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“No a una sanità all’Italiana”, la Svizzera difende così il sistema dei privati

In Svizzera si voterà a breve per il referendum che propone una cura del paziente basata su un unico istituto pubblico. L’Italia viene tirata in ballo dalla campagna shock delle cliniche private.
A cura di Danilo Massa
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Il manifesto del Comitato per il "no".
Il manifesto del Comitato per il "no".

L'Italia ritorna, senza averne fatto domanda e strattonata per la giacca, nel dibattito svizzero su cosa sia l'efficienza e la cura per il prossimo. Tra poco più di un mese i cittadini svizzeri saranno chiamati a partecipare ad un referendum  sulla sanità della confederazione. I promotori, tra cui il partito socialista, chiedono che la cura dei cittadini non sia gestita dalle sessantotto assicurazioni private presenti sul territorio, ma sia garantita da un istituto pubblico che si prenda cura soprattutto delle classi meno agiate. Secondo alcune indagini, la possibilità che il referendum produca un risultato positivo è molto ridotta, considerata anche la campagna mediatica del fronte del "no" che trova schierate anche le autorità federali di Berna, secondo cui "la concorrenza incentiva modelli e prestazioni innovative".

Cliniche private e la Confindustria elvetica, Economiesuisse, si oppongono alla proposta. Alcune società si sono raccolte intorno ad un unico comitato, che accoglie anche grandi realtà imprenditoriali della Confederazione elvetica. E' da questo comitato che giunge lo slogan "No a una sanità all'italiana". La retorica anti-italiana non è nuova in Svizzera, né, del resto, in altri paesi della Mitteleuropa. L'elemento di novità, tuttavia, è nei soggetti che questa volta hanno rispolverato il sentimento anti-italiano. L'etichetta del male, questa volta, è stata esposta da soggetti "radicali" che non si collocano ai margini del dibattito politico, ma di rinomate realtà imprenditoriali.

Contrario allo slogan Stefano Modenini, dell'associazione degli industriali del Canton Ticino, che al Corriere della Sera ha dichiarato di essere "contro a ogni forma di generalizzazione e personalmente quei cartelloni mi hanno infastidito. Mi risulta tra l’altro che verranno diffusi solo nella Svizzera italiana e mi pare siano il frutto di un meccanismo che va prendendo piede: se si vuole raccogliere un facile consenso da queste parti a quanto pare basta parlare male dei vicini italiani".

Neutrale, rispetto allo slogan, Economiesuisse che attraverso Angelo Geninazzi, responsabile della corporazione per la Svizzera italiana, fa sapere che "non siamo stati interpellati e in ogni caso siamo per continuare a mantenere i migliori rapporti possibili con gli Stati".

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