
Dieci milioni di visualizzazioni in due puntate. Solo su YouTube, senza contare le clip spezzettate su TikTok, Instagram, le condivisioni, i commenti, il passaparola digitale, ogni singola parodia che amplifica ogni frase pronunciata a Falsissimo. Numeri che farebbero impallidire qualsiasi programma televisivo in prima serata, ottenuti da uno studio dove Fabrizio Corona siede su una sedia, sfondo nero, per raccontare la sua verità. O meglio, costruisce la sua narrazione. Perché di questo si tratta: non di cronaca giudiziaria, non di inchiesta giornalistica, ma di storytelling puro. E Fabrizio Corona, in questo, è un maestro assoluto.
Il caso Signorini può finire in mille modi diversi. Può portare a indagini, archiviazioni, condanne o assoluzioni. Ma dal punto di vista dell'immagine pubblica, della costruzione del consenso, della capacità di penetrare nell'immaginario collettivo, Corona ha già vinto. Ha vinto nel momento in cui è riuscito a trasformare se stesso in una sorta di paladino della verità contro il "sistema". Nonostante, al momento in cui scriviamo, l'unico indagato è lui. Questo miracolo narrativo è un fenomeno da studiare.

Il populista perfetto per la seconda metà degli anni '20 del Duemila
Corona ha capito perfettamente i meccanismi che governano questa epoca. Non serve avere ragione, serve avere una storia convincente. Non importa chi sei davvero, importa chi il pubblico crede che tu sia. E lui si è costruito addosso il vestito dell'outsider che sfida i potenti, dell'uomo che dice quello che gli altri non hanno il coraggio di dire, del ribelle che combatte un sistema corrotto mentre tutti gli altri lo proteggono.
È un copione rodato, collaudato in decenni di populismo politico e mediatico. Trova un nemico potente, costruisci un racconto manicheo dove da una parte ci sono i puri (tu e il tuo pubblico) e dall'altra i corrotti (il sistema e chi lo difende), attacca chiunque osi mettere in dubbio la tua narrazione accusandolo di essere complice, e il gioco è fatto. Corona non ha inventato nulla, ha semplicemente applicato alla perfezione una formula che funziona da sempre.
Perché Alfonso Signorini è il nemico perfetto
Alfonso Signorini è il nemico perfetto per questa operazione. Potente, visibile, simbolo di un certo establishment televisivo. Direttore editoriale di Chi, conduttore del Grande Fratello, figura centrale nel mondo dello spettacolo italiano. Abbatterlo significherebbe colpire Mondadori e Mediaset insieme. Colpire la Famiglia Berlusconi. Dimostrare che anche i più potenti possono cadere, che il sistema può essere scardinato, che la verità può emergere anche quando tutti cercano di soffocarla. Poco importa, in questa logica, se le accuse siano vere o false. Importa che siano credibili, che risuonino con un sentimento già diffuso di sfiducia verso i potenti. E i prossimi a finire sotto questa macchina perfetta potrebbero essere altri potenti come Signorini, li ha pure nominati in una delle due puntate de "Il prezzo del successo".
L'attacco alla stampa: il pezzo mancante della strategia
Per rendere perfetto tutto questo, Corona ha aggiunto un elemento in più, che ha reso la sua operazione ancora più efficace: l'attacco frontale ai media tradizionali. Anche a noi di Fanpage.it. Corona ha lasciato intendere che giornali e televisioni che non parlano del caso, o lo hanno fatto tardi, che hanno minimizzato, che hanno protetto Signorini perché fa parte del loro mondo. La narrazione è quella classica: loro non vi dicono la verità, io sì. Loro difendono i potenti, io difendo voi. Loro sono il sistema, io sono la voce libera.
E se i giornali raccontano anche la versione di Signorini, se riportano le dichiarazioni del suo avvocato, se sottolineano che l'unico indagato al momento è Corona stesso, allora sono complici. Semplice, efficace, inattaccabile. Questa strategia ha un doppio vantaggio. Da un lato delegittima qualsiasi voce critica, etichettandola come parte del sistema. Dall'altro crea un senso di appartenenza esclusiva nel pubblico di Falsissimo: voi che mi seguite siete gli unici che conoscono la verità, tutti gli altri sono ciechi o complici. È la costruzione di una comunità che si alimenta di un senso di superiorità morale e informativa rispetto al resto della società. È quello che Jason Brennan dice dividendo gli elettori in tre categorie: hobbits, hooligans e vulcans.
I primi, gli hobbits, sono quelli "ignoranti sui fatti e sugli avvenimenti attuali, non conoscono teorie scientifiche, non posseggono dati per valutare o comprendere quei fenomeni". I secondi, gli hooligans, sono "gli ultras". Hanno convinzioni forti, presentano tesi a supporto delle proprie credenze, sono politicamente informati ma tendono a leggere solo informazioni di parte. I vulcans, invece, affrontano la politica (e la vita tutta) "con approccio scientifico e razionale". Sono consapevoli e fiduciosi della forza delle proprie idee nella misura in cui esse sono supportate da evidenze empiriche". È chiarissimo che Corona punti ai primi due. E che contro Corona, i terzi non hanno alcuna speranza.
Il paradosso dell'indagato vincente
Arriviamo al cuore del paradosso. Al momento, l'unico indagato in questa vicenda è Fabrizio Corona. L'accusa è revenge porn, reato che punisce chi diffonde immagini a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso degli interessati, ma anche chi le riceve dopo averle esplicitamente richieste a fini divulgativi. Domenica scorsa la Polizia ha perquisito la sua abitazione, la sede della società che produce Falsissimo, gli studi di produzione. Il suo avvocato ha dovuto gestire un interrogatorio davanti ai pm milanesi.
Eppure, nella narrazione costruita attraverso Falsissimo, Corona non è l'indagato ma l'accusatore. Non è lui quello sotto processo (anche se tecnicamente lo è), ma il sistema che cerca di fermarlo. E questo ribaltamento è precisamente ciò che rende la sua operazione vincente sul piano mediatico. Perché qualunque cosa accada nei prossimi mesi, lui avrà comunque una storia da raccontare ai suoi dieci milioni di spettatori.
La logica win-win
Scenario uno: le indagini si allargano, Signorini viene iscritto nel registro degli indagati per violenza sessuale ed estorsione, emergono prove di un sistema di favori sessuali per entrare al Grande Fratello. In questo caso, Corona può dire: "Avete visto? Ve l'avevo detto io. Tutti cercavano di fermarmi, di screditarmi, di zittirmi. Ma la verità è emersa. Il sistema esiste, e io l'ho smascherato".
Scenario due: le indagini non trovano riscontri, tutto finisce con archiviazioni o nessuna nuova inchiesta, Signorini non viene toccato dalla giustizia. Corona può dire: "Avete visto? Questo è il potere. Questo è il sistema che si protegge. Io ho portato prove, testimonianze, ma loro sono troppo forti. Controllano tutto, anche la magistratura". E magari aggiunge: "L'unico che viene perseguitato sono io. Perché? Perché ho osato dire la verità".
In entrambi i casi, la narrazione di Fabrizio Corona resta coerente. In entrambi i casi, esce da vincitore agli occhi del suo pubblico. Se ha ragione, ha vinto perché può dire che il sistema è stato smascherato. Se ha torto, ha vinto lo stesso perché potrà dire che il sistema ha dimostrato di essere ancora più potente e corrotto di quanto lui stesso immaginasse. È una partita truccata dall'inizio, dove l'esito processuale è irrilevante rispetto all'esito mediatico. Nel teatro dell'opinione pubblica contemporanea, i fatti passano in secondo piano rispetto alla forza della narrazione. E la narrazione di Corona, bisogna ammetterlo, è maledettamente efficace.