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Festival di Sanremo 2022

Sanremo 2022 ha unito le generazioni: ecco la vera rivoluzione del Festival di Amadeus

Uno show nazionalpopolare seguito dai laureati, un programma della tradizione della tv generalista seguito dai giovanissimi. Il tutto unendo nuovi fenomeni e vecchie glorie: missione (quasi) impossibile compiuta, per Amadeus.
A cura di Maria Cafagna
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In questi giorni un numero nutrito di persone che normalmente non guarda la televisione generalista si è sintonizzato in massa su Rai Uno per seguire il Festival di Sanremo. Stiamo parlando di un pubblico con un livello d’istruzione medio-alto e di tanti, tantissimi giovani: secondo i dati presentati durante le conferenze stampa dal direttore Stefano Coletta, tra gli adolescenti il Festival ha raggiunto punte del 70% di share. Si tratta di numeri impressionanti soprattutto se si tiene conto che sia la GenZ – ovvero le persone nate dopo il duemila – e i millennial sono abituati col tempo a un tipo di fruizione dei contenuti audiovisivi molto frammentata: i social e le piattaforme streaming hanno messo in crisi e non poco la televisione generalista che non è riuscita ancora a  rispondere alle esigenze di un pubblico giovane e iper-connesso.

Questo discorso evidentemente non vale per il Festival di Sanremo che è riuscito a tenere incollati davanti alla televisione giovani, donne e laureati, con numeri impensabili per qualsiasi altro evento televisivo diverso dalle partite della Nazionale maschile di calcio.

Cinque anni fa con l’arrivo a Sanremo di Claudio Baglioni, la Rai ha aperto le porte del teatro Ariston ad artiste e artisti della scena così detta indipendente richiamando sul Festival l’attenzione dei loro fan, ovvero persone non giovanissime ma iperconnesse e in grado di generare hype attorno alla manifestazione canora. Se con Baglioni è arrivato il nuovo, va dato merito ad Amadeus di aver capito che accanto al nuovo era necessario portare i volti storici di Sanremo e in generale della musica leggera italiana.

Quando la Rai scelse di affidare ad Amadeus le redini del Festival, il conduttore era reduce dal successo del programma "Ora o mai più", dove nomi un tempo noti del panorama musicale venivano giudicati da una giuria di star del passato come Toto Cutugno e Donatella Rettore. "Ora o mai più" divenne in poco tempo un programma cult anche sul web grazie ai divertentissimi battibecchi tra i giudici e forse per questo, con una mossa azzardata Amadeus – evidentemente d’accordo con la rete – ha scelto di provare a portare sul palco dell’Ariston qualche innesto d’antan accanto a nomi del panorama indipendente, cantanti usciti dai talent e star dei social

Numeri alla mano, i risultati sono stati trionfali sia in termini non solo di share ma anche per tutto il panorama musicale, come dimostra il successo internazionale dei Maneskin che ha portato finalmente in Italia l’Eurovision (Mahmood aveva sfiorato la vittoria per un soffio solo un paio di anni prima, non a caso era la seconda edizione dell’era Baglioni).

È interessante però come questi nuovi innesti abbiano creato una sorta  di cortocircuito all’interno della manifestazione, soprattutto dal punto di vista televisivo.

All’Ariston è arrivata la fluidità di genere – Achille Lauro, La Rappresentante di Lista, Maneskin, gli stessi Blanco e Mahmood – artiste giovani e attive sul fronte dei diritti civili – Emma, Francesca Michielin – con una fanbase che sposa le loro cause, condivide i loro linguaggi ed è attenta a questi temi. Il risultato è che a Sanremo convivono Drusilla Foer e lo sketch di Checco Zalone sulle donne trans, l’esercito che suona l’inno di Mameli e un inno alla ribellione festosa come Ciao Ciao de La Rappresentante di Lista, il cast di Don Matteo e Lo Stato Sociale.

L’esempio più evidente riguarda un piccolo e solo apparentemente insignificante gesto: la consegna dei fiori di Sanremo alle donne. Alla vigilia della prima edizione guidata da Amadeus, fecero molto scalpore alcune sue uscite durante la conferenza stampa della manifestazione quando il conduttore riferendosi a Sofia Novello disse che una delle sue qualità oltre alla bellezza è che “sa stare un passo indietro a un grande uomo”. Il tema dei diritti delle donne e gli echi della nuova ondata di femminismo entrarono così di prepotenza sul palco dell’Ariston e non se ne sono più andati, tanto che molte artiste in segno di protesta decisero di dividere i fiori che venivano donati solo a loro coi colleghi maschi. Dopo l’ennesimo episodio che ha visti coinvolti Hu e Highsnob – lei che sottolinea di essere l’unica ad aver ricevuto i fiori, la sera prima Francesca Michielin aveva deciso di regalare i suoi al primo violino – Amadeus, non senza qualche imbarazzo, ha deciso di donare i fiori di Sanremo a tutti gli artisti in gara a prescindere dal genere.

Ma l’esempio più emblematico delle difficoltà nella convivenza tra il pubblico più giovane e quello generalista l’abbiamo visto con il tanto famigerato Fantasanremo. Come hanno fatto notare in molti, c’è un pubblico più anziano che in queste sere ha assistito a delle scene nate a uso e consumo dei social e che molto probabilmente non ha capito cosa stesse succedendo, un po’ come alle poste la persona che ha prenotato il suo turno tramite l’app passa davanti alle persone anziane che hanno aspettato ore in fila. Interrogato sull’argomento, Amadeus ha più volte ribadito l’intenzione di non voler intralciare in alcun modo alle artiste e agli artisti che partecipano al Fantasanremo, consapevole del fatto che il successo di Sanremo dipende anche dal pubblico dei social.

Come ha sottolineato Gianni Morandi al termine dell’ultima serata del Festival, il podio di quest’anno rappresentava tre generazioni molto diverse tra loro e spesso in contrasto che sul palco dell’Ariston hanno trovato un terreno neutro dove parlarsi e provare a capirsi. L’esperimento è senza dubbio riuscito in termini di ascolti – in tv, in radio, sulle piattaforme di streaming – un po’ meno sulla qualità e la quantità dello spazio dato alle donne e alle minoranze. Però è indubbio che solo qualche anno fa non avremmo visto sul palco dell’Ariston un’artista come Drusilla Foer, la festosa anarchia di Blanco, Tanani e Dargen D’Amico, difficilmente avremmo visto duettare Donatella Rettore e Ditonellapiaga e mai avremmo pensato a una collaborazione tra Orietta Berti, Achille Lauro e Fedez. La rivoluzione non è un pranzo di gala, tantomeno una manifestazione canora, ma spesso passa da un mazzo di fiori respinto con gentilezza. Anche per questo l’anno prossimo ci potrai trovare lì, con le nostre notti bianche, davanti a Rai Uno.

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Maria Cafagna è nata in Argentina ed è cresciuta in Puglia. È stata redattrice per il Grande Fratello, FuoriRoma di Concita De Gregorio, Che ci faccio qui di Domenico Iannacone ed è stata analista di TvTalk su Rai Tre. Collabora con diverse testate, ha una newsletter in cui si occupa di tematiche di genere, lavora come consulente politica e autrice televisiva. -- Maria Cafagna   Skype maria_cafagna
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