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Guido Meda: “I miei tormentoni nascevano dal furore creativo degli inizi, oggi sono più stabile”

Il giornalista di Sky, voce della Moto GP, si racconta a Fanpage.it alla vigilia dell’inizio di stagione, ripercorrendo vent’anni di carriera a raccontare corse: “La novità Sprint race? Vedo bene un contenuto competitivo al sabato che non dissacri la gara della domenica. Sul ricambio generazionale dopo l’era d’oro della Moto Gp: “Ho nostalgia per i nomi che ho accompagnato per 20 anni, ma il futuro di questo sport mi entusiasma”.
A cura di Andrea Parrella
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La stagione di motociclismo riparte dal Gp del Portogallo, dove dal 24 al 26 marzo sarà si svolgerà il primo weekend della stagione, con Pecco Bagnaia chiamato a difendere il suo titolo di campione del mondo e gli antagonisti che proveranno a sfilarglielo. A raccontare il tutto in Tv (dalle 15 di domenica su Sky Sport MotoGP e Sky Sport Uno e in streaming su NOW) troveremo anche quest'anno la voce (e il volto) di Guido Meda, che ha decisamente coniato e plasmato il racconto moderno di queste competizioni in Tv, caratterizzandole con uno stile inconfondibile, fatto di accenti e tormentoni popolari quanto quelli di alcuni telecronisti calcistici. Lo abbiamo intervistato in occasione della presentazione della stagione motori Sky all'autodromo di Monza.

Partiamo dalle novità, su tutte la Sprint Race (quella del Gp del Portogallo sarà anche in streaming su skysport.it e sul canale YouTube di Sky). Che idea hai?

Ho detto sì da subito, soprattutto per la mia anima televisiva che vede bene la possibilità di un contenuto competitivo al sabato che non dissacri la gara della domenica, mi diverto di più a commentare una gara in più che una in meno. Di certo mi metto nei panni dei piloti e capisco che sia un accumulo di stress ulteriore, ma dico anche che la Superbike ne fa tre in un weekend e i chilometri fatti nel fine settimana restano gli stessi. Rischia di essere un po' lana caprina contestare la Sprint race tout court. Ovviamente capisco che i manager facciano il loro lavoro e chiedano che ai piloti si riconosca una gara in più.

Ricambio generazionale in Moto GP, questo sembra l'anno definitivo. Cosa ti aspetti? Credi possa venir fuori qualche nuova rivalità?

Sì, assolutamente. Ora capisco che prima eravamo tutti orfani di Valentino, ma devo dire che la stagione televisiva è stata comunque eccellente sotto il profilo degli ascolti, nonostante un calo fisiologico. Il binomio rosso Ducati-Bagnaia così forte, un Bastianini così forte, sono elementi che ci hanno aiutato molto. Però Bagnaia, Quartararo, Bastianini sono già nomi che profumano fortemente di ricambio. Al di là della nostalgia per quei nomi che ho accompagnato per 15-20 anni nella vita, non diffidenza verso i nuovi, anzi mi piace l'idea di scoprirli e anche di accompagnarli a scoprirsi.

Quale può essere il ruolo di Marquez?

È curioso pensare che lui stia diventando un po' l'anziano del gruppo. Gli italiani possono avere tutti gli atteggiamenti che vogliono contro Marquez, ma oggettivamente quando sta bene resta un riferimento. Se lui e la sua moto tornano ad essere performanti, non può che essere un grande valore aggiunto. Che bello deve essere vedere Marquez che duella con gli altri?

Escludi, dunque, che possa essere nella sua fase crepuscolare?

Non vivo Marquez come uno in una fase crepuscolare, mentre ho vissuto in maniera molto tangibile la fase finale e difficoltosa di Valentino, che aveva ancora un'integrità fisica e delle difficoltà di altro genere, probabilmente anche un po' tecniche, a primeggiare. Marquez è un pilota ancora nel fiore degli anni e di energia, che ha avuto una serie di guai fisici importanti che si sono ripercossi sugli sviluppi di una moto che senza di lui è rimasta un po' al palo. Credo vedremo un gran Marquez, magari non quello pre-incidente, ma comunque vicino.

Sei evidentemente un personaggio che ha coniato il racconto moderno del motociclismo in Italia. Il passaggio da generalista a Sky ha significato un cambio di rotta, o consideri il tuo approccio immutato?

Ormai sono passati diversi anni, diciamo che lo considero un problema superato. Sky richiede probabilmente un'attenzione maggiore alla realizzazione e ideazione, anche perché c'è un canale dedicato che va riempito di contenuti. Mi si è aggiunta tutta una parte organizzativa o di leadership che prima avevo meno. Dal punto di vista del racconto non credo di essermi trasfigurato, penso Sky mi abbia voluto proprio per come raccontavo questo sport e mi hanno lasciato libero di essere integro e non diverso da me stesso. È quello che ho fatto, direi.

Sapere di parlare a una platea che ti sceglie e non va più "conquistata", ti svincola ad esempio da logiche come quella del tormentone, che ha fortemente contribuito alla tua notorietà?

Non è sbagliato. Non è che io fossi preda di una ricerca razionale del tormentone o del meccanismo lessicale che funzionasse, diciamo che c'è stato un periodo della mia vita in cui ero protagonista spontaneo di quello che succedeva ed è chiaro che, essendo agli inizi, se vedevo funzionare un tormentone ci mettevo una malizia tecnica nel riutilizzarlo. Questa fase forse è superata, anche perché credo che la mia personalità sia consolidata, qualche tormentone potrà rinascere o magari no, ma di certo sono più stabile da questo punto di vista. Ho meno furore creativo rispetto a prima nel mio racconto.

È ovvio che sei un termine di paragone, percepisci che ci sia un territorio in cui crescono tuoi emuli?

Sì e no. Non so se crescano inseguendo me o cercando di imitare me, o se banalmente, forse, ero un po' in anticipo io su un linguaggio che oggi è di dominio pubblico e di tutti. Io ho sempre scelto una modalità molto diretta, che forse oggi è assimilabile a quella dei social, parlare senza complicare la frase, in modo molto franco, andare al nocciolo, non rinunciare a niente della propria ironia: mi sembra che sia l'arma vincente di molta gente che i contenuti oggi se li fa in casa e li veicola su altri mezzi. Per cui non sono tanto io il riferimento, ma ho avuto la fortuna di avere un linguaggio in linea con i tempi. È la prima volta che ci penso, mi ci obblighi tu a pensarci e fare un discorso autoreferenziale, però diciamo che i miei 21-22 anni di cronache li ho fatti, posso considerarmi un longevo e, senza sembrare presuntuoso, se una persona è longeva credo lo sia perché funziona.

"Parto in quarta" è una nuova rubrica con protagonista Fabio Quartararo. È un elemento di novità, integra un protagonista nel racconto della stagione. Questa cosa non rischia di alterare il rapporto che deve esserci tra giornalista e pilota?

No, assolutamente. Non è che il fatto che lui ci racconti la musica che gli piace, o il suo piatto preferito, mi distoglierà dalla possibilità di essere critico o spietato se dovesse sbagliare. Non è mai successo, ne abbiamo avuti tanti altri. Rovesciamola: diciamo che io ho l'attitudine ad essere sempre molto indulgente nei confronti del prossimo, non ho mai usato la cattiveria nei loro confronti. Ragiono prima da essere umano che da giornalista e dico che se uno sbaglia, in linea di massima lo fa in buona fede e gli do una seconda chance, ma in generale non ho mai avuto un approccio punitivo, né condizionamenti. Dovrei pormi eguale problema perché nel promo della stagione c'è Bagnaia? No, perché è campione del mondo e ci sta. Ho avuto un rapporto straordinario con Valentino Rossi, ma negli anni difficili della sua carriera, quando è finito nelle retrovie è uscito dai nostri discorsi. Poi ho avuto critici che dicevano parlassi solo di Rossi, ma non è vero.

D'altronde parliamo di un personaggio che ha polarizzato così tanto il discorso da non poter essere paragonato a nessuno. 

Certo, era unico.

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