
La rottura della bolla di isolamento del Grande Fratello era quasi inevitabile, troppo pressante era l'attualità perché i concorrenti non venissero messi al corrente di quanto sta accadendo in Medio Oriente, le notizie legate alla pace, il cessate il fuoco a Gaza.
Maneggiare certi temi, tuttavia, non è per tutti. Quello che è successo al Grande Fratello del 13 ottobre era sì necessario, ma da maneggiare con cura. Parlare di guerra – e di pace – in sede di reality, significa muoversi in un territorio in cui i linguaggi si intrecciano e accavallano, dove lo scivolone è dietro l'angolo. Ne avevamo parlato mesi fa, sottolineando la capacità di Veronica Gentili di aprire una parentesi sul tema Gaza all'Isola dei Famosi e farlo in modo credibile. Dal canto suo Simona Ventura, che pure è tra le migliori conduttrici del panorama nazionale, ha faticato a districarsi in un territorio che non è il suo.
La conduttrice ha provato a fare leva sull'aspetto sentimentale, come era normale fosse per lei che non possiede il rigore giornalistico per affrontare certe questioni, ma in questo c'è da dire che nemmeno gli inquilini in casa le hanno dato una mano. Ventura si attendeva una reazione di gioia ed entusiasmo che non c'è stata, per lo meno non in quegli interlocutori ai quali ha chiesto di esprimere un pensiero. La concorrente di origini palestinesi Rasha, attorno alla quale è stato costruito l'intero momento, ha prima reagito con una timida soddisfazione, per poi confessare ai compagni di viaggio di non avere esultato perché la cosa le sarebbe parsa "falsa".
Per evitare che queste parole abbiano le sembianze di una stroncatura che non è, bensì una riflessione, va ribadito che aprire una finestra su Gaza era inevitabile, date le circostanze, data la situazione al momento dell'ingresso in casa del gruppo e le evoluzioni degli ultimi giorni. Non si discute l'intenzione, si ragiona del risultato. Il discorso di Ventura ai ragazzi, tra riferimenti ai "palestinesi che stanno tornando a casa" e i ringraziamenti a Trump, calato tra applausi del pubblico e le espressioni di commozione vera o presunta sui volti dei presenti in studio, da dovere di cronaca misto a opportunità di racconto ha finito per assumere, involontariamente, le sembianze della propaganda.
