Giorgio Montanini: “Ho perso 60 kg e mi sono calmato, ma Meloni e Schlein le mangio a colazione. Luttazzi è imperdonabile”

Dicono che Giorgio Montanini, dopo gli eccessi, il coma, la riabilitazione e sessanta chili persi come il vecchio stile di vita, oggi sia diventato più buono. Che la sveglia alle sette del mattino, l’alimentazione sana, l’allenamento con la boxe l’abbiano reso mansueto. E che la maturità, a quasi 50 anni (ne compie 48 il 17 dicembre), ne abbia smussato gli angoli. Non è così. Lo dimostra in questa intervista a Fanpage.it, dove mette in luce di aver cancellato dalla routine ciò che lo distrugge, ma non quello che lo mantiene in vita. Il risultato? Un comico ancora più lucido e feroce, più convinto che la satira, se non dà fastidio a qualcuno, non serve a niente.
Giorgio, mi sembra strano sentirti alle 11 del mattino. Fino a qualche tempo fa prima delle 16 non eri mai reperibile. Allora è vero che sei cambiato.
Sono diventato mattiniero. Mi sveglio alle 7 del mattino, faccio colazione con spremuta e caffè, ho già fatto un’ora di allenamento con la boxe, non ho più vizi, e in due anni ho perso 55 chili. Ho intrapreso uno stile di vita che mi permetterà di campare 100 anni. Sto a bomba!
E sei anche diventato più buono?
No, non sono diventato più buono. Sono soltanto un po’ più calmo.
Eppure, ultimamente hai dichiarato di aver rivalutato vecchi “nemici”, come Enrico Brignano o Andrea Scanzi.
Su Scanzi, avevo delle idee diverse da lui e mi ci ero pure scontrato. Un giorno mi ha chiamato, voleva incontrarmi, è venuto a pranzo nelle Marche, e dopo qualche ora passata assieme ho conosciuto una persona squisita. Poi l’ho seguito in modo più assiduo nella sua attività e mi è piaciuto tantissimo questo suo fregarsene di smussare gli angoli. Per me ha un valore enorme in un mondo dove, anche a causa degli algoritmi, se dici qualcosa di netto rischi sempre di scontentare qualcuno. Oggi essere tranchant, chiaramente argomentando e senza essere populisti, vale molto. Sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono.
E Brignano?
Che Brignano fosse un comico, nessuno lo metteva in dubbio. Ma che Brignano fosse un comico ormai di un’altra epoca culturale, rispetto all’emergere della stand-up comedy, anche questo non è in dubbio. Quindi, io all’epoca ho sfruttato questa battaglia culturale per innescare un cambiamento, che poi è avvenuto. Infatti, oggi i comici di 25 anni fa non rappresentano più il panorama comico attuale. Ma non era una battaglia personale, era culturale, e per me è finita. Se prima Zelig era il nemico, almeno su quel palco ci salivano dei comici. Mentre attualmente, l’intrattenimento è ancor più peggiorato. Ormai è stato scavalcato da blogger, food blogger, youtuber sulle varie piattaforme. Da gente che lavorava come operatore ecologico ed è passata ad avere 500mila follower, creando consenso.
Cos’è che non apprezzi dei creator sui social?
Che si sentono dei creatori di contenuti, ma il problema sono proprio i contenuti. Io vedo solo il contenitore, dentro non c’è nulla. Per questo penso che la deriva culturale, sociale e politica di un paese passi anche attraverso questo tipo di intrattenimento. È la cartina tornasole.
In questa tua nuova battaglia si inserisce lo scontro con Alessandro Bologna, in arte Franchino Er Criminale?
È lui che mi ha mandato una richiesta di risarcimento di 50mila euro, che tramite il suo avvocato ha provato a “patteggiare” con qualche migliaio di euro, dopo che lo avevo citato nel mio spettacolo, appunto per criticare questa deriva. Io ho detto in faccia a Matteo Salvini in tv su Rai3 a Ballarò che aveva bisogno di un’assistente sociale, e non mi ha denunciato. Arriva Franchino Er Criminale e mi chiede i soldi? Prima di tutto è offensivo per la mia storia. Sono un comico satirico, non posso accettare che un influencer mi mandi la letterina con la richiesta di soldi. Lo faccia con i suoi follower, non con me. Con me sbatte male, perché trova un osso molto duro. Infatti, se prima Franchino faceva parte solo di un passaggio del mio spettacolo sul degrado culturale di questo paese, adesso si è guadagnato uno spazio molto più importante. Da due minuti parlerò di Franchino per dieci minuti.
Il video in cui lo critichi, o almeno la parte estrapolata dallo spettacolo e condivisa su Youtube, è molto dura. Non ti sembra di aver esagerato?
No, perché non erano insulti. Erano considerazioni che facevo sul mondo dei food blogger. Ma se pensa di mandarmi una richiesta di risarcimento e ottenere qualcosa, così ha ottenuto l’esatto contrario. Il mio consiglio è che, se non vuole essere disturbato, non deve fare certe richieste offensive a un artista. Poi è molto meno pericoloso di Simone Cicalone, tanto che nello spettacolo mi concentravo di più su quella deriva. Cicalone si guarda bene dal farmi richieste del genere, invece Franchino mi sembra un po’ sprovveduto. Se vuole far parte del mondo dello spettacolo, deve capire che esistono oneri e onori. Gli onori sono di aver avuto successo con i follower e di camparci, gli oneri che ti devi rimettere al pubblico ludibrio. Se non lo fa un comico satirico, chi lo dovrebbe fare? Oppure vogliamo denunciare tutti i comici? Perché se lo fa Franchino, allora è giusto che lo faccia il presidente del Consiglio.
Visto che ci siamo, perché consideri Cicalone, con i suoi reportage dalla metropolitana di Roma contro i borseggiatori, un personaggio “pericoloso”?
Cicalone è un reazionario, fa parte di un mondo a me ostile. Che è la destra più estrema. Da quando è consentito che Cicalone possa sostituirsi alle forze dell’ordine? Quello è stalking! Se fai un’inchiesta ci vai una volta, due volte, tre volte, non ci stai tutti i giorni da tre anni. È una provocazione continua, ma per dimostrare cosa? Che ci sono gli scippatori? Abbiamo capito, ce l’ha fatto vedere cento volte. Oppure lo fa per un ritorno di immagine e ingrassare il portafoglio? Come se Report facesse un’inchiesta per tre anni sullo stesso argomento. Diremmo che sono impazziti. Cambia Cicalò! Fallo sugli usurai che chiedono il pizzo, oppure sui camorristi. Non credo lo farebbe. Perché non va a cercare le vie della cocaina per arrivare fino alle piazze di spaccio? Ma non esiste che si sostituisca alle forze dell’ordine.
Tanti lo seguono e apprezzano perché denuncia problemi reali, ma che spesso sono trascurati dalle istituzioni.
Fomenta la guerra dei poveri contro i poveri. Perché se questa cosa degenera e prende una coltellata, anche lui stesso è responsabile di quello che gli è successo. Visto che è andato a fare qualcosa che non gli compete. Quello non è giornalismo d’inchiesta, è una degenerazione grazie alle telecamerine digitali. Quando c’era la pellicola che costava un sacco di soldi, pochissimi facevano queste presunte inchieste. Ora che non costa nulla, tutti fanno tutto. Guarda caso, chi fa questi contenuti sono quasi tutti squadristi. Sono fascisti, perché deviano l’attenzione dai veri criminali e fomentano l’odio verso dei poveri cristi. Io ho un’altra estrazione. A me hanno insegnato che bisogna individuare chi ti sta sfruttando e quali sono i meccanismi. Cicalone lo sa, per questo è in malafede e si comporta da criminale.
Nell’ambito delle tue nuove rivalutazioni, per caso c’è anche Selvaggia Lucarelli?
Selvaggia la apprezzavo anche prima, solo che durante la pandemia avevo perso un po’ di stima. Ma perché io per il Covid non mi sono vaccinato, e oggi più che mai rivendico quella scelta. Quindi, tutti quelli che in quel periodo hanno criminalizzato chi non si vaccinava, per me erano persone antidemocratiche. Per cui, in quel caso specifico, anche Lucarelli.
Senti, poi torneremo sul mondo dello spettacolo. Ma in De Core – Podcast, dopo due ore di battute, discorsi seri e sfuriate, alla fine hai raccontato quello che di solito non racconti: l’importanza della famiglia nel tuo periodo più difficile.
Ho vissuto anni difficili, per usare un eufemismo. Anni bui, perché avevo perso la bussola per tanti motivi. E avevo perso di vista la qualità della vita, la lucidità, i rapporti familiari, le amicizie, insomma avevo perso quasi tutto. Le uniche che non mi hanno mai abbandonato sono state mia moglie e mia figlia, fino all’ultimo. Erano gli unici rapporti che mantenevo. Da quando sono uscito dall’ospedale dopo il coma, mi sono ripreso al cento per cento. Ho ripreso la quotidianità di prima e godo la grandezza della semplicità. Sono passati due anni e mezzo e, ogni giorno, mi allontano sempre più da quella parentesi negativa della mia vita.
È anche per questo che hai deciso di sposarti?
La sua capacità di rimanermi vicina, anche se allora era difficilissimo, è stata enorme. Anzi, impossibile. Tanto che poi, riguardandomi indietro, sono io ad averle detto: «Al posto tuo me ne sarei andato». E lei mi ha risposto: «Ma io ti conoscevo com’eri prima, quindi so che allora non eri tu». Non so quanto sarebbe durata questa pazienza, perché sai, alla fine anche “la pazienza di Giobbe” finisce. Per fortuna mi sono fermato in tempo, però mi ha stupito, con il senno del poi, la forza che ha avuto mia moglie nel non mollare, nel non mollarmi.
Ora hai detto di aver perso 55 chili. E senza l’Isola dei famosi come Mario Adinolfi.
(ride) Lui però stava pure peggio de me, no?
All’inizio dell’Isola dei famosi pesava 221 chili, ne ha persi 26 durante il programma.
Io ero arrivato a pesare 160 chili. Adesso che ci penso bene ne ho persi 60 di chili, perché mi sono pesato oggi e sono un quintale. E poi a me all’Isola dei famosi non mi chiamerebbero mai. Ho rifiutato due volte di partecipare a Pechino Express, ma ‘ndo cazzo andavo? Dopo tre ore di trasmissione avrebbero dovuto interrompere tutto perché menavo un cameraman o qualcuno per strada. Per come sono fatto non posso mettermi in situazioni sotto pressione.
Più che altro, chi sarebbe potuto essere il tuo compagno di viaggio…
Saverio Raimondo. Ci avevano chiamato come coppia, abbiamo rifiutato entrambi.
Ma per chi, come te, esce da un percorso di riabilitazione anche dall’uso di droghe, il mondo dello spettacolo che frequenti, come anche il cinema, è un rischio?
Per quanto mi riguarda, io nel mondo dello spettacolo la droga non l’ho vista mai. Se non me la portavo non la trovavo, perché non me l’ha offerta nessuno in questi anni. A me pare una leggenda che circola, almeno di questi tempi. La droga costa talmente tanto che, anche chi è famoso, se la compra e se la usa ma non la offre. Ti assicuro che non c’è nessuno che ti aspetta con il piattino di cocaina come si vede in certi film. Mai visto nulla, non mi hanno mai offerto niente e anch’io, quando l’avevo, non l’ho offerta perché costa un sacco di soldi.
Rispetto ai racconti del passato, sono finiti anche in questo caso gli anni d’oro.
Ricordo che già a Nemico Pubblico su Rai3 facevo un monologo su questo tema. Io che venivo dai locali, una volta entrato in televisione mi aspettavo che mi avrebbero offerto la cocaina. La prima volta che il direttore mi ha invitato in ufficio mi sono detto: «Adesso, finalmente, me la offrirà». Invece mi ha offerto solo un caffè. Insomma, io questa famosa cocaina offerta nel mondo dello spettacolo non l’ho vista mai. Sono finiti i soldi.
Anche questo è lo specchio della crisi…
Esatto! In passato, in televisione o al cinema, si divertivano molto di più.
Il 17 dicembre compirai 48 anni. Ci pensi che tra due anni c’è il giro di boa dei 50?
Per me sarebbe un traguardo vincere la Coppa Davis, il David di Donatello o l’Oscar, ma compiere 50 anni e basta non lo è. Tanto non è che devo andare in pensione, so già che morirò facendo quello che faccio. E avere 50 o 100 anni non mi cambia niente.
E come si lavora in un’epoca dove molti dicono essere in atto un cambio di “egemonia culturale”?
Come hai detto ho quasi 50 anni, vengo da una famiglia dove sono l’ultimo di quattro figli, tutti i miei fratelli hanno respirato politica e pure io, quindi ho troppo rispetto della politica per parlare dei politici di oggi. Che sono tutti asserviti solo alla finanza. Quando avevo 20 anni il capitalismo era ancora asservito alla politica. Il cambiamento è arrivato negli ultimi 30 anni, con la politica che si è trasformata nel passacarte dell’egemonia finanziaria.
Hai dichiarato: «Portatemi i politici di oggi e in un dibattito li distruggo».
Ma che stai a scherzà? Renzi e Calenda, ma anche Meloni o Schlein, me li mangio a colazione! Non vado a votare perché non posso votare chi ne capisce meno di me di politica. La Meloni la capisce, anche se poi ha venduto l’anima al diavolo. Viene dal Fronte della gioventù, era un giovane virgulto e di politica ne capisce, ma come ne può capire un fascista.
Cioè?
Divido sempre il nozionismo dalla cultura. Il nozionismo è conoscere tante nozioni, come se fossi un computer. La cultura è la capacità di mettere in relazione le varie nozioni. Meloni, o non è capace di mettere in relazione le nozioni, oppure è in malafede. E quindi sa di fare del male al prossimo per il proprio tornaconto. Quindi è una “criminale politica”.
Sempre per il fatto di non essere diventato più buono, hai anche criticato fortemente gli ambientalisti: «Chi non si batte per tutto, dalla scuola alla sanità, ma solo per i polli, alla fine è un fascista».
Diciamo che prima di tutto è stupido. E poi è fascista. A me fanno ridere quelli che denunciano i nostalgici delle commemorazioni a Predappio per le braccia tese. Loro fanno tenerezza, ormai sono rimasti un migliaio e il fascismo non è più quello. Per capire oggi cos’è il fascismo bisogna seguire i soldi. Chi difende i privilegi economici di pochi è fascista. Quindi, chi porta avanti il divide et impera tra ambientalismo, animalismo, diritti Lgbtq+ e tanto altro, ma non si concentra sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che fa parte del capitalismo e sta facendo un discorso reazionario. Anche inconsapevolmente, perché stupido.
Neanche la Global Sumud Flotilla, che è diventata un simbolo a sinistra contro la guerra a Gaza, ti ha colpito positivamente?
Io sono interista per cui, dopo aver perso per tanti anni, anche quando vince non ho la forza di esultare più di tanto. Così per la sinistra, dopo tante batoste, vedere una reazione così da parte della gente mi ha fatto piacere. Ma se sui social parlo di politica, c’è sempre chi mi dice: «Che banalità dice Montanini». Ecco, vorrei sentire loro parlare di politica. E se parlano vedo un appiattimento, non si rendono conto di essersi tutti arresi ad un unico sistema di pensiero ed economico. Si è dato per assodato che il capitalismo, ormai, è l’unico modo per vivere.
Cosa non sopporti del capitalismo?
Io il capitalismo lo rifiuto. Un sistema che prevede sistematicamente la prevaricazione di pochi uomini sulla maggioranza e la guerra come forma di economia, a me fa schifo. Gli stupidi sono peggio dei cattivi, perché sono di più e non puoi fermarli. Allora approfitto di questa intervista per dire a quelle persone che, quando leggeranno, penseranno che i miei discorsi sono banali: quando parlo di stupidi parlo di voi, arresi a questo sistema come unico possibile. Io rivendico l’anticapitalismo viscerale. Non vogliamo più considerarci comunisti? Pensa che il comunismo non c’è più da 40 anni, eppure il mondo è peggiorato, con più guerre e diseguaglianze, la colpa è dei comunisti? Peccato che hanno distrutto anche l’alternativa.
Quale?
Il movimento No Global. È stato assassinato a Genova nel 2001. Univa campesinos, movimenti Lgbtq+, operai delle fabbriche siderurgiche, cattolici e tanto altro. Ecco perché è stato assassinato con una violenza mai vista, così ha vinto il dividi et impera. Faceva paura che stessero tutti uniti contro il sistema capitalista. Invece fanno proliferare questi movimenti sterili, autoreferenziali come animalismo, ambientalismo, sui diritti ognuno diviso, e quindi senza unirsi non servono a un beneamato cazzo. Perché non lottano insieme.
L’ex sindaco di Fermo, la tua città, lo hai descritto come esempio di “trasformismo politico” dopo che è passato dalla sinistra alla destra. Paolo Calcinaro è stato nominato assessore regionale alla Sanità delle Marche nella giunta di Francesco Acquaroli.
Lo conosco benissimo, ha fatto qualcosa che 25-30 anni fa era impensabile: passare dalla sinistra all’estrema destra. La gente non considera di estrema destra Acquaroli, invece lo è. Molti di loro, so per certo, organizzavano cene di commemorazione a Benito Mussolini in locali dove ci sono le sue foto esposte facendogli il saluto romano. Quindi Calcinaro ha tradito un’idea e non lo perdonerò mai, perché quando tradisci un’idea tradisci te stesso.
C’è chi potrebbe controbattere: perché non fondi un partito tuo? Filippo Champagne a Milano lo ha fatto e si candiderà sindaco con Il Partito della Gaina.
Hai fatto la domanda e ti sei dato la risposta. Ho troppo rispetto per la politica, che è una cosa seria. Io sono un comico, finito lo spettacolo stacco e vado a cena o al cinema con mia figlia e mia moglie. Quando fai politica devi dedicarti 365 giorni l’anno e 24 ore su 24 a quello. È un’attività troppo importante, non ne sarei in grado. Avere un’idea politica era diffuso fino a quelli della mia generazione, ma non per forza tutti fondavano un partito. Oggi se hai un’idea politica sembra che tu debba fondare un partito per forza. È un altro sintomo del degrado in cui è finito questo paese. Dagli anni ‘70-’80 a oggi siamo peggiorati. Da quando è crollata l’unica alternativa al capitalismo, che è il comunismo, è crollata la percezione della politica.
Ti definisci comunista, dici tutto quello che pensi e riesci anche a lavorare in teatro, al cinema, in tv. Come mai, invece, tanti altri artisti hanno timore a esporsi?
Io non credo alla censura oggi in Italia, ma sono convinto che il problema di tanti artisti di oggi sia che non hanno nulla da dire. Non pensano! Lo sento anche nella musica. A parte Caparezza e pochi altri, non ci sono più musicisti e intellettuali come De André o Guccini, tanto per fare esempi famosi. Ma anche negli anni ‘90 c’erano in giro artisti che erano veri artisti. Ora la musica è diventata una barzelletta, qualcosa di inascoltabile. Quei pochi artisti che hanno qualcosa da dire, se ne stanno zitti perché pensano di vivere solo nel loro orticello. Io non potrei vivere in quel modo, anche perché penso sempre: altrimenti che vivo a fare?
Nei podcast, in questi ultimi due anni, hai partecipato a quasi tutti. Ma ce n’è uno, il più popolare, dove non ti abbiamo ancora visto: il Basement di Gianluca Gazzoli.
Quando era agli inizi mi aveva invitato, ma allora ero troppo fuori e non ho risposto. Poi, quando con la mia manager abbiamo provato a contattarlo, non ci ha risposto. Penso che ora non potrebbe neanche invitarmi, perché Gazzoli è diventato come la Rai: istituzionale. Non può sostenere un podcast con me perché non è il suo mood, sarebbe costretto a tagliare tutto. Io non parlo solo di quello che mangio a colazione, ma di cose che per il podcast di Gazzoli non sono adatte. Lo capisco. Ma se non ci vado io, chi dovrebbe andarci?
“Io ignoro la modestia. È troppo modesta per essere presa in considerazione”, scrisse Andrea Pinketts.
Ma certo, non sopporto la falsa modestia! L’umiltà è un mio valore, la modestia è il Dio dei poveracci. Fa parte della morale cattolica, è finta e viscida. Giulio Andreotti era modesto, perché era falso. Quindi dovrei essere ospite del Bsmt, come di Sanremo. Se mi invitassero al Festival lo ribalterei e dopo si parlerebbe soltanto di quello che ho detto io per mesi.
Nella comicità sei chiamato “Re Giorgio” dai tuoi fan, ma nel cinema qual è un obiettivo che ti poni?
Mentre nella comicità ho grande consapevolezza e mi sento il numero uno, perché penso di esserlo e non ho mai avuto dubbi, il cinema è capitato, sta andando bene, sto facendo altri film e sono altri che mi reputano all’altezza. Mentre nella comicità faccio tutto da solo, al cinema sono i registi a chiamarmi. Io ne sono onorato, mi stupisco sempre, mi impegno molto, non lascio nulla al caso, sul set do il cento per cento, però non mi aspetto niente.
E sulle proteste per i tagli al cinema previsti da questo governo?
Per quanto mi riguarda, per slegare l’arte dall’interesse, lo Stato non dovrebbe finanziare l’arte. E il cinema dovrebbe vivere di autosostentamento, altrimenti mi sembra sempre un cane che si morde la coda. Se ci fai caso, nonostante l’enorme mole di finanziamenti pubblici, non mi pare che il cinema italiano stia esprimendo chissà che qualità di film. Per questo sono convinto che l’arte si debba autoalimentare. Se non riesci a fare il cinema? Farai altro. Anche perché, ogni volta, chi stabilisce che un film va finanziato di più o di meno?
In linea con Carmelo Bene, che sosteneva: «Lo Stato deve trascurare gli artisti».
Sono totalmente d’accordo con quello che sosteneva e ti racconto questa. Una persona che è venuta a vedere il mio spettacolo a Milano è quella che gestisce l’archivio di Carmelo Bene. E quando ci siamo visti, mi ha regalato un libro su di lui dicendo che glielo ricordo tanto. Non come comico o attore, ma per come la penso sull’arte e sulla vita. Sono stato onorato, ancor più che lo abbia detto uno come lui. Quando mi dicono certe cose è gratificante e mi fa capire di essere sulla strada giusta. Carmelo Bene mi rappresenta in tutto e per tutto.
L’ultima volta che ci siamo sentiti hai detto: «Su questa Tv ci piscio sopra». Come mezzo non ha speranze di riprendersi?
Credo che la Tv sia ancora il mezzo più potente e abbia ancora grandi potenzialità. Torni a casa, accendi il televisore, non devi cercare tra mille piattaforme ma ti trovi già tutto lì di fronte, semplice da raggiungere. Quindi, se hai un prodotto eccellente la Tv è ancora il mezzo più potente. Peccato che chi fa televisione non capisce in che mondo si trova. Per questo la gente non la guarda. Ci sono programmi che ringraziano in prima serata di aver fatto 900mila spettatori. Io ne facevo 1 milione con Nemico Pubblico in terza serata. La televisione oggi non è un punto di arrivo, è un passaggio per arrivare a fare quello che ti piace. Prima o poi, morti i vecchi, per chi la faranno la Tv? In pratica si stanno lentamente suicidando.
Prima di salutarci, alcune curiosità. Poco tempo fa è uscito il documentario su Filippo Giardina, Behind the Joke, del regista Simone Trotta. Tra i comici di Satiriasi c’erano tutti, tranne Giorgio Montanini. Come mai?
Ci sono due motivi. Quel documentario è stato girato negli ultimi anni, quando me l’hanno chiesto stavo male, ero nel mio periodo peggiore. E non me l’ha neanche chiesto Giardina, ma il regista. Forse sarebbe stato meglio se me l’avesse chiesto lui. A parte le formalità, non ci stavo tanto con la testa in quel periodo. L’altro motivo è che un regista sta seguendo anche me dal 2017 per un documentario che uscirà prossimamente. Siccome ha deciso di non chiamare altri comici, ma basarlo solo sulla mia storia, ho preferito non partecipare.
Sai che, come ogni band che ha lasciato il segno ma si è sciolta, la domanda di rito è: a quando la reunion di Satiriasi?
Sai cosa c’è? Che a volte le reunion sono gioiose, altre un po’ tristi. Perché ognuno ha avuto il proprio percorso, non so come possa tornare Satiriasi oggi. Noi non eravamo un gruppo musicale, ma un collettivo, quindi era normale che ognuno prendesse la sua strada. Bisognerebbe sentire l’esigenza di farla, solo che io non la senta così tanto. Detto questo, voglio bene a tutti quelli di Satiriasi, siamo in ottimi rapporti. Infatti, proprio perché non ho niente contro nessuno di loro, se decidono di farla ci vado. Sempre che mi chiamino.
Ultima curiosità, visto che hai rivalutato tante persone in questa nuova fase della tua vita, per caso, se dovesse succedere, ci andresti a pranzo con Daniele Luttazzi?
No, con Luttazzi non ci andrei a pranzo. Ho rivalutato persone con cui ho avuto delle schermaglie, anche e soprattutto per colpa mia. Ho ricucito rapporti con tutti, tra quelli che sentivo fosse giusto ricucire, solo che Luttazzi non fa parte di questa schiera di persone. Luttazzi ha tradito profondamente il mio concetto di arte, tutto quello in cui credo, quindi da parte mia ha una “fatwa”. Una condanna artistica a vita. Infatti non fa più il comico, questo fa pensare no? Lui sul copiare le battute si professa innocente, allora perché non è più salito su un palco con un suo monologo? Questa è la domanda che farei a Luttazzi. Per ora mi sembra la prova definitiva che, per quello che ha fatto, il primo a vergognarsi è lui. Io non ho nessun interesse a rivalutarlo. Per me è morto e defunto, sempre artisticamente, nel lontano 2009.