Barbara Alberti: “Nella tomba porterò l’essere stata ignorata nella mia epoca. Dio l’ho perso un giorno in bicicletta”

Con Barbara Alberti succede sempre così: la realtà si apre in due e lei ci entra dentro con un’accetta. E anche una semplice mail per fissare l’intervista l’8 dicembre scorso diventa uno squarcio di verità: "Ho scoperto con sgomento che oggi è l’Immacolata. Siamo assolutamente e anche un po' puntigliosamente anticattolici, con un termine desueto, anzi, un poco mangiapreti". Una coerenza che affonda le radici nel giorno in cui ha rotto con la religione cattolica: "Stavo andando in bicicletta e ad un certo punto è sparito Dio. È stato un momento bellissimo".
Quella libertà assoluta se l’è sempre giocata nella scrittura, oltre che nella vita, dove il suo primo giudice è lei stessa: "Mi sono accorta che scrivevo veramente da cani". Poi spiega come funziona il mondo culturale in Italia: "Esiste un apartheid della cultura. Ma sai cosa vuol dire stare dentro un gruppo di potere? Perdi la libertà". La critica? Nemmeno la contempla: "O sei Italo Calvino o devi stare zitto. Figurati se mi interessa leggere il giudizio sui miei libri di un piccolo ambizioso". I premi? Peggio: "Per ambire allo Strega devi conoscere certe persone". Il pregiudizio? Sempre quello: "C’è un grande snobismo perché vado in televisione". Il suo nuovo libro Gelosia, edito da Piemme, arriva in un’epoca in cui la tecnologia ha trasformato tutto in sorveglianza: "Hanno aumentato sia il controllo che il tradimento".
Questo tuo essere puntigliosamente anticattolica e un poco mangiapreti lo devi "all’Umbria e alla pessima educazione cattolica", come avevi raccontato?
Sì, ma parliamo di tanti anni fa. Quando in un paesino i preti erano la massima autorità. Io sono andata a scuola dalle suore e all’epoca non si ordinavano suore per vocazione, come oggi, ma perché erano povere. Quando la famiglia non aveva un marito con il quale poterle far sposare le spingeva a diventare suore. Non era sempre una questione di vocazione ma di necessità. In più la religione era assolutamente punitiva. Nell’educazione cattolica tutto era peccato, a cominciare dal corpo che ti aveva dato Dio "a sua immagine e somiglianza". Ma come sarebbe, lui è immortale e noi possiamo prendere cinque milioni di malattie?
Hai spiegato che tra te e Dio è finita quando avevi sedici anni.
Non l’ho fatto apposta, ricordo bene quando è accaduto. Stavo andando in bicicletta sulla strada che va da Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Ero in salita e a un certo punto è come se mi fosse sparito Dio. È stato un momento bellissimo. Non c’era più l’immortalità, ma è come se finalmente avessi una mia vita autonoma. Non sentivo più l’occhio di questo cosmico guardone che vedeva tutto. Mi vergognavo di quella condizione, infatti ci stavo male.
Senti, ma davvero il tuo primo libro l’hai scritto a otto anni, Formichino e Formichina?
Ma no, era una buffonata infantile! Un librino di otto pagine illustrato. Ero una bambina come tutte, anzi, ho imparato a scrivere tardi. Poi ho continuato a scrivere. Ultimamente, devo confessarlo, ho riguardato dei quaderni del passato e mi sono accorta che scrivevo veramente da cani. Avevo questa passione di scrivere, ma lo facevo in modo orribile. D’un tratto, non so come, sono arrivata alla vera scrittura. Ma tutto ciò non è controllabile.
È più questione di talento o di esercizio?
Ovviamente l’esercizio giova in tutto, dalla scrittura al salto in alto. Ma poi, sai, non ho mai capito tutte queste scene che fanno gli scrittori. Non c’è nessuna forma d’arte in cui la si faccia così lunga. Non ho mai visto un pittore andare in tv a far sapere di tutti i suoi tormenti sulla creazione artistica. Sono gli scrittori a menarsela tanto. Come sul terrore della pagina bianca, c’è una grande retorica sull’attività degli scrittori. Che fanno gli scrittori stessi.
C’è una intervista che gira spesso su YouTube a De Chirico, dove il giornalista della Rai gli fa tante domande, ma non riesce a ricavare risposte sulla sua pittura.
Infatti! Perché non è volontario. Certamente ci metti la tecnica, l’esercizio e quello che conosci, però a un certo punto le cose vengono o non vengono. Altrimenti si può fare altro. L’altro giorno ho passato un pomeriggio meraviglioso con l’uomo più odiato della letteratura italiana, Massimiliano Parente. E con l’amica Giulia Bignami, una scienziata e un demonietto. In tanti l’hanno messo all’indice, ma in realtà è un bravo cagnone affettuoso, anche se vuole passare per un terribile. È bello che un artista possa fare quello che gli pare, anche non uscire di casa e non partecipare a certi giri. Si sente protetto così. Ha una famiglia atipica ma perfetta. Lo conosco da 40 anni e non l’ho mai visto litigare con la compagna e il compagno, la bambina è splendida, e nella loro stramberia rappresentano un esempio.
A un certo punto Barbara viene chiamata dal marito nell’altra stanza, si assenta un attimo e quando torna spiega che sua figlia Gloria Samuela è appena tornata da Marrakech dove lavora come arabista: "È bravissima, ha dedicato tutta la sua vita agli studi".
Anche l’altro tuo figlio, il giornalista Malcom Pagani, se la cava niente male. In questi giorni il suo podcast, Dicono di te, è nelle classifiche dei più ascoltati su Spotify.
Ma davvero??! Non mi dice mai niente dei suoi lavori. Come i social, anche i podcast io non li seguo. Viene un ragazzo, ogni tanto, a farmi vedere delle cose altrimenti non saprei nulla. I più intelligenti ce la fanno da soli ad aggiornarsi, io non ce la faccio proprio. Quindi è tra i più ascoltati? Anvedi, zitto zitto Malcom… Non si è mai vantato, sono contenta per lui.
Invece come mai, per un periodo della tua vita, hai utilizzato diversi pseudonimi per scrivere libri? Da Bruno Gaburro a Margherita Margherita o Alcide Meloni, erano un modo per aggirare la censura editoriale verso certi temi?
Macché! Non erano veri e propri pseudonimi, abbiamo immaginato che esistessero veramente. Facevano parte di una collana Mondadori che ci eravamo inventati come se fossero reali, un bellissimo momento di follia. Allora ero convinta che ci fossero in giro una serie di talenti letterari fantastici. Così avevo proposto di farli entrare in una collana per gli esordienti. E immaginavo che tutti loro venissero da me a portarmi i loro scritti. Effettivamente, comincio l’attività anche se Mondadori pagava pochissimo per questi progetti, ci credevo così tanto che ho iniziato a pagare tutto il resto di tasca mia, tra viaggi e pernottamenti per andarli a incontrare. Dopo un po’, però, non trovavo niente di buono, così ho iniziato a inventarmeli scrivendo io quei libri sotto pseudonimo. Una truffa poetica!
Certe provocazioni oggi non si trovano più?
Allora c’era ancora il gioco, anche nell’editoria. Oggi sono sbalordita. Scrivono tutti e molto bene. Sarà che usano l’intelligenza artificiale. Apro dei libri poco noti e trovo una buona scrittura. Il problema è che la lingua italiana è difficilissima. O la sforzi facendo avanguardia, oppure non ti salvi e finisci nella classicità. È una lingua molto impoetica. Ha una grammatica complessa e serve una grande ispirazione e un grande lavoro per renderla poetica. Pensiamo allo spagnolo e al francese quanto sono più divertenti dell’italiano.
Un’altra fase della tua attività meno nota ha riguardato la scrittura per il cinema, dove sei passata dai film di Bud Spencer a quelli di Tinto Brass.
Era un modo per lavorare. Ed è stato meraviglioso. Intanto, con mio marito Amedeo Pagani, abbiamo vissuto un periodo molto fervido del cinema italiano. Era tutto decisamente avventuroso. Il primo film che abbiamo fatto è stato Il portiere di notte di Liliana Cavani. Sono state raccontate versioni fantasiose su questo film. La verità è che mio marito aveva appena letto il saggio sull’Olocausto di Jean-Paul Sartre, L'antisemitismo: riflessioni sulla questione Ebraica del 1946, dove si meravigliava e cercava di spiegare, senza riuscirci, il terrore della vittima che non riesce a difendersi. Un giorno mi disse: "Pensa se questa storia la mettessimo in un film". Noi vecchi oggi non ce ne andiamo mai, occupiamo la scena anche in modo illegittimo. Ma anche allora c’erano dei vecchi, solo che i giovani gli davano retta. Vecchi che avevano al massimo 50 anni, ma che ci tenevano moltissimo a tirare su le nuove generazioni. Così abbiamo avuto dei grandissimi maestri che ci hanno insegnato tutto. E poi, rispetto a oggi, allora si mangiava insieme, si andava in vacanza insieme, si viveva insieme facendo il cinema. Non come adesso che si fa tutto online a distanza.
C’è qualcosa che hai scritto per il cinema e che è stato sottovalutato?
Non ne posso più della gente che si sente sottovalutata. Quando fai qualcosa, che sia un libro o un film, fa la sua strada. Per me è già un grande privilegio lavorare nell’ambito dell’arte. Se qualcosa mi va bene sono contenta, se non va continuo a fare altro. Ho una visione romantica del mio mestiere. I libri sono bottiglie che butti nel mare e speri che arrivino alle persone. L’importante è che te li facciano pubblicare, così rimane una traccia di quello che hai fatto.

Qual è il tuo rapporto con la critica?
Ah guarda, sarò al quarto o quinto libro che pubblico dove nessuno scrive una riga. Sai cosa vuol dire? Neanche "come scrive schifosamente questa Alberti". Esiste davvero un apartheid della cultura. Da un certo punto di vista li ringrazio, perché mi risparmiano un sacco di tempo. Sai cosa vuol dire stare dentro un gruppo di potere? Perdi la libertà. Però, a parte questo, proprio nessuno recensisce i miei libri. Nemmeno Tremate, tremate: le streghe son tornate (Rizzoli, ndr), con un tema così attuale. È ovvio che se qualcuno scrive che sono un genio mi fa piacere, però uno scrittore può vivere anche senza il consenso. Prima ti citavo Massimiliano Parente, che mi fa impazzire: cosa gliene frega a lui del parere degli altri? Sta sempre a polemizzare su questa storia. Lui è veramente un outsider, un isolato, un eremita. Un eremita che spreca parte del suo eremitaggio a polemizzare con gente che non stima.
Ma la critica esiste ancora?
Non lo so, non mi riguarda e non mi ha mai riguardato. Non leggevo prima le terze pagine dei giornali e non so dove scrivono oggi i critici. Mi sono sempre chiamata fuori da questo. Ma perché non riconosco l’autorità della critica. O sei Italo Calvino o devi stare zitto. Figurati se mi interessa leggere il giudizio sui miei libri di un piccolo ambizioso. Ma per carità.
Non sei neanche mai stata candidata al Premio Strega.
Ma neanche al premio “marmotta marsicana” mi ha mai considerata! L’unica piccola gloria che posso portarmi nella tomba è di essere stata totalmente ignorata nella mia epoca. Per ambire allo Strega devi conoscere certe persone, essere inserito in un determinato sistema di potere. Ci sono state delle eccezioni con degli outsider, come Antonio Pennacchi. Un grande trofeo dello Strega. Uno scrittore immenso, non solo per Canale Mussolini (Mondadori, ndr). Tutti i suoi libri sono formidabili. Non a caso, dopo che è morto non se ne parla più. Chi lo ricorda Pennacchi? Oltre a vincere lo Strega, anche lui si è portato nella tomba la gloria di essere fuori dai salotti. Ma sai qual è la verità rispetto a me?
Dimmi.
Che c’è grande snobismo perché vado in televisione. Adesso ci vanno tutti, ma prima no. Ed è ancora considerato qualcosa di troppo popolare per uno scrittore. Uno snobismo di fondo che fa veramente paura. Poi ci sono scrittori e scrittrici bravissimi che non ci vanno, sono scelte. Come Viola Di Grado, una scrittrice pazzesca. Pubblica tantissime copie nel mondo e in Italia non la sento mai nominare. Il suo Bambini di ferro (La Nave di Teseo, ndr) è un vangelo del nostro tempo. O Chiara Barzini, che io considero una delle più grandi in circolazione. Mamma mia che libro che ha pubblicato con L’ultima acqua (Einaudi, ndr). Sono scrittori che dimostrano di avere una loro lingua, come Massimiliano Parente. E sono quindi dei miracoli della produzione letteraria italiana contemporanea.
Hanno fatto bene quelli che a Più Libri più Liberi non hanno partecipato perché era presente una casa editrice considerata di estrema destra come Passaggio al bosco?
È ovvio che un libro su Mussolini o Hitler non mi può piacere. Ma penso, dolorosamente, che la democrazia non può tappare la bocca a qualcuno. La libertà di espressione dev’essere più forte. Se in questi libri sostenessero di ammazzare tutti i giornalisti lo capirei, ma se raccontano una storia non mi sembra un buon motivo per silenziarli. È una questione spinosa. Posso dirti che ho scoperto una nuova funzione dei libri che forse può far riflettere. Ci sono entrati i ladri in casa, dopo aver sfondato la porta e spaventato i cani, e hanno messo all’aria tutto ma alla fine non hanno preso niente. Secondo me hanno visto le montagne di libri e sono rimasti disgustati. Ecco, consiglio di avere più libri in casa: sono ormai un ottimo antifurto.
Perché sei così appassionata alla televisione?
Sai che io la faccio la tv e non la vedo? Mi piacerebbe anche guardarla, solo che ci vuole tempo. Certe volte vedo programmi perché me li segnalano e mi diverto moltissimo, persino quando sono brutti. Io ho assistito agli esordi della televisione e per noi vecchi continua a essere un giocattolo ludico che non ci saremmo mai aspettati di avere. Mentre per i giovani, lo capisco, è un oggetto desueto, per me continua a essere una novità fantastica. È sempre interessante, perché in fondo è lo specchio del nostro Paese.
Sui tagli al cinema previsti dal ministro Alessandro Giuli cosa ne pensi?
Spero che non taglino i fondi al cinema. È una così bella forma d’arte e di comunicazione del pensiero, ma non mi stupisce che il ministro Giuli ce l’abbia con il cinema. Perché è una possibilità di espressione. Sprechi un corno, i soldi per l’arte non sono mai sprecati.
Veniamo al tuo ultimo libro Gelosia, edito da Piemme. Ma non dovevamo averla superata nel 2025?
Ho avuto l’esperienza dei miei tempi, dove c’era una retorica totale del ribaltare tutto quello che avevamo vissuto fino a quel momento per fare il contrario dei nostri genitori. Solo che erano esperimenti impossibili e quindi finivano sempre molto male. Perché l’amore, non c’è niente da fare, è un sentimento esclusivo. Poi dipende da chi sei, dal tuo carattere, dalle disponibilità economiche. C’è una cosa da dire: se sei ossessivo-poliziesco non sei degno dell’amore. Ma la paura di perderlo c’è sempre. Perché l’idea che la persona che ami possa avere una confidenza pari a quella che ha con te è insopportabile per chiunque, salvo rari casi. La gelosia massima è nelle confidenze. La letteratura mondiale si è basata o sulla famiglia o sulla gelosia, almeno quella occidentale.
E le nuove tecnologie sembrano aver aumentato il controllo.
Sia il controllo che il tradimento. La gelosia è un sintomo della nostra insicurezza e della nostra piccineria. Però è diffusissima. Vorrei vedere in faccia il più liberale del mondo mentre assiste alla persona che ama mentre guarda un’altra persona con lo stesso sguardo con cui guarda lui. Diventa matto! Ci hanno fatto così, non c’è niente da fare. Il problema è che non è volontario. Nel libro ci sono episodi molto comici, che diventano molto tragici. Come quando mio padre tradiva mia madre e tutto finiva in commedia. Il tradimento del maschio era una gloria della famiglia, quello della donna portava in alcuni casi al delitto d’onore.
Oggi la parità si è raggiunta almeno nel tradimento?
Non ho i mezzi per una statistica, ma penso in generale che ci stiamo arrabattando per vivere in maniera più civile, ma in fondo rimaniamo sempre gli uomini dell’età della pietra. Ai miei tempi facevamo l’amore in tre, in quattro, in cinque fino a perdere il conto. Il sogno del ‘68, non in senso politico ma di costume, era il fare il contrario dei nostri genitori. Non solo nel sesso, anche nell’idea del risparmio. Infatti spendevamo tutto senza pensare al domani. Perché si voleva, disperatamente, superare le varie forme di possesso. Così nascevano storie basate su questo, ma quando ci entrava di mezzo il terzo, il quarto e il quinto finiva sempre a botte. Questo sentimento dell’amore è esclusivo, non c’è niente da fare. E il problema non è neanche il sesso, ma lo sguardo. Io sono sempre stata molto gelosa degli sguardi.
La nuova legge sul consenso di cui si discute in questi giorni ti sembra una buona tutela o un’altra forma di controllo?
Non vorrei mai entrare in questioni del genere. Trovo tutto assurdo. Come fai a decidere prima? E chi lo decide? C’è forse un giudice ogni volta che stai per fare l’amore? E come fai a dimostrare di aver seguito tutto quello che avevi concordato? Sei nel bel mezzo del rapporto e uno dei due dice di no, allora ti fermi, riscrivi le carte, firmi e riparti? Mi fa paura questo atteggiamento, perché ipotizza l’irruzione della legge in quello che è più privato. O dobbiamo sco*are insieme a un amministratore di sostegno? Che diventa l’amministratore erotico. Da qualche anno circola questa idea folle di controllo assoluto, e soprattutto di bonifica degli istinti umani, che mi sembra da pazzi. È un chiamarsi fuori rispetto alla condizione umana. Tutto questo è pura retorica, non ci sono dubbi. E la retorica, da sempre, è della destra.
Rischiava di sparire anche l’educazione affettiva a scuola, che ora è rimasta solo con il consenso dei genitori.
L’idea che ci siamo così imbestiati, che siamo diventati ignobili e inumani, da aver bisogno di una educazione affettiva mi sembra terribile. Preferirei che il tutto fosse compreso nell’educazione civica, che non so perché hanno tolto. Le mani addosso a qualcuno, se non vuole, non gliele devi mettere. Punto. Che vuol dire l’educazione affettiva? Si danno i bacini a scuola? Se si educa alla tolleranza verso gli altri è un discorso diverso. Educazione affettiva che caz*o vuol dire? È troppo ambigua come definizione. Io posso essere attratta da qualcuno anche solo sessualmente, non sono obbligata ad amarlo. È sempre pura retorica. Dovrebbe essere una branca dell’educazione civica. Certo, in segreto puoi continuare a odiare gli altri, nessuno potrà mai strapparti il piccolo fascista che c’è in te, ma almeno hai l’obbligo a rispettare le scelte altrui. La denominazione è sbagliata, perché presuppone che ci sia affetto, mentre invece la libertà è anche sessuale senza per forza di cose un sentimento.
Tu stessa hai raccontato di aver lasciato tuo marito, in passato, perché innamorata di una persona omosessuale, anche se poi dopo 40 anni vivete ancora insieme.
Non capisco perché la gente si impiccia con chi vanno a letto gli altri. La trovo una delle cose più incivili del mondo. Io non ti chiedo la patente se sono tuo amico. Alla fine non parliamo d’altro se non degli atti sessuali. Mi rifiuto di fare dei distinguo, mi sconvolge questa mentalità. In maniera non violenta e rispettosa per me tutto è possibile. Anche i distinguo tra eterosessuali, gay, lesbiche, trans e via dicendo, con tutte queste definizioni rischiamo soltanto di metterci una camicia di forza. Tu sei quello che sei in quel momento. E basta!
Qual è oggi un atto di libertà rivoluzionario?
È una domanda difficilissima, perché siamo tutti così dominati e guidati. Pensiamo ai social, che sono un antidoto anti-rivoluzionario. Una trovata diabolica. Tutta la libidine di rivolta è stata incanalata attraverso le piattaforme, dove ci azzanniamo gli uni con gli altri e di pensieri politici ne abbiamo pochissimi. È un addormentamento, altro che la religione come oppio dei popoli. Nessun potere in passato ha fatto quello che viene fatto con i social. Un controllo assoluto della popolazione senza bisogno di obbligarla, perché si controlla da sola. Siamo diventati tutti delle comari affacciate alla finestra a parlare delle corna del vicino. La mia generazione è l’ultima che si può ricordare che cos’era la vera libertà, non essendoci telefonini uscivamo di casa e facevamo quello che ci pareva. Dicevamo ai genitori di andare in un posto e andavamo in un altro. Non dovevamo rendere conto di tutto. Io sono una donna delle caverne, non so cosa accadrà in futuro. Ma oggi so che siamo tutti telecomandati.
Se potessi parlare con i grandi delle Big Tech, cosa gli chiederesti?
Mi nasconderei, mi fanno paura. Rappresentano un’immagine antichissima del potere ma attraverso i mezzi di oggi. Certe volte ho dei dubbi. Non sono una complottista, però spesso mi faccio delle domande e le risposte non tornano. Conoscendo l’America, può essere che abbiano eletto Donald Trump democraticamente ma può anche essere di no. Perché Elon Musk ha la possibilità di falsificare qualsiasi cosa. Non ci sono armigeri, avvelenatori, guardie del corpo che possano sostituire il potere che certe persone hanno oggi. Trump pubblica video dove caga in testa agli elettori e non succede niente. Significa che ci possono fare qualunque cosa. Offende il ruolo che ha raggiunto, una volta sarebbe stato esautorato immediatamente, invece rimane presidente degli Stati Uniti. E non è la cosa più grave che ha fatto. I suoi sostenitori hanno assaltato Capitol Hill e non è successo nulla. È democrazia? È tutto falsificato, Trump ha sdoganato la violenza e dipendiamo tutti da uno psicopatico.
Eppure l’Italia è governata da una donna, Giorgia Meloni, per la prima volta.
È un bello schiaffo che ci ha dato la destra. D’altronde, dove non c’è la sinistra c’è la destra. Ci hanno consegnato i dirigenti di sinistra in mano a questi qui. Appena finita la passione politica non è rimasto nulla. Per ricordare qualcuno di valido a sinistra dobbiamo affidarci ancora a Berlinguer. Nanni Moretti disse: "D’Alema dì qualcosa di sinistra", era il 1998 nel film Aprile. Sono trent’anni che aspettiamo. Vuol dire che la sinistra è morta. Ho una estrema simpatia per Elly Schlein, ma non ha abbastanza carisma per farcela, anche perché raccoglie una sinistra disastrata. Ci vorrebbe qualcun altro più forte, più potente, più convincente.
A Barbara Alberti non hanno mai proposto di candidarsi?
I Radicali tanti anni fa. Ma io non sono in grado di fare nulla, sono una cittadina come tanti, non vado oltre alla scrittura e alla manutenzione domestica. Non saprei gestire neanche un ristorante. Sono un esserino smarrito, per cui non ho mai avuto la politica come ambizione.
Siamo ormai vicini al Natale, e anche se sei "puntigliosamente anticattolica e un poco mangiapreti", oltre ad aver avuto una famiglia non tradizionale, quando vi ritrovate tutti insieme dopo tanti anni a cosa pensi?
Sai che non parlo volentieri della famiglia? Perché porta una sfiga tremenda! Non capisco tutti quelli che si vantano dei figli. Mi sembra un modo di chiamarsi la sventura. Abbiamo così pochi piaceri nella vita che dobbiamo tenerceli stretti. Qualcosa che ci hanno tolto e ci siamo tolti di conseguenza è l’aver perso l’intimità. È molto grave sbattere tutto in pubblico. Ti viene sottratta una parte di verità dopo che l’hai messa in piazza. Era una grande ricchezza l’intimità, non solo delle persone famose. Se guardi sui social trovi gente qualsiasi che spiega quante volte ha fatto sesso l’altra notte. Ma non è una comunione, è una grande sottrazione.