Isa Gallinelli: ‘Verdone mi prese dopo un no della Rai. Per uno spot durante la morte di Senna non feci più pubblicità”

Il nome, a primo impatto, potrebbe non dire nulla. Ma il volto e soprattutto la voce di Isa Gallinelli si legano indissolubilmente a decine di film, fiction e persino pubblicità degli anni ottanta e novanta. Una vera e propria icona, nonostante i suoi ruoli secondari – a volte addirittura marginali – che però hanno sempre centrato la missione di risultare indimenticabili.
Classe 1957 e residente ad Ostia fin dai tempi delle scuole medie, l’attrice in realtà risulta nata a Potenza. “Mio padre, romano da sette generazioni, vinse un concorso e decise di trasferirsi in Basilicata perché là aveva dei parenti che avrebbero potuto ospitarlo”, racconta la Gallinelli a Fanpage.it. “Per me fu un posto perfetto dove crescere, l’unico problema è che d’inverno faceva un freddo boia. Successivamente tornammo nel Lazio e da qui non mi sono più spostata”.
Proprio a Roma scoccò l’amore per lo spettacolo: “All’Aracoeli c’era un palchetto su cui tutti i bambini salivano per declamare la classica poesia natalizia. Cominciai con timidezza, poi ci presi gusto. Siccome le poesie che mi davano da leggere non mi piacevano, le allungavo e improvvisavo. Fu così che il tarlo del protagonismo prese il sopravvento”.
La scoperta vera e propria del teatro arrivò poco dopo, grazie alle sorelle più grandi: “Frequentavano il ginnasio e potevano recarsi alle pomeridiane sfruttando biglietti a prezzi stracciati. Riuscivano ciclicamente a ficcarmi dentro e in questo modo iniziai a bazzicare in quel mondo. Avevo appena 12 anni”.

Partì tutto da lì.
Sì, pensavo solo al teatro. Conobbi una compagnia amatoriale e insieme andavamo ad esibirci nei vari festival e feste dell’Unità. Ci pagavano con due caramelle e un lecca lecca, ma per me fu un grande laboratorio. Terminate le scuole superiori avevo due strade: puntare a diventare attrice o fare la giornalista. I miei quando seppero che avrei voluto recitare non reagirono bene e mio padre, che non si era mai mosso per raccomandarmi, riuscì eccezionalmente a rimediarmi un appuntamento col direttore del Paese Sera.
E ci andò?
No, perché morì proprio quella mattina. Pensai: è destino, farò l’attrice. Ma a casa, purtroppo, scoppiò una specie di guerra di Troia.
Non si arrese ed entrò all’Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio d’Amico.
Eravamo in tanti per pochi posti. Feci l’esame d’ammissione e mi presero, tra lo scritto e l’orale ottenni uno dei voti più alti. Era la scuola per me, fu una bella esperienza, al netto delle mille difficoltà. La mia famiglia non mi dava una lira e quei pochi soldi che avevo da parte mi consentivano a malapena di pranzare con un panino. Nel frattempo, per non rompere del tutto con loro, andavo all’Università. Partii con Scienze Politiche e passai in corsa a Lettere. Tuttavia, mollai prima della laurea.
Il motivo?
Perché una volta uscita dall’Accademia mi chiamarono in tantissimi e presi fin da subito a lavorare.
La cercò anche la televisione.
Svolsi un provino per la Tv dei Ragazzi. Mi avevano presa, ma venni fatta fuori il giorno prima di andare in onda. Fu una mazzata. Poco dopo la mia agente dell’epoca mi avvertì che stavano svolgendo un casting per delle comparse da inserire nel film di Verdone, ‘Borotalco’. Non avendo niente da perdere mi presentai ed ebbi la fortuna di beccare proprio Carlo. Si avvicinò, mi guardò e confessò: ‘Lo sai che mi piaci? Non sei una persona costruita come quelle che escono dall’Accademia’. A quel punto replicai: ‘Guardi, io sono uscita dall’Accademia, però ritengo che un’attrice debba saper interpretare qualunque personaggio’. Rise, mi provinò e alla fine tutta la troupe mi batté le mani.
Se fosse entrata alla Tv dei Ragazzi non ci sarebbe stato “Borotalco”.
Esattamente. Mi si era chiusa una porta, ma se n’era aperta una più grande. La Tv dei Ragazzi mi avrebbe assicurato sei mesi di lavoro ben pagato, ma grazie a ‘Borotalco’ non sai per quanto tempo non dovetti più svolgere provini. Fu una manna.

Ho letto che molti abiti di scena erano davvero suoi.
Confermo. Avevo dei pantaloni mimetici con delle nuvolette molto particolari. Mi piacevano tanto e decisero di farmeli indossare. Così come il basco. Pure quello era mio. Il ruolo di Valeria ebbe un grande successo, venni candidata ai David di Donatello come miglior attrice esordiente. Un grandissimo traguardo che mi permise di stringere la mano al presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Come affrontò l’impatto con l’improvvisa popolarità?
Inizialmente mi spaventai. Avevo una testa da teatrante e non ero abituata alle mille chance che arrivavano da cinema e tv. Non ci avevo mai pensato.
Nel 1986 girò “Ferragosto Ok”.
Lavorammo a San Benedetto del Tronto in bassa stagione e stetti benissimo. Avevo preso dei chili di troppo e in quelle settimane riuscii a buttarli giù grazie alle grandi pedalate in bicicletta che facevo sul lungomare. E poi la gente era davvero simpatica e cortese. Peccato che la lavorazione non fosse curata. Spesso le prove diventavano dei ciak ufficiali, con mia sorpresa.
Affiancava un’esordiente e giovanissima Sabrina Salerno.
Era alle prime armi. Non avevo appigli artistici, c’erano molti attori esordienti e provai a fare la simpatica, come mi era stato richiesto. Me la cavai, la buttai in caciara, anche se nella mia carriera ho fatto di meglio. In ogni caso, tutte le estati lo ritirano fuori e lo riprogrammano. Con i diritti di replica qualcosina mi entra ancora in tasca.
In compenso, nel 1988 la ricontattò Verdone.
Devi sapere che ai tempi di ‘Borotalco’ avevo come agente una rubagalline, tanto che per quel film presi 50 mila lire. Quando Carlo lo seppe si incazzò come una belva e mi mandò dal suo uomo di fiducia, Guidarino Guidi. Così facendo, rimasi legata a Verdone che, quando si trattò di girare ‘Compagni di scuola’, mi richiamò. Aveva una mezza idea su ciò che poteva farmi fare.

Fece di nuovo coppia con Eleonora Giorgi.
Il personaggio di Jolanda mi piacque moltissimo. Volli assolutamente differenziarla dalla Valeria di ‘Borotalco’ e diedi vita ad una vera stronza. La gente era abituata a vedermi come una bonacciona, invece in quel film ero antipatica. Verdone è un regista generoso. Ti faceva ripetere le scene fino a quando non ti aveva tirato fuori il meglio. Non lo faceva per sé, bensì per un senso di solidarietà attoriale. Sul set si respirò un’atmosfera che generalmente non trovi. Giravamo in una villa sulla Appia antica, un posto meraviglioso e spesso rimanevamo assieme la sera. Si suonava, si scherzava, si cantava. Le scene più soddisfacenti furono quelle con Alessandro Benvenuti, che impersonava il finto paraplegico. C’era molta armonia tra me e lui.
Tornò in tv con la “Tv delle Ragazze”.
Mi ero inventata un personaggio e mi scrivevo i testi da sola. Smisi quando scoprii che non mi davano nulla di Siae. Davo vita ad una bambina proveniente da una famiglia poverissima che raccontava in una maniera tutta sua la realtà. Aveva a che fare con il degrado e i topi di fogna, eppure descriveva quelle scene dandogli connotazioni positive. Nonostante il gradimento del pubblico, non venni confermata nella seconda stagione.
Contemporaneamente apparve in innumerevoli spot pubblicitari. Quanti ne realizzò?
Una marea, me ce so’ comprata casa con le pubblicità (ride, ndr). Pagavano benissimo. Ho sponsorizzato birre, gelati, caramelle, prodotti per la dieta, automobili. Riuscivo a registrare durante i miei impegni a teatro. In piena tournée capitava di raggiungere Milano, girare e tornare a fare lo spettacolo. Lo spot più brutto fu quello di Cicciobello Rock, mentre il più riuscito fu senza dubbio quello dell’Agip, anche se fui molto sfortunata.
Cosa accadde?
Lo spot andava all’interno del Mondiale di Formula 1. Per puro caso venne mandato in onda durante l’incidente mortale di Senna. Gli slot erano stati programmati anzitempo. Fu l’ultima pubblicità che feci. Non mi vollero più; rimasi legata a quel triste episodio.
“Caro maestro” fu un altro successo clamoroso.
Ammazza. Adoravo il personaggio di Claudia, soprattutto perché ebbe un’evoluzione in corso d’opera. Partì sfiduciata, poi si innamorò e stravolse carattere ed estetica.
Com’era lavorare con decine di bambini?
Non fu complicato. Erano ammaestrati bene dalle rispettive madri, che stavano sul set col fiato sul loro collo. Un aspetto che mi ha sempre allertato è il rapporto dei piccoli attori con i genitori. Mi ricordo che in una pubblicità ebbi a che fare con due fratelli grassissimi e quando facevano le cose per bene il padre, per premio, gli dava dei dolci. Ero allibita. Un po’ come lo zuccherino che dai agli animali. Un’altra volta, in un altro spot, conobbi una bambina molto timida. Era adatta al ruolo, ma non riusciva a fare ciò che le veniva chiesto. La mamma per convincerla si chiudeva puntualmente in camerino con lei. Tempo dopo capimmo che la picchiava. Te ne racconto un’ultima.
Vada.
Facevo a teatro la ‘Pianola meccanica’ con Marcello Mastroianni. Era pieno di bambini e col cavolo che ti salutavano. Un giorno mi permisi di segnalarlo ad uno di loro: ‘Come mai non mi saluti?’. Mi rispose: ‘Mica sei Mastroianni’. Ti rendi conto? Ho assistito a situazioni orrende.
Episodi che comunque non riscontrò sul set di “Caro maestro”.
No, assolutamente. Però alcuni ragazzini erano un po’ ruffiani. Le mamme li convincevano ad avvicinarsi a questa o a quella persona in maniera interessata. Scene spiacevoli dal mio punto di vista.
“Il peccato e la vergogna”, “Rodolfo Valentino”, “Caterina e le sue figlie”, “Furore”. Nel suo curriculum compaiono molti lavori firmati da Teodosio Losito.
Devo essere sincera: Losito non lo incrociai mai durante le riprese. Solo quando appresi della sua morte lo inquadrai fisicamente. Era una persona riservata. Al contrario, conoscevo molto bene il produttore di quelle fiction, Alberto Tarallo. Fu lui a chiamarmi per i vari lavori e abbiamo sempre avuto un rapporto cordiale. Mi stimava e scriveva dei ruoli cuciti apposta per me. Oltre a lui, mi sono trovata benissimo anche con Gabriel Garko. Un gentiluomo. Il primo giorno di ciak si presentò, bello come il sole, e mi fece il baciamano.
Non posso non chiederle di “Bodyguards”. Un’apparizione tanto fugace, quanto memorabile.
Quando mi diedero il copione non ero affatto convinta di partecipare. C’era scritto che sarei dovuta comparire in babydoll e già non ero molto propensa, sia per il pudore che per il fatto che ero fisicamente abbondante. Ma non volevo dire di no a Neri Parenti e allora sparai una cifra talmente alta che speravo che fossero loro a tirarsi indietro. Invece accettarono. Non potei più inventare scuse.
In realtà l’abito richiesto non era un babydoll, ma un vestito sadomaso in pelle nera.
Ti ripeto: fosse stato per me non l’avrei mai fatto. Però ridemmo tanto, la buttai sul comico e mi inventai la parlata burina. Se ancora oggi tutti si ricordano, significa che funzionò.

L’amica zitella della Giorgi nelle pellicole di Verdone, la compagna bruttina di Sabrina Salerno in “Ferragosto Ok”, la cassiera del supermercato tutt’altro che avvenente che fa impallidire Abatantuono in “Mari del sud”. Il cinema l’ha incasellata per trent’anni in una determinata categoria. Quanto le ha nuociuto?
Sono una caratterista e sono cosciente di esserlo. A teatro e in televisione ho ricoperto anche ruoli differenti, ma a me interessa splendere nella vita, qualunque sia il mio corpo o la mia faccia.
Ho scoperto che pratica lo yoga.
Dal 1997 faccio il Sahaja Yoga, una meditazione spontanea. Sono sempre stata una ricercatrice e sul fronte spirituale ho trovato la mia casa. Ho cominciato anche a comunicarlo e ad insegnarlo agli altri. Amo condividere lo stare bene e mi piace stare con persone che vogliono stare assieme. Se riesci a rivoltarti come un calzino, esce fuori tutta la tua bellezza. Io spero di esserci riuscita. Le persone cattive sono brutte, la cattiveria imbruttisce. Facci caso.
Attualmente cosa fa?
Sono in pensione, dunque sono fuori dalla logica del dover lavorare per forza. Ma di recente ho fatto un’esperienza, a titolo gratuito, che mi ha parecchio gratificato. Ho letto dei brani ad alcune presentazioni di libri e mi è piaciuto da impazzire. Chi mi ascolta evidentemente gradisce quello che dico e il modo in cui lo dico. Mi auguro che mi richiamino presto.
La recitazione è un capitolo chiuso?
L’ultimo lavoro è stato ‘Cops’, per Sky. Andò bene, il personaggio era azzeccato. Per il resto, vorrei ricevere una bella proposta da parte di un bravo regista, che creda in quello che faccio.
Tipo Verdone?
Con Carlo non si è più presentata l’occasione. Nei suoi film non ci sono stati più ruoli che avrei potuto ricoprire. Penso di essere stata presente nei suoi lavori più belli. ‘Borotalco’ era una commedia all’italiana di un genere stranissimo che non prosegui; ‘Compagni di scuola’ fu un ritratto cinico, ruvido e vero della vita reale.
Quindi esclude un eventuale ritorno in video?
Se mi vogliono, ci sono. Fino ad una decina di anni fa venivi convocata ai provini, parlavi con il regista e provavi dal vivo. Adesso sei tu che ti devi attrezzare e girare un video da sola, a casa. È diventato onanismo recitativo!