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Senato, Grasso disinnesca la mina Calderoli: non ammessi 72 milioni di emendamenti

Il Presidente del Senato dichiara inammissibili i 72 milioni di emendamenti presentati dal leghista Roberto Calderoli.
A cura di Redazione
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UPDATE – Grasso, nel ribadire la sua linea di condotta, conferma che sono circa 385mila gli emendamenti "superstiti", che dovranno essere discussi e votati entro la data del 13 ottobre, decisa dall'Assemblea.

Ritorna in discesa la strada dell’approvazione a Palazzo Madama del ddl Renzi Boschi di riforma della Costituzione. Il Presidente del Senato Pietro Grasso ha infatti dichiarato “irricevibili” i circa 72 milioni di emendamenti presentati dal senatore leghista Roberto Calderoli, che aveva ammesso pubblicamente di averli preparati grazie ad un “algoritmo”. Una pratica ostruzionistica che è stata giudicata inaccettabile dalla Presidenza che ha spiegato come “esaminare l’abnorme numero di modifiche avrebbe significato bloccare i lavori parlamentari per un tempo incalcolabile”. In tal senso, Grasso ha poi citato qualche precedente alla Camera, spiegando che proprio l’abnormità del numero di proposte ha reso necessaria la sua decisione.

Una scelta apprezzata dal capogruppo del Partito Democratico Zanda, che ha ricordato come mancasse anche la firma autografa alle proposte di modifica e come una pratica ostruzionistica di tale tipo minasse alla radice il processo democratico. Dura invece la reazione delle opposizioni, con la senatrice fittiana Bonfrisco che ha ricordato come il ddl sia stato mandato in Aula senza relatore, impedendo così che la discussione avesse il suo corso normale in Commissione Affari Costituzionali.

Anche Forza Italia, per bocca di Paolo Romani, si è detta molto preoccupata per il precedente creato, spiegando che la scelta su “abnormità e congruità” è soggetta sempre ad interpretazioni di natura politica.

Durissima, ovviamente, la replica della Lega Nord, che ha parlato di precedente gravissimo, accusando Grasso di aver “escluso una serie di emendamenti a prescindere dal merito” (che non è stato verificato, appunto, a causa del numero di proposte emendative) e ha avvertito che il rischio d’ora in avanti è quello di “mettere un tetto” al numero di proposte che le opposizioni possono presentare. E Calderoli ha parlato di "deriva autoritaria", contestando l'utilizzo dei termini abnorme e congruo da parte della Presidenza.

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