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Sentenze comprate e depistaggi per condizionare i processi: arrestati avvocati e magistrati

Spiata anche la procura di Milano sulle tangenti Eni, finte indagini specchio grazie a magistrati compiacenti e sentenze pilotate per favorire determinare società in procedimenti amministrativi.
A cura di Antonio Palma
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Una maxi operazione condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalle procure di Roma e Messina, è scattata all’alba di martedì in tutta Italia contro diversi imprenditori, avvocati, professionisti e anche magistrati, accusati a vario titolo di aver messo in piedi un sistema attraverso il quale venivano comprate sentenze e realizzati depistaggi per condizionare procedimenti amministrativi e giudiziari per un valore di svariate centinaia di milioni di euro. Tra le accuse in particolare  quella di aver messo in piedi un meccanismo che consentiva di orientare l’affidamento di alcune gare grazie alle decisioni compiacenti in materia amministrativa e di aver costruito falsi dossier per spiare le inchieste depistare quindi procedimenti giudiziari tra cui quello aperta dalla procura di Milano sulle tangenti Eni in Nigeria.

Una ventina in tutto le ordinanze di custodia cautelare firmate dai gip di Roma e Messina che hanno portato a 15 arresti. Tra gli altri, in manette sono finiti l’avvocato Piero Amara, legale di diverse aziende di primo piano e accusato di essere al centro del sodalizio, e il  magistrato Giancarlo Longo, fino a qualche mese fa pm alla Procura di Siracusa e poi trasferito dal Csm, per motivi disciplinari, al tribunale civile di Napoli. Gli altri mandati di arresto riguardano imprenditori, dirigenti pubblici, professori universitari e giornalisti. Indagato invece per concorso in corruzione l'ex presidente del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio la cui richiesta di arresto è stata respinta dal Gip che ha ritenuto non ci fossero le esigenze cautelari.

Le accuse vanno dall'associazione per delinquere alla corruzione in atti giudiziari, dal falso alla frode fiscale, dalla bancarotta all'intralcio alla giustizia. Secondo l'accusa, il gruppo era capace di mettere in piedi procedimenti giudiziari "specchio" con l'aiuto di magistrati compiacenti in modo da venire a conoscenza di indagini importanti e tentare quindi di inquinare inchieste delicate. Questo sarebbe stato anche il caso dell'inchiesta sulle tangenti Eni e su l'ad Descalzi. In particole fu denunciato un fantomatico tentativo di sequestro a Siracusa da parte di due nigeriani e un italiano interessati a sapere notizie su un report che, di fatto, avrebbe provato un complotto internazionale per far fuori Descalzi. Questo permise di aprire un fascicolo di indagine parallelo che permise di avere informazione dall'inchiesta  principale.

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