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Vincenzo Mollica: “Sapevo che avrei perso la vista all’età di 7 anni”

La rivelazione di Vincenzo Mollica in una intervista a Walter Veltroni per il Corriere della Sera: “Ho saputo a sette anni che avrei perso la vista e imparavo a memoria le strade e i colori”.
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Vincenzo Mollica è stato di recente grande protagonista a Viva Rai2! e al Corriere della Sera, in una lunga intervista con Walter Veltroni, racconta senza filtri la sua malattia: "Ho saputo a sette anni che avrei perso la vista e imparavo a memoria le strade e i colori".

Le parole di Vincenzo Mollica

Vincenzo Mollica ha rivelato di aver scoperto molto presto che avrebbe perso la vista: "L'ho scoperto a sette anni", ha dichiarato. Il suo racconto è lucido e coinvolgente:

I miei mi avevano portato a fare una visita in un Comune chiamato, pensa tu, Ardore. Si erano accorti che qualcosa non andava, dall’occhio sinistro non vedevo. Loro erano rimasti nello studio del medico, io nella sala d’attesa, a origliare. Sentii distintamente: “Devo dirvi che vostro figlio diventerà cieco”. Loro erano scioccati e non miriferirono nulla. Io andai a casa e cercai quella parola sul vocabolario. Ma non avevo bisogno, bastava che chiudessi l’occhio destro e precipitavo nel buio». Come hai fronteggiato l’avanzare della malattia? «Fin da allora ho adottato una tecnica. Ho mandato a memoria tutte le strade, tutte le stanze, tutti gli alberi. Li so, per averli visti. Per verificare chiudevo l’occhio destro e controllavo se la mia memoria aveva immagazzinato tutto. A Sanremo o a Venezia mi bastava uno sguardo per fare una panoramica di luoghi e persone. Ho sempre scritto tutto a mano, ma negli ultimi anni non ho più potuto farlo. Così gli articoli ora me li compongo nella testa, come fosse un foglio bianco. Voglio sentire, in qualche modo vedere, le lettere che si assemblano: la forma austera della B, il carattere sbarazzino della T. Per tutta la vita ho sempre girato con un bloc-notes nella tasca. Ogni tanto, infatti, Alda Merini mi telefonava per dettarmi una delle sue poesie. E io dovevo essere pronto per trascriverla.

"Mi sono sempre messo al servizio del pubblico"

Il giornalista è una istituzione del servizio pubblico e quando gli viene chiesto qual è il segreto suo, perché tutti gli vogliono bene, lui risponde:

Dici? Non me lo spiego.Non mi ero accorto di così tanto affetto come da quando sono in pensione. Posso solo dirti che ho sempre cercato di comportarmi bene e non ho mai negato a nessuno un sorriso, che è sempre stato, è anche oggi, l’espressione del mio modo di guardare alla vita. Io in effetti non parlavo male dei film o dei dischi che non mi piacevano. Se potevo non ne parlavo, oppure usavo l’arma dell’ironia. So quanta fatica c’è nella realizzazione di una qualsiasi opera dell’ingegno e mi sembra giusto rispettare sempre quel lavoro. Ho imparato da Emilio Rossi e Nuccio Fava, al Tg1, e da Enzo Biagi a Linea Diretta cosa significa servizio pubblico. Significa davvero mettersi al servizio del pubblico e pensavo che il mio dovere fosse sempre proporre qualcosa che mi era piaciuto e mi aveva emozionato.

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