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Un pentito alla Dda di Roma: “Meloni ha dato 35mila euro al clan Travali per la campagna elettorale”

Le dichiarazioni del pentito Agostino Riccardo, ora collaboratore di giustizia, sono riportate in esclusiva da la Repubblica. Secondo Riccardo, Giorgia Meloni avrebbe fatto avere nel 2013 al clan Travali 35mila euro per la campagna elettorale di Pasquale Maietta, eletto in Parlamento ma poi espulso dal partito dopo essere stato coinvolto in numerose inchieste giudiziarie.
A cura di Natascia Grbic
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Agostino Riccardo, collaboratore di giustizia, ha fatto importanti dichiarazioni davanti i magistrati antimafia romani. Riccardo ha dichiarato che nel 2013 la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni ha fatto avere 35mila euro al clan Travali di Latina (recentemente colpito da un'ondata di arresti che lo ha decimato) per comprare voti e attaccare manifesti in favore di Pasquale Maietta, all'epoca astro nascente del partito e figura ritenuta legata a Costantino ‘Cha Cha' Di Silvio, boss dell'omonimo clan che per anni ha operato nella zona di Latina, contendendosi il potere con i Travali. Travolto da numerose inchieste giudiziarie, non si è più candidato in Parlamento dal 2018. Le dichiarazioni di Riccardo sono state pubblicate in esclusiva da la Repubblica questa mattina.

Le dichiarazioni del pentito su Meloni e clan Travali

"Nel 2013 alle elezioni politiche, prima di conoscere Gina Cetrone, presentata da Di Giorgi, al bar eravamo io, Pasquale Maietta, Viola, Giancarlo Alessandrini". Si tratta di componenti del clan Travali, coinvolti più volte in varie inchieste giudiziarie. "Maietta – si legge nelle dichiarazioni del pentito riportate da la Repubblica – ci presentò Giorgia Meloni. Era presente anche il suo autista. Parlavamo della campagna elettorale e Maietta disse alla Meloni che noi eravamo i ragazzi che si erano occupati delle campagne precedenti per le affissioni e per procurare voti. Parlarono del fatto che Maietta era il terzo della lista, prima di lui c'erano Rampelli e Meloni, nonché del fatto che Rampelli, anche se eletto, si sarebbe comunque dimesso per fare posto al Maietta". E ancora: "Maietta ha detto alla Meloni che c'era bisogno di pagare i ragazzi presenti per la campagna elettorale e la Meloni ha risposto: ‘Dì a questi ragazzi che ne parlino con il mio segretario' ". Sarebbero 35mila i soldi che sarebbero stati dati al clan Travali in un appuntamento preso poco dopo in una pompa di benzina. Il denaro sarebbe stato recapitato all'interno di una busta del pane.

Chi è Pasquale Maietta

Pasquale Maietta, ex presidente del Latina Calcio, commercialista, è stato eletto deputato nel 2013 dopo la rinuncia di Giorgia Meloni e di Fabio Rampelli (che hanno optato per un'altra circoscrizione). Coinvolto in varie inchieste giudiziarie, è stato espulso dal partito nel 2016, dopo che la Procura di Latina aveva chiesto alla Camera dei deputati l'autorizzazione all'arresto nell'ambito dell'inchiesta Olimpia, riguardo la gestione degli appalti e dei fondi del comune di Latina. Pochi giorni dopo risulta indagato anche per illeciti finanziari legati alla gestione del club Latina Calcio, da cui poi si dimette da presidente. Nel 2018 viene invece arrestato perché ritenuto ai vertici di un'associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro e a reati tributari e societari.

La replica di Giorgia Meloni

"Non ho mai dato soldi ai rom, non ho mai dato soldi in contanti, né dato soldi in contanti a un distributore di benzina in una busta del pane – ha replicato Giorgia Meloni in un video su Facebook – E nel 2013, quando facemmo la campagna elettorale, i soldi non ce li avevamo proprio. Che poi verrebbe da dire, quanti manifesti avete attaccato con questi 35mila euro a Latina? Dico di più: non ho mai avuto segretario maschio né girato su volkswagen nera. È una notizia inventata e facilmente verificabile. Se gli inquirenti avessero voluto chiedermelo, io non avrei avuto problemi a rispondere. Devo pensare che non hanno considerato attendibile la notizia, perché altrimenti mi avrebbero chiesto conto di questa cosa che mi infanga".

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