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Ricordare Toto Cutugno con il folle Dopofestival di Elio e Le Storie Tese

La carriera di Toto Cutugno meriterebbe ben altri elogi, ma c’è stato un momento preciso, a Sanremo nel 2008, in cui l’artista è stato protagonista di una delle esperienze televisive più creative e folli della storia recente, che merita di essere ricordata.
A cura di Andrea Parrella
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A 80 anni se n'è andato Toto Cutugno. Emblema della musica italiana nel mondo, è stato un artista che ha segnato la nostra canzone e il modo in cui questa è stata concepita all'estero. Personaggio spigoloso, di quelli ai quali la critica ha concesso a fatica la patente di simbolo. Personaggi dalla carriera immensa come quella di Cotugno sono difficili da catalogare in una definizione e, specialmente per chi come il sottoscritto ha avuto modo di conoscerlo a posteriori rispetto ai momenti più alti della sua carriera, la televisione ha avuto un ruolo cruciale nel tracciare nella mia testa un'immagine potente ed eterna di Toto Cutugno, legata a una delle circostanze più folli e creative che la Rai possa vantare: il Dopofestival di Sanremo affidato a Elio e Le Storie Tese. Chi ricorda, sa dove si voglia andare a parare, chi non sa e si chiede cosa c'entrino Cutugno e la sua morte sta per scoprirlo.

Qualche elemento di contesto. Siamo nel 2008, Pippo Baudo è incaricato dalla Rai per quello che si rivelerà l'ultimo Festival di Sanremo della sua carriera. L'addio di Pippo è in qualche modo nell'aria, giunto com'era al suo quinto ritorno alla conduzione della kermesse. Per questa uscita di scena si concede un tocco di follia, delegando a Elio e Le Storie Tese l'organizzazione del Dopofestival. Mai scelta si rivelò più azzeccata e qui veniamo a Toto Cutugno.

Un momento del Dopofestival nel 2008
Un momento del Dopofestival nel 2008

Il tredicesimo Sanremo di Baudo è una sorta di summa dei Sanremo di Baudo, cast compreso, in cui figurano molti tra quelli che hanno segnato il percorso del conduttore nella manifestazione, o comunque la storia del Festival. Tra loro c'è proprio Toto Cutugno, che porta in gara "Un falco chiuso in gabbia". La canzone, che alla fine si piazzerà al quarto posto, è tra le prime a finire nel format geniale ideato dagli Elii. La band sceglie di rileggere le canzoni a modo suo, reinterpretando i pezzi in gara con medley e mash up frutto di un mix di canzoni degli stessi artisti e grandi classici della musica internazionale.

"Un falco chiuso in gabbia" di Cutugno si trasforma quindi in un'escursione che parte dalla canzone originale, passa inevitabilmente da L'Italiano e arriva a Isn't She Lovely di Stevie Wonder, su cui Elio intona codesta strofa: Toto Cutugno / io darei un pugno/ a chi non ti idolatra / come Sinatra Frank / tu sei The Voice e a tutti noi / sai dare italianità / Toto Cutugno supersax. A quel punto Cutugno entra in studio suonando il sax sulle note della canzone di Stevie Wonder, poi pochi minuti dopo avrebbe litigato con i giornalisti in sala e questa è un'altra storia.

L'eterno secondo, questo l'ingeneroso soprannome che gli avevano affibbiato, un artista che era stato anche schivo, in quella situazione si metteva in gioco lasciandosi trasportare da una ventata di autoironia che gli faceva spiccare il volo, perché quando sai ridere di te diventi invincibile. Per chi guardava in diretta, al tempo, non pareva vero di vedere una cosa del genere. Una sintesi di follia, estro creativo e di contesto, che è l'unico ingrediente per una televisione che possa funzionare e impreimersi nella memoria della gente. Soprattutto grazie a quella perla, che qui trovate riproposta in bassa qualità video su Youtube, il Dopofestival degli Elii resta un'esperienza televisiva mistica, irripetibile e mai più replicata, che meriterebbe di stare in quelle famose teche Rai in cui, invece, non pare essere conservata. Grazie a loro e grazie a Toto Cutugno supersax.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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