rai2, che pare essere il vero obiettivo aziendale di quest'anno.

Cattelan con Adani, Cassano, Ventola e Vieri
Cattelan con Adani, Cassano, Ventola e Vieri

Operazione riuscita? Impossibile dirlo dopo una sola puntata, ma l'impressione è che "Stasera c'è Cattelan" intenda imporre il proprio codice linguistico più che adattarsi al pubblico generalista. È una percezione simile a quella che ci aveva restituito un anno fa "Da grande", criticatissimo show di prima serata su Rai1, ma in questo caso l'operazione è più sensata e meno improvvisata: tre serate a settimana sono un tempo sufficiente per la fidelizzazione del pubblico, in una fascia oraria che Rai2 prova da tempo a resuscitare, in nome di una storia molto legata ad altisonanti titoli di seconda serata.

La prima puntata di "Stasera c'è Cattelan", con ospiti i volti della Bobo Tv (Vieri, Adani, Cassano e Ventola) ed Emanuela Fanelli è costruita come una conferma, nello stile e nelle intenzioni. Accontenta chi era entusiasta già alla vigilia, lascia perplessità in chi poco si rivede in quel modello. Questa mancanza di partecipazione per un programma che punta tutto sul riconoscimento del pubblico in un linguaggio e in un certo modo di pensare, è frutto del combinato disposto di due fattori: il tempo e l'aspettativa. 

Che Alessandro Cattelan sia arrivato in Rai con almeno cinque anni di ritardo è cosa con cui, oramai, avremmo dovuto far pace. È un dato di fatto, non si torna indietro, vale per il latino che avremmo potuto studiare meglio alle superiori così come per la televisione. Sarebbe sciocco aspettarsi oggi l'entusiasmo che il suo approdo avrebbe avuto qualche anno fa, quando sarebbe stato svincolato e libero da quella speranza che tanto ha appesantito il suo passaggio in Rai. Ha spiccato il volo a Sky, è storia della Tv ed ora è già un professionista compiuto.

Un momento dell'intervista a Emanuela Fanelli
Un momento dell'intervista a Emanuela Fanelli

Nel processo di normalizzazione di Cattelan necessario ad una sana e spensierata fruizione dei suoi prodotti, dovremmo quindi smetterla di attenderlo, di vedere in lui il salvatore della Tv italiana. Questa accoglienza messianica non ha portato a nulla di buono in questi anni. La televisione non si presta più a questo genere di rivoluzioni e, tocca dirselo una volta per tutte, non c'è bisogno che sia rivoluzionaria per essere ben fatta. Se c'è un merito da riconoscere a Cattelan e il suo gruppo di lavoro è di aver trovato una via per essere riconoscibili. In Italia Cattelan ha imposto un nuovo standard, croce e delizia di chiunque riesca in questo obiettivo, qualunque sia l'ambito. Solo se lo libereremo a se si libererà da queste catene, potrà trovare il suo Sanremo e scoprire nuove strade, ma è giusto che al momento batta quella che meglio di chiunque ha saputo percorrere e in cui si sente a suo agio.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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