
Non si contano le occasioni in cui, storicamente, il Festival di Sanremo è finito al centro del dibattito politico. Gli ultimi anni, in particolare, sono stati assai prodighi in fatto di spunti serviti su piatto d'argento ai partiti per ingigantire questioni di cui si fatica a comprendere la reale rilevanza, come sempre accade ai temi su cui tenda a tuffarsi una parte consistente dell'opinione pubblica.
Se è stato il Covid, manco a dirlo, ad annullare qualunque spunto polemico alternativo nelle edizioni 2021 e 2022, la rosa di motivazioni che hanno acceso politica e personaggi influenti sul tema sanremese è ricca dei più svariati input e quest'anno c'è la guerra. In particolare Zelensky, il leader ucraino che sarà presente a Sanremo con un suo intervento che verrà trasmesso nel corso dell'ultima serata. Potevano i nostri rappresentanti non accanirsi su un tema così succoso, costola di un dibattito ben più ampio che da mesi si muove sul filo precario dell'argomentazione "non stiamo con la Russia ma siamo contro le armi all'Ucraina"?
Una questione a dir poco lunare, se si pensa al fatto che Sanremo è stato negli anni contenitore per le più svariate manifestazioni di stampo politico e sociale che andavano ben oltre la connotazione di manifestazione musicale. Se accade il motivo è semplice: Sanremo è e deve essere questo. Deve farlo per confermare la propria straordinarietà, valorizzare la tradizione di evento nazional popolare, ma anche per ragioni di ascolti mero appeal. Zelensky ospite genera interesse e non c'è ragione che questo interesse non si provi a capitalizzare, soprattutto se questo corrisponde a dare un messaggio in linea con ciò che da mesi siamo spinti a credere sia la cosa giusta: supportare l'Ucraina e tenere accesa la luce sull'argomento guerra.
Se la nostalgia è un carattere distintivo del nostro tempo, la tendenza a guardarsi indietro e pensare che una volta era meglio tutto, dibattiti sanremesi di questo tipo fanno venire voglia di rimpiangere quelli belli e assurdi di una volta. Vi ricordate, ad esempio, il fascino di Di Maio e Salvini che, a pochi mesi dalla formazione del celeberrimo governo gialloverde, mettevano su una delle polemiche più populiste degli ultimi anni invocando il televoto a Sanremo contro i radical chic dopo la vittoria di Mahmood, che aveva vinto contro Ultimo grazie al voto della giuria di qualità? Insomma, se si deve fare propaganda su Sanremo, metteteci almeno un po' di fantasia.
