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Operazione Alba Pontina a Latina, condanne per 64 anni di carcere al clan Di Silvio

Emessa oggi la sentenza per sette membri del clan sinti Di Silvio, arrestati in seguito all’operazione Alba Pontina. 64 anni e mezzo di carcere in tutto, 24 al boss Armando ‘Lallà’ Di Silvio e 15 anni per la moglie Sabina De Rosa, i due capi dell’organizzazione criminale attiva nella zona di Latina.
A cura di Natascia Grbic
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Condanne al clan Di Silvio per 64 anni e mezzo di carcere: questa la decisione presa dalla sezione penale del Tribunale di Latina, che alle 17.45 di oggi ha emesso la sentenza per sette membri del clan di sinti italiani che da anni tiene sotto scacco la provincia pontina. Armando Di Silvio, capo del clan, è stato condannato a 24 anni e due mesi di reclusione; Sabina De Rosa, la moglie anche lei considerata a capo dell'organizzazione, a quindici anni e tre mesi; Francesca De Rosa a 3 anni e tre mesi; Genoveffa Di Silvio a 5 anni e 4 mesi; Angela Di Silvio a 6 anni e 4 mesi; Giulia Di Silvio a 2 anni e 7 mesi; Tiziano Cesari a 3 anni e 7 mesi; Federico Arcieri a 4 anni. Per Armando Di Silvio, Sabina De Rosa e Angela Di Silvio è stata decisa anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

L'operazione Alba Pontina: soldi in cambio di voti

L'operazione Alba Pontina ha decimato il clan Di Silvio, portando in carcere molti dei membri del clan mafioso. Una mafia originale, come definita dagli inquirenti in seguito all'operazione, che hanno ricostruito come i Di Silvio dal 2010 avevano costruito la loro egemonia con violenza e omicidi ai danni di altri gruppi criminali, fino a prendere in ostaggio interi quartieri del capoluogo pontino. Solo a sentire nominare i Di Silvio, spiegano gli inquirenti, si scatenava il terrore nel "tessuto sociale ed economico ma anche gli altri gruppi criminali non rom, che a volte si sono persino visti sottrarre partite di droga senza possibilità di reagire". Tra le attività principali del clan, lo spaccio di droga e l'estorsione, ma avrebbero dato anche indicazioni di voto in cambio di denaro. Ed erano soprattutto le elezioni comunali del 2016, finite al centro della cronaca per i due arresti di ieri e le indagini su Matteo Adinolfi, a essere al centro dell'attenzione del clan, che voleva gestire in esclusiva la campagna elettorale e affermare in esclusiva il predominio sull'attacchinaggio dei manifesti. Centrale, in queste operazioni, il ruolo del pentito e collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.

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