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Nel Lazio più di 700mila lavoratori percepiscono meno di 15mila euro all’anno

Lo studio della Cgil: nel 744mila lavoratori su 1,6 milioni percepiscono meno di 15mila euro all’anno. Sono dati che si riferiscono al settore privato non agricolo.
A cura di Enrico Tata
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Nel Lazio 744mila lavoratori su 1,6 milioni percepiscono meno di 15mila euro all'anno. Tra gli under 35, addirittura il 62 per cento si trova al di sotto di questa soglia. Questi i dati che emergono da uno studio della Cgil sui dati Inps che riguardano dipendenti del settore privato non agricolo, e cioè senza contare i dipendenti pubblici, i lavoratori agricoli, i lavoratori domestici, i collaboratori e gli autonomi, con e senza partita iva.

Le persone con retribuzioni annue al di sotto dei 15mila euro sono per il 54 per cento donne e per il 39 per cento uomini. Per il 42 per cento, inoltre, sono lavoratori con un contratto a tempo determinato. Al salire delle retribuzioni, la quota di precari si abbassa, passando al 16 per cento tra chi percepisce tra i 15mila e i 25mila euro annui fino al 3 per cento per chi ha retribuzioni sopra i 35mila euro. Le cause principali delle basse retribuzioni, si legge nello studio, sono i contratti precari, i part time involontari e i bassi salari.

Nonostante le donne abbiano in percentuale più contratti a tempo indeterminato, si ritrovano a guadagnare meno di 15mila euro soprattutto a causa del part time involontario, che riguarda tre donne su quattro. I settori con più lavoratori sotto i 15mila euro sono quelli di alloggio e ristorazione, 85 per cento, le attività artistiche, sportive e d'intrattenimento, 64 per cento, nell'istruzione, 57 per cento, ma anche nella sanità privata, nell'assistenza sociale e nel commercio, 43 per cento.

"Questi numeri evidenziano come il lavoro povero sia tra le principali emergenze da affrontare a Roma e nel Lazio. Servono maggiori controlli, interventi normativi per eliminare la precarietà, il lavoro sommerso e il dumping salariale. Occorre che le istituzioni nazionali, comunali e regionali si impegnino a monitorare gli appalti pubblici e ad aumentare gli interventi strategici perché le conseguenze della precarizzazione del lavoro e dei bassi salari spinge le persone a rinunciare ad alcuni diritti fondamentali, come le cure sanitarie, a risparmiare anche sul cibo, a discapito della qualità dei prodotti che comprano, e a rinunciare ad attività ricreative e di svago", spiega la Cgil.

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