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Strage Ardea, Luca Di Bartolomei: “10 milioni di armi in giro in un paese psicologicamente a pezzi”

La Beretta calibro 7.65 usata da Andrea Pignani nella strage di Ardea apparteneva al padre, guardia giurata deceduta a novembre 2020. Il 34enne, un ingegnere informatico con disagi psichici, l’aveva nascosta nella mansarda di casa. Luca Di Bartolomei: “Sono oltre dieci milioni le armi in giro in Italia, cosa aspettiamo a fare qualcosa?”.
A cura di Natascia Grbic
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"Quella che abbiamo davanti è una situazione di forte disorganizzazione: una persona che subisce un trattamento sanitario obbligatorio e ha un parente che detiene un'arma, in linea di principio dovrebbe far scattare qualche punto interrogativo all'amministrazione delle forze dell'ordine. E dovrebbe far riflettere anche il fatto che nessuno tra di loro sapeva che una persona con una pistola era morta a novembre 2020". Luca Di Bartolomei è il figlio dello storico capitano della Roma Agostino Di Bartolomei, e autore di "Dritto al cuore. Armi e sicurezza: perché una pistola non ci libererà mai dalle nostre paure", in cui dati alla mano racconta un paese a mano armata, e i tentativi delle lobby di allargare le maglie per ottenere una pistola legalmente. Una battaglia civile che conduce a partire dalla sua biografia, vista la scelta del padre di togliersi la vita con un'arma da fuoco nel 1994, insistendo sul pericolo rappresentato proprio dalle troppe pistole in giro legalmente detenute e sul loro controllo. Ciò che è successo ieri ad Ardea, con due bambini e un uomo di 74 anni uccisi da una persona con disturbi psichici, ha riaperto il dibattito relativo alla diffusione delle armi in Italia. Da ieri tutti si stanno facendo una domanda: com'è possibile che un uomo con problemi mentali, sottoposto a tso, e noto nella zona per il suo temperamento violento, avesse un'arma? È così facile ‘lasciarsi sfuggire' una pistola, che rischia così di finire nelle mani sbagliate?

"Unificare C.E.D. dei ministeri Interno e Salute"

"Due sono le cose che dobbiamo chiederci – spiega Di Bartolomei – La prima è perché non sia stata ancora varata l'unificazione dei C.E.D. (banca dati che contiene tutte le informazioni acquisite dalle forze di polizia nel corso di attività amministrative e di prevenzione o repressione dei reati, N.d.R.) del ministero della Salute e degli Interni. In questo modo le forze dell'ordine sarebbero a conoscenza dei casi di persone che detengono armi da fuoco e sono soggette a trattamenti sanitari, anche obbligatori". La seconda cosa da valutare, secondo Di Bartolomei, è anche il periodo storico che stiamo vivendo. "Durante la pandemia il livello di stress è aumentato del 70%, e il ricorso ai farmaci è aumentato di tre volte. Siamo sicuri di volere che oltre dieci milioni di armi continuino a girare in un paese psicologicamente a pezzi? Quei bambini, quel nonno, non ci dicono niente? Quante persone vogliamo piangere prima di renderci conto della gravità di quanto sta avvenendo? Mentre noi parliamo di Ardea, ieri sera un uomo ha impugnato una pistola e fatto fuoco contro l'ex compagna, uccidendola. È l'11esimo femminicidio con arma. Se non facciamo qualcosa, il sangue che scorrerà nei prossimi mesi potrebbe essere molto di più di quello cui siamo abituati, perché questo è un Paese psicologicamente devastato".

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