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Marta Russo uccisa alla Sapienza: il ricordo dell’università a 25 anni dalla morte

Sono passati venticinque anni dall’omicidio di Marta Russo, la studentessa universitaria uccisa alla Sapienza di Roma. In carcere per il delitto finirono Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro.
A cura di Natascia Grbic
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Sono passati venticinque anni dall'omicidio di Marta Russo, la studentessa di ventidue anni uccisa mentre camminava tra le facoltà di Scienze politiche, statistica e giurisprudenza insieme a un'amica. E oggi, dopo un quarto di secolo da quell'omicidio, l'università la Sapienza di Roma ha organizzato un'iniziativa per ricordarla – insieme anche a Peppino Impastato e Aldo Moro – ponendo un mazzo di fiori nel luogo in cui il proiettile le ha trapassato la nuca, uccidendola. Marta Russo è morta dopo cinque giorni di coma, i suoi organi sono stati donati secondo la sua volontà. In carcere finirono Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro: il primo condannato per omicidio colposo aggravato, il secondo per favoreggiamento. Scontarono rispettivamente otto e sei anni di carcere. Si sono sempre professati innocenti, dichiarando di non avere nulla a che vedere con quel delitto che ancora oggi è un ricordo vivido nell'opinione pubblica.

L'omicidio di Marta Russo alla Sapienza

Era il 9 maggio 1997 quando Marta Russo cadde davanti la facoltà di giurisprudenza: mentre camminava con un'amica un proiettile le ha trapassato l'orecchio sinistro, arrivando alla nuca. Marta è caduta a terra tra le urla delle persone che in quel momento affollavano la città universitaria. Ha perso immediatamente conoscenza: dopo cinque giorni di agonia è morta. Per quell'omicidio sono stati arrestati gli assistenti universitari Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Dieci giorni dopo l'uccisione di Marta, sul davanzale della finestra dell'aula 6 è stata trovata della polvere da sparo. Ad accusare i due assistenti, la super testimone Giovanna Alletto, che prima dirà di non aver visto nulla, e poi punterà il dito contro Scattone e Ferraro. Il delitto, nonostante la verità processuale, rimane uno dei più misteriosi dello scorso secolo. Non è mai stato individuato un movente e l'arma non è mai stata ritrovata.

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