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Prolife nei consultori, presidio di Non una di Meno al Senato: “No alla violenza degli antiabortisti”

Si è tenuto oggi il presidio davanti Palazzo Madama di Non Una di Meno contro l’ingresso degli antiabortisti nei consultori. Domani la votazione dell’emendamento di Fratelli d’Italia al Senato.
A cura di Natascia Grbic
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"Ho abortito, non mi vergogno. Non mi pento, mio il corpo, mia la scelta". "Insieme abortiamo l'embrione e il patriarcato". "Fuori gli obiettori da tutti i consultori". Questi alcuni dei cartelli mostrati alla manifestazione organizzata da Non una di meno e dalla Rete nazionale consultori e consultorie contro le associazioni antiabortiste nei consultori. Con un emendamento al Pnrr, Fratelli d'Italia ha aperto di fatto le porte ai prolife, scatenando un'ondata di indignazione e di polemiche. Questo perché i consultori sono non solo un luogo laico, ma un posto dove le persone dovrebbero essere rispettate in ogni loro scelta. Compresa quella di abortire. Con l'ingresso dei no choice, situazioni delicate come possono essere quelle di chi sceglie di interrompere una gravidanza, non sarebbero più tutelate.

Le manifestanti sono partite in corteo dal Senato, attraversando le vie del centro cittadino e distribuendo test di gravidanza. Da giorni diverse città d'Italia sono teatro di cortei e presidi di protesta contro l'emendamento della destra, che di fatto renderebbe molto più complicato interrompere una gravidanza. Senza contare che, onde evitare di imbattersi nei prolife, in molte potrebbero decidere di affidarsi a ciarlatani o tentare rimedi casalinghi per abortire, con conseguenti pericoli per la propria salute. Rischi che vengono denunciati da anni, ma che gli antiabortisti scelgono di ignorare, preferendo imporre una gravidanza piuttosto che salvaguardare la salute (fisica e mentale) delle persone.

"Con questo presidio si istituisce uno stato di agitazione permanente", ha dichiarato Bianca Monteleone, di Obiezione respinta. "Da un punto di vista tecnico, non sono i consultori che scelgono le associazioni con cui collaborare, ma le Regioni – spiegano le attiviste -. I consultori si troverebbero quindi decisioni calate dall'alto, e con esempi come le Marche, o il Piemonte, a seconda del governo della specifica regione sapremo gli esiti. Dal nostro punto di vista non solo tecnico, ma da chi accompagna ad abortire, e si trova ad avere a che fare con la violenza degli antiabortisti, da molti anni sappiamo cosa fanno. Da molti anni la loro violenza ci viene riportata da persone che la subiscono o la dichiarano: persone che sono costrette a sentire il battito del feto, che si trovano cartelloni in città dove vengono definite assassine per aver deciso sul proprio corpo".

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