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Alessandro Cattelan: “Non sono né uno stron*o né un genio, se passo per intellettuale è un problema”

Cosa pensa Alessandro Cattelan di se stesso rispetto a come lo vedono gli altri. Su Fanpage.it, il noto conduttore commenta la percezione ‘poco italiana’ che si ha di lui, più vicino a grandi showman americani: “Mi sembra di parlare più terra terra possibile. Se passo per un intellettuale, questo Paese ha un problema enorme”.
A cura di Eleonora D'Amore
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Alessandro Cattelan si racconta in una lunga intervista su Fanpage.it. Lo fa con la consapevolezza di dover rispondere al ‘percepito' esterno, cioè a cosa la gente pensa di lui rispetto a come lui stesso si percepisce. Punto di partenza, questo essere ‘così poco italiano' e più vicino a grandi showman americani come Jimmy Fallon e Jimmy Kimmel.

La sua idea di late night italiano ha attraversato alcune reticenze di critica e addetti ai lavori, nonostante tutti fossero convinti che fosse la sua cifra. Con Stasera c'è Cattelan in Rai hanno "svaccato", prendendosi maggiore libertà di quanta ne immaginassero. La rigida formazione su una tv locale come Rete A, dove "partivano schiaffi" se solo osavi parlare, lo ha temprato e tenuto con i piedi per terra, mentre la gavetta come veejay di MTV gli ha fatto vivere un periodo da sex symbol, osannato come uno dei Beatles. Riavvolgiamo il nastro con uno dei volti della rivoluzione di Rai 2.

Oggi definirti conduttore sarebbe riduttivo?

No, è un pezzo, un pezzo delle cose che mi piace. Mi piace fare. Al suo interno contiene molte accezioni, quindi è giusto.

Parlando un po' alla Boris, "you're so not italian", stimato e apprezzato come i grandi showmen americani. Questo aspetto mette anche distanza con il pubblico italiano?

Può essere però non ci posso fare niente. Non è una scelta, è un modo di essere. La cosa sicuramente ha affascinato alcuni e probabilmente allontanato qualcun altro, che magari mi trova un po distante, snob, freddo? Non lo so, possono essere vere entrambe le cose.

Alessandro Cattelan e Jimmy Fallon
Alessandro Cattelan e Jimmy Fallon

Ma tu ti senti distante, snob e freddo?

No, io per niente. Cioè anche all'interno di questo stile, comunque, gli ingredienti che uso e di cui parlo a me sembrano più terra terra possibile. Se passo per un intellettuale, vuol dire che questo Paese ha un problema enorme e probabilmente ce l'ha.

Conduttore capace, bravo nelle interviste e altrettanto nei monologhi. Adesso anche un'esperienza nel mondo dell'editoria, tanta radio. Ti hanno diagnosticato la sindrome da primo della classe?

Tutt'altro. Ho finito il liceo con il risultato minimo, ho frequentato l'università per 15 giorni e poi l'ho mollata. Quindi no, lontanissimo da questa sindrome.

Il late show sembra essere il tuo habitat naturale, un po' com'è capitato a David Letterman. Da Sky a Rai, è cambiato e se sì come?

È il posto in cui mi diverto di più, perché è il genere di programma che più mi somiglia, perché cambia velocemente e mi impedisce di annoiarmi. In Rai è cambiato, siamo arrivati un po' con quella mania di precisione che avevamo a Sky e che a Sky era possibile fare. E questo non è necessariamente un bene, perché poi a volte il rischio è quello di offrire poi un prodotto un po più freddo. Qui, per dirla in gergo tecnico, abbiamo svaccato e ci divertiamo ancora di più.

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A proposito di svaccare, questa mania di stocazzare la gente, come nasce nel tuo gruppo di lavoro?

Fare il programma è importante ma ancora di più è che i singoli pezzi di quel programma diventino virali. Puntiamo a che ogni singola clip arrivi ad avere vita propria sui cellulari della gente che ci segue. La mania di stocazzare la gente non è neanche stata un'idea mia, però mi ha subito convinto (ride, ndr). La Rai è il posto dei grandi programmi in cui si telefonava a casa, alla gente, per vincere le cose, per fare i cruciverba, e quanti fagioli ci sono nell'ampolla, etc… è la casa delle telefonate fatte agli italiani. Noi l'abbiamo resa semplice: sai chi ti saluta tantissimo? Se rispondi stocazzo vinci, altrimenti abbiamo vinto noi.

Fai parte del palinsesto di Rai 2, che quest'anno è la vera rivoluzione della Rai. Con Fiorello, Francesca Fagnani, Stefano De Martino, Alessia Marcuzzi, c'è una staffetta solidale, vi spalleggiate e fate gruppo. Questa bella atmosfera è speculare agli ottimo ascolti.

C'è un aspetto fondamentale che si chiama Talkability, cioè indipendentemente dai numeri che fa un programma, il valore è in quanto ne sente parlare in giro. E il palinsesto della Rai sta iniziando a mettere insieme progetti che puntano a questo aspetto e credo che per una rete sia vitale. Quando abbiamo parlato di affrontare questa avventura, mi ha convinto proprio l'essere inserito un progetto corale, non solo mio.

Grande è stata l'ondata di apprezzamento al di là dei numeri dell'Auditel, altrettante le critiche. Come le affronti?

Le critiche rompono sempre un po' le palle, poi per quelle che hanno un senso bisogna avere la maturità di ascoltarle. Quelle è difficile che arrivino da Twitter, più da un direttore di rete o dalla mia agente, persone che sanno di ciò che parlano, perché quelle sui social lasciano il tempo che trovano.

E invece, il tuo rapporto con gli applausi?

Beh, sono sicuramente meglio delle critiche. Però ho sempre pensato che non devo credere né a chi mi dice che sono uno coglione né a chi crede che sono un genio. Di geni ne ho conosciuti pochissimi e non sono sicuramente fra questi. Viviamo in un'epoca in cui tutto è esasperato, non c'è una via di mezzo.

In termini di riscontro, Da Grande non ha brillato agli ascolti sulla rete ammiraglia. La consacrazione nel grande pubblico non è stata come te l'aspettavi?

Il grande pubblico lo conoscevo poco perché venivo da una realtà molto diversa e ancora una volta ha giocato molto il mio carattere. Potevo tranquillamente fare un altro tipo di percorso, più protetto, privo di carattere. Ho preferito rischiare, alla fine non è morto nessuno. In quel periodo le critiche ci hanno portato in trending topic per una settimana.Se un programma è semplicemente brutto e va male, finisce lì, ma in quel caso si generò un dibattito.

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Cosa ti ha lasciato quella esperienza?

In quel momento ho deciso di misurare la reazione agli attacchi proprio per via della polarizzazione tra genio e scemo. Mi portavano dalle stelle alle stalle nel giro di uno scroll.

Il late show, per sua natura, è un programma che si predispone alla visione anche del singolo segmento su piattaforma (Raiplay). Intanto però integralmente va in onda su una rete generalista come Rai2. Come si scrive un programma destinato a canali e pubblici così diversi?

Mischiando i vari pezzi che pensi possano interessare pubblici differenti. Per quello della tv generalista è sicuramente più fruibile il momento dell'intervista, quindi cerchi di curarlo senza rinunciare a dei momenti divertenti. Questi momenti derivano dal convincere ogni personaggio a fare una performance, non a sedersi per fare promozione e andare via. Devo dire che sempre di più anche gli ospiti si sono resi conto, guardando format in giro per il mondo, di quanto risulti meglio offrire qualcosa oltre alla promozione spiccia.

Passiamo ad altri canali. I tuoi social sembrano mitigare una grande popolarità con un bisogno di normalità, è così?

No, non è un bisogno, è proprio una conseguenza. Non ci perdo troppo tempo, li uso in maniera sciatta, non ho intenzione di trasformare in un lavoro anche quello. Quando sto bene, tipo d'estate, posto pochissimo.

Alessandro Cattelan e la moglie Ludovica Sauer
Alessandro Cattelan e la moglie Ludovica Sauer

Felicemente sposato da un decennio, negli anni ti ha mai sfiorato l'idea di essere un sex symbol?

Certo (ride, ndr). Io vivo di prese per il culo e sarei molto ipocrita se prendessi per il culo tutti tranne me. Quindi io devo per forza essere il primo, ma mi viene anche naturale, cioè non mi prendo troppo sul serio.

Dal momento vee-jay a 20 anni ai 40 di oggi, la percezione è cambiata?

Essendo partito proprio dal basso, il primo lavoro l'ho fatto a Rete A prima di MTV, lavoravamo in uno scantinato dove se parlavi ti danno gli schiaffi. Ho fatto gli anticorpi al tenere tutto sommato i piedi per terra. Poi ci sono stati momenti tipo TRL in cui le fan ti facevano sentire uno dei Beatles.

Giorgia a Sanremo ha ironizzato sulla figlia che tifava Lazza invece che per lei. Anche tu hai delle figlie che probabilmente hanno altri miti nella loro vita. Quali sono quelle che ti fanno concorrenza?

Televisivamente poco. Qualche YouTuber è la cosa mi sta molto sul cazzo.

Tipo chi?

Hanno avuto la fase Me contro te, aadesso gli piacciono i Pantellas. Soprattutto Nina, la più grande, è sempre stata molto disinteressata rispetto al mio lavoro. Si è interessata a X Factor quando l'ho lasciato e si è molto arrabbiata con me perché i suoi compagni avevano iniziato a vederlo.

E la più piccola?

A Olivia piace un po' di più quello che faccio, l'ho beccata a farsi i jingle di Stasera c'è Cattelan da sola nella sua camera.

Ti suggeriscono degli ospiti da portare in trasmissione?

Sì sì, adesso sono in fissa con tutti i cantanti di Sanremo. A Mister Rain l'intervista l'hanno scritta loro. Olivia poi è pazza di Marco Mengoni, fa una sua versione di Due vite che andrebbe vista.

Domanda Sanremo. Chiunque ti intervisti non può non chiederti se vorresti condurlo. Sta diventando un'ossessione?

No no, non lo è mai stata. Intanto il mio punto di vista su Sanremo è cambiato, perché da piccolo l'ho visto per anni con mia madre, poi, avendo iniziato a lavorare a 19 anni, credo di non aver mai più acceso la televisione in vita mia, perché a Milano ero da solo, uscivo tutte le sere, vivevo la vita. Da quando sono nate le figlie, sto più a casa e ho ricominciato a guardare un po di tutto.

Salutava sempre, lo spettacolo di Cattelan fa tappa all'Ariston
Salutava sempre, lo spettacolo di Cattelan fa tappa all'Ariston

Incluso Sanremo?

Sì, ma in un primo momento ero sempre un po' in imbarazzo perché ne riconoscevo l'importanza ma avevo perso l'interesse nei confronti di ciò che era diventato. Negli ultimi anni sono stati talmente bravi, sia Baglioni che Carlo Conti e poi bravissimo Amadeus, che l'hanno reso di nuovo una roba figa. Quindi se me lo chiedessero oggi, accetterei molto volentieri.

A proposito di Festival, momento letterina di Chiara Ferragni. Cosa direbbe il Cattelan 20enne a quello che sei diventato oggi?

Sicuramente la farei più corta, gli direbbe: Alessandro, pensavo peggio.

Avevi un piano B nella vita?

No, avevo un piano A. Questo è il mio piano B, cioè la tv è il mio fallimento. Io volevo fare il calciatore e poi purtroppo non ce l'ho fatta. Lì non veniva apprezzato l'essere sexy.

E purtroppo l'anagrafica conta, perché altrimenti ti direi che sei ancora in tempo.

Chiaramente no, ma se ce l'avessi fatta sarei già in pensione da almeno quattro o cinque anni, cioè starei già a godermi la vita.

Alessandro Cattelan in campo
Alessandro Cattelan in campo

Il tuo chiringuito ideale?

Sono sempre stato innamorato di New York, mi ricarica, mi stimola, mi fa star bene. Quando vado lì, mi piace far finta di essere nato lì, faccio cose semplici tipo andare al parco o sedermi in un pub a guardare la gente che passa. Altrimenti, un classico: mare, tranquillità, tramonto e silenzio.

Fai tante interviste, se la dovessi fare a te stesso, quale domanda ti riserveresti?

Ti diverti ancora a fare questo lavoro? E la risposta sarebbe Sì.

A questo punto, visto quanto è stata inflazionata nel momento del tuo ingresso in Rai, non ti chiedo cosa vuoi fare da grande ma cosa vuoi fare a settembre?

Tirare lungo sulla vacanza estiva, poi da ottobre mi piacerebbe ricominciare con la stagione nuova di Stasera c'è Cattelan.

Quindi ci vediamo sul 2?

Speriamo, non si sa mai quello che succede.

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