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Nicoletta Romanoff madre di 4 figli avuti da 3 uomini diversi: “Critiche dal medico che doveva farmi partorire”

Giudicata per avere avuto quattro figli da tre uomini diversi. È quanto l’attrice Nicoletta Romanoff racconta nel suo libro. Una pagina violenta che risale a poco prima della nascita della sua ultima bambina.
A cura di Stefania Rocco
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Giudicata in sala parto per le scelte fatte nella vita. È il racconto, crudo e personale, che Nicoletta Romanoff ha deciso di condividere ne Il tralcio alla vite, il suo primo libro. Un racconto intimo, in cui l’attrice – oggi 46 anni e madre di quattro figli – affronta temi come il dolore, la maternità, la fede e il pregiudizio.

Proprio nel libro, Romanoff riversa un ricordo. Madre di quattro figli nati da tre uomini diversi, l’attrice stava per dare alla luce la sua quarta bambina (Anna, dal legame con il compagno Federico Alverà) quando il medico che avrebbe dovuto seguirla la criticò severamente per le scelte sentimentali compiute. “È un giudizio al quale sono purtroppo abituata”, racconta in un’intervista rilasciata a Vanity Fair, “Certo, non me l’aspettavo in quel momento da un medico… ma che devi fare? Come ho scritto nel libro, in quel momento ho chiuso gli occhi e ho detto: Signore mio, meno male che tu non mi giudichi con questa severità”.

I figli di Nicoletta Romanoff

Romanoff è madre di quattro figli: Francesco e Gabriele, nati dalla relazione con il produttore Federico Scardamaglia; Maria, avuta con l’attore Giorgio Pasotti; e infine Anna, nata nel 2018 dalla relazione con Alverà. Un percorso di vita che, fuori dalla retorica familiare, l’ha resa bersaglio di commenti, insinuazioni e disapprovazione. E che lei ha scelto di raccontare con lucidità, consapevole di quanto il pregiudizio, soprattutto quando arriva da chi ha scelto di fare del benessere altrui la propria missione professionale, possa ferire.

La morte del fratello Enzo e il percorso di Fede

Il libro parte da una ferita profonda: la morte del fratello Enzo Manfredi, suicidatosi nel 1997, quando lei aveva solo 18 anni. “Non ho mai provato rabbia per quel gesto”, confessa, “La tristezza era troppo grande, non lasciava spazio ad altro”. Da allora, Nicoletta ha imparato a convivere con il dolore, spesso nascosto sotto una patina brillante: “Mi vergognavo di stare male, non volevo appesantire il dolore dei miei genitori. Ma con il tempo ho capito che non c'è niente di più autentico della vulnerabilità”.

Ad aiutarla a superare i momenti più drammatici è stato il lungo percorso spirituale affrontato: dieci anni per ottenere l’annullamento del matrimonio religioso e poter ricevere di nuovo l’Eucarestia. Anche in questo caso, quello verso Dio non è stato un cammino privo di ostacoli: “Come nella medicina, anche nella Chiesa puoi trovare qualcuno che ti ferisce con parole dure e qualcun altro che ti accoglie. Sono le persone a fare la differenza”.

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