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Nicole, superstite Concordia: “Aspettavo la morte tra corpi calpestati e deliri. Disprezzo Schettino”

Il 13 gennaio 2012, il naufragio della Costa Concordia, che ha causato 32 morti e 110 feriti. La modella Nicole Di Mario era a bordo di quella nave. A Fanpage.it ha raccontato: “Avevo 15 anni e aspettavo la morte. Per Schettino, disprezzo e tanta rabbia”.
A cura di Daniela Seclì
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Nicole Di Mario e Francesco Schettino
Nicole Di Mario e Francesco Schettino

Il 13 gennaio 2012, il naufragio della Costa Concordia. La nave da crociera affidata al Comandante Francesco Schettino, naufragava nei pressi dell'Isola del Giglio dopo essere entrata in collisione con gli scogli delle Scole. Un disastro che ha causato 32 morti e 110 feriti. A bordo della nave, anche la modella Nicole Di Mario, Miss Europe Continental 2014 e volto di trasmissioni Mediaset come La Pupa e il Secchione.

Intervistata da Fanpage.it, la 26enne ha ripercorso quella tragica notte. È la prima volta che ne parla, perché il trauma vissuto non è stato facile da metabolizzare. Nel suo racconto, tutte le sfaccettature dell'animo umano: l'egoismo di chi passava sopra i corpi dei passeggeri feriti pur di raggiungere le scialuppe, la viltà di chi ha abbandonato la nave, il coraggio di chi ha rischiato la propria vita per salvarne altre, l'avidità di chi ha lucrato sulla tragedia vendendo i video girati a bordo.

Torniamo a quel 13 gennaio 2012. Quanti anni avevi e come mai eri sulla Costa Concordia?

Avevo 15 anni. Sulla Concordia si teneva un reality di parrucchieri ed ero stata assunta come modella insieme ad altre ragazze. Ero minorenne e mia madre non volle lasciarmi da sola. E poi, pensava fosse una buona occasione per fare la sua prima crociera. Così, lei e mia sorella, più piccola di me di due anni, decisero di accompagnarmi.

Con quale stato d'animo sei partita?

Ero entusiasta, muovevo i primi passi come modella e contemporaneamente realizzavo il desiderio di mia madre di fare un viaggio. Mio padre era rimasto a Roma per lavoro. Siamo salite a bordo verso le ore 14. Dopo un meeting con le mie colleghe, abbiamo raggiunto il ristorante per la cena. Erano le 21 circa.

Sopravvissuta al naufragio della Costa Concordia, la storia di Nicole Di Mario

Il naufragio della Costa Concordia
Il naufragio della Costa Concordia

Alle ore 21:45:07 del 13 gennaio, la nave si è scontrata con gli scogli delle Scole nei pressi dell’Isola del Giglio. Si è creata una falla di 35 metri. Cosa ricordi di quel momento?

Ero al ristorante e stavo attendendo il primo. Mi versai l'acqua e il bicchiere mi sfuggì di mano. Pensai che stessi avendo uno svenimento. Mi guardai intorno e vidi che la nave si piegava su un lato e sul pavimento c'era di tutto, piatti e bicchieri rotti. I camerieri cercavano di tenere i vassoi senza riuscirci. Capimmo che dovevamo scappare, ma non sapevamo dove andare perché nessuno ci dava indicazioni e correre su tutti quei cocci era un'impresa. Eravamo completamente allo sbando.

Confermi che inizialmente sminuirono l'accaduto?

Ci dissero di tornare nelle stanze perché non stava succedendo nulla, che si trattava solo di un guasto. Provai a tornare in cabina per recuperare i giubbotti di salvataggio, ma non avevo la più pallida idea di dove fosse la mia stanza. Con il blackout in corso, la nave sembrava un buio labirinto, non vedevo niente. Poi ho sentito una sorta di spinta sulle spalle che mi indirizzava e sono inciampata su una porta. Ho alzato gli occhi e c'era il numero della mia stanza. Credo che mio nonno, a cui ero legatissima, mi abbia aiutato.

Sola, al buio, senza alcuna indicazione su cosa fare. Cosa ti è passato per la mente? 

Premetto che una volta arrivata nella mia stanza, la situazione è peggiorata. La nave si è piegata dal lato opposto. La porta si è chiusa e, dato che la corrente elettrica non c'era, sono rimasta bloccata dentro. La chiave elettronica non funzionava. Il primo istinto è stato quello di buttarmi in mare dal balcone. Mi sono affacciata e ho visto la Concordia inclinata, si vedeva il fondo della nave. Tuffandomi, mi sarei schiantata su un altro balcone. Ancora adesso, se ci penso, mi vengono i brividi. Era inquietante.

Come sei riuscita a uscire dalla stanza?

Ho staccato l'attaccapanni di metallo dal muro e ho colpito la maniglia, che è caduta. La porta si è aperta. Mi sono recata sul ponte della nave per cercare mia madre e mia sorella. Non sarei mai scesa senza di loro. Ripeto, nessuno ci dava indicazioni, nessuno ci dava l'ordine di abbandonare la nave e non ci facevano nemmeno salire sulle scialuppe. C'era il caos totale.

Quali scene fai più fatica a dimenticare?

Ho visto tanta disperazione, ma anche egoismo. C'era chi calpestava i corpi delle persone ferite. Alcuni tedeschi impedivano a un padre con un neonato in braccio di salire sulla scialuppa, avevano formato una catena umana per assicurarsi un posto a bordo. C'era chi se ne stava immobile con lo sguardo fisso nel vuoto e chi crollava in ginocchio e pregava, altri deliravano. Vedevi la paura nei loro occhi. Persone spaesate, che non ce la facevano nemmeno più a disperarsi. Alcuni si buttavano in mare e venivano risucchiati dal gorgo della nave. E poi urla, pianti, bambini terrorizzati, scene di dolore, persone che chiamavano a casa e dicevano: "Addio, sto morendo, salutami tutti".

Sei riuscita a ricongiungerti con tua madre e tua sorella?

Mi sono messa a correre sul ponte come una pazza, urlando i loro nomi. Non riuscivo neanche a stare in piedi perché la nave era piegata. Cercavo di non calpestare le persone come facevano gli altri. Ho notato un bambino senza giubbotto di salvataggio e gli ho dato il mio. Poi ho visto un'altra pazza come me che correva gridando il mio nome (sorride, ndr). Era mia madre. Aveva lasciato mia sorella in fila per una scialuppa. Ci siamo date un abbraccio così forte che sembrava ci fossimo salvate, in realtà ci eravamo solo ritrovate.

Poi vi siete recate alle scialuppe?

Sì, a gestirle c'erano i filippini che lavoravano sulla Concordia. Percorrendo una strettissima e pericolante passerella di legno, siamo salite sulla scialuppa. Il filippino che avrebbe dovuto guidarla, però, non era in grado di accenderla. Eravamo in balia del mare.

Quindi neanche in quel momento ti sei sentita finalmente al sicuro?

No, ho provato tanta paura. Mi mancava l'aria, c'erano tante persone accalcate. Vedevo questa nave enorme sopra di noi. Pensavo: "Ora affonda e ci porta con sé". Mi dava un senso di oppressione, ma facevo finta di niente. Mia sorella, essendo più piccola, super sensibile, piangeva e continuava a dire: "Mamma ti prego, non voglio morire", questa era la cosa che mi faceva più male. Dopo ho scoperto che aveva giocato tutto il pomeriggio nelle piscine con Dayana Arlotti, la bambina di 6 anni che poi purtroppo non ce l'ha fatta.

Naufragio della Costa Concordia, 32 morti e 110 feriti

Quando sono state diffuse le cause della morte delle vittime, si è appreso che alcune di loro si sono tuffate in acqua dopo non aver trovato posto sulle scialuppe. Ci pensi mai a questo dettaglio?

Questo pensiero mi perseguita. Potevo essere al posto di uno di loro. Ho visto la morte in faccia. Un conto è morire all'improvviso, un altro è aspettare la morte. Io avevo 15 anni ed ero in attesa della morte. Il senso di colpa mi divorava perché mia madre e mia sorella erano in quella situazione a causa mia.

Come siete riusciti a raggiungere l'Isola del Giglio?

Un ufficiale si è tuffato dalla nave e ha raggiunto la nostra scialuppa. Il panico era tale che la gente ha iniziato a dargli calci per non farlo salire. A bordo eravamo già troppi e temevano che fosse impazzito e volesse farci affondare. Ci ha spiegato che ci voleva aiutare, che avrebbe guidato la scialuppa. Così siamo riusciti a tornare sulla terra ferma. Grazie a lui siamo vivi, purtroppo non conosco il suo nome.

Nicole Di Mario e la sorella nel convento che le ha ospitate dopo essere sopravvissute al naufragio
Nicole Di Mario e la sorella nel convento che le ha ospitate dopo essere sopravvissute al naufragio

Credo si debba rimarcare la straordinaria solidarietà degli abitanti dell'Isola del Giglio e del vicesindaco Mario Pellegrini.

Per noi sono stati luce, accoglienza, casa, speranza. La fine dell'incubo. Quando siamo scesi dalla nave, avevano acceso le luci nelle case e aperto le porte per accoglierci. È stata la cosa più bella del mondo. Una catena di solidarietà da parte di persone sconosciute, che ci hanno accolto, ci hanno dato coperte, vestiti, i loro pigiami, i calzini, tisane calde e ci asciugavano i capelli.

Chi ha accolto te e la tua famiglia?

Un convento di suore. Ci hanno dato tutto, ci hanno fatto dormire nei loro letti. Ad oggi non ci sono ancora riuscita, ma il mio obiettivo è tornare all'Isola del Giglio e ringraziare queste persone. Sarò sempre grata anche al vicesindaco che salì sulla nave, al Comandante De Falco e a tutti coloro che quella notte hanno rischiato la vita per salvarci. Sono cambiata anche grazie a loro.

In che modo questa tragedia ti ha cambiato?

Mi ha fatto capire quanto sia importante tendere una mano. Cerco di restituire l'aiuto che quelle persone hanno dato a me. Se vedo qualcuno in difficoltà, il suo problema diventa mio. Faccio volontariato, mi rendo utile. E poi guardo la vita con altri occhi, la affronto con il sorriso. Avendo visto la morte in faccia, per me ogni giorno è meraviglioso. Amo la mia famiglia, adoro i miei amici, apprezzo le cose semplici, i piccoli gesti e mi appaga rendere le persone felici. Dopo essere stata tanto male per anni, piano piano sono riuscita a riprendermi.

Schettino condannato a 16 anni: omicidio colposo e abbandono della nave

Francesco Schettino condannato a 16 anni per il naufragio della Costa Concordia
Francesco Schettino condannato a 16 anni per il naufragio della Costa Concordia

Hai qualche ricordo legato al comandante Francesco Schettino?

L'ho visto di sfuggita alla cena di gala, mi è passato vicino, cinque secondi e basta. Non l'ho più visto. Neanche quando è scoppiata la tragedia.

È ormai tristemente nota la registrazione della chiamata in cui il Capitano Gregorio De Falco intima a Schettino di tornare sulla nave con un perentorio: "Vada a bordo, cazzo". Lui si rifiutò di farlo. Cosa hai provato quando hai sentito quella conversazione?

Disprezzo e tanta rabbia. Quando ci hanno spiegato com'era andata, ci siamo chiesti come fosse possibile una cosa del genere. Come si fa a convivere con il peso di aver generato questa tragedia per "l'inchino", per il suo ego personale. Gli errori li possiamo fare tutti, ma lui non ha cercato neanche di rimediare. A me questo provoca rabbia, disprezzo, rancore. Non posso provare altro. Perdonare è impossibile. Ci sta che lui avesse paura, ma tutti eravamo terrorizzati.

Schettino è stato condannato a 16 anni per omicidio colposo e abbandono della nave. Ritieni che le 32 vittime abbiano avuto giustizia? 

Assolutamente no. Tutto quello che abbiamo passato non è quantificabile. Purtroppo la giustizia italiana a volte è imbarazzante. Per un disastro del genere come fai a dare una pena simile? Neanche un anno per ogni vittima. Ma di che stiamo parlando? Vallo a spiegare alle famiglie di chi non è tornato a casa, che gli hanno dato solo 16 anni.

Qual è il primo ricordo all'indomani del naufragio?

Abbiamo preso un traghetto per andare sulla terra ferma. Quando siamo arrivati, c'erano giornalisti, telecamere e microfoni ovunque, ma io vedevo solo mio zio e mio padre che piangevano. Ci hanno abbracciato così forte, che non riuscivo a respirare. C'era tantissima gente che ci guardava e ci toccava come se fossimo tornati dall'aldilà. La cosa che mi ha fatto più impressione è stato vedere dei sopravvissuti che sono corsi dai giornalisti a contrattare e a vendere i video che avevano girato sulla Costa Concordia. Uno schifo infinito, davvero imbarazzante.

Oggi sei riuscita a metabolizzare il trauma della tragedia che hai vissuto o ti porti ancora dietro degli strascichi?

Non ho dormito per non so quante notti. Quando entravo nei ristoranti o in discoteca, cercavo sempre una via di fuga. Siamo stati seguiti da uno psicologo, ma sono traumi che ti rimangono. Quando a 15 anni aspetti la morte con le persone che ami, per forza la vita ti cambia. Per tornare alla normalità ci sono voluti anni. Sei la prima persona a cui rilascio un'intervista. Non ne ho mai parlato perché non ce la facevo. Quando provavo a farlo, scoppiavo a piangere. Ho avuto bisogno di tempo per stare nel mio dolore, accettarlo e poi sconfiggerlo. Adesso ho vinto. Non provo più quella sofferenza, riesco a parlare del naufragio della Concordia senza piangere e senza avere il cuore in gola. Ho ripreso in mano la mia vita.

La modella Nicole Di Mario, sopravvissuta al naufragio della Costa Concordia
La modella Nicole Di Mario, sopravvissuta al naufragio della Costa Concordia
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