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Lucha y Siesta: l’assoluzione non basta se Rocca non ferma lo sgombero

Lucha y Siesta è stata assolta nel processo per occupazione abusiva dello stabile Atac, ma non è salva. La Regione Lazio vuole metterla a bando ponendo così fine a una delle esperienze cardine sulla lotta alla violenza di genere in Italia.
A cura di Natascia Grbic
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Il processo che vedeva imputate le attiviste di Lucha y Siesta con l'accusa di occupazione abusiva d'immobile si è conclusa con un'assoluzione. Una vittoria certamente da festeggiare. Ma si può stare tranquilli? No, perché la casa rifugio per le donne vittime di violenza rischia ancora di chiudere. L'amministrazione di centrodestra ha già annunciato da tempo che è sua intenzione mettere a bando lo stabile per altre associazioni. "La struttura sarà ristrutturata e riassegnata ad altre associazioni tramite bando pubblico. E se avrà i requisiti, potrà partecipare anche l'associazione di Lucha y Siesta", ha dichiarato il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Sembra poco importi che l'esperienza di una poche case rifugio presenti a Roma, cardine del contrasto alla violenza di genere, possa finire in questo modo.

La giunta guidata da Francesco Rocca lo scorso ottobre ha revocato la convenzione firmata dall'amministrazione Zingaretti, che consentiva a Lucha y Siesta di continuare a operare nello stabile di via Lucio Sestio 10. La giunta di centrosinistra aveva infatti riconosciuto il prezioso lavoro portato avanti dalle attiviste, che da sole garantiscono protezione a chi vuole fuoriuscire da situazioni di violenza.

Ciò che manca nella capitale sono proprio i posti letto: a fronte delle centinaia di chiamate che ogni giorno i centri antiviolenza ricevono, ci sono pochissimi posti sicuri in cui far trasferire le donne e i loro figli. Molte sono costrette a continuare a vivere con i compagni, padri, mariti abusanti, senza la possibilità di andare via e rimanendo in una situazione di pericolo. Lucha y Siesta, da sola, nel corso degli anni ha aiutato tantissime donne, garantendo loro percorsi di fuoriuscita dalla violenza con percorsi personalizzati a opera di professioniste.

"Continueremo a combattere per il futuro di Lucha y Siesta – hanno dichiarato le attiviste a margine dell'assoluzione – La Regione Lazio, proprietaria dell'immobile, dovrà mettere via l'atteggiamento carico di pregiudizi che ha finora dimostrato di avere con la revoca della convenzione tra Regione e Casa delle Donne Lucha y Siesta, l'unico strumento valido perché costruito insieme all'istituzione stessa. Poco importa dei cambi di presidente in Regione, Lucha y Siesta deve continuare a vivere in via Lucio Sestio 10, perché lì è la sua prima casa".

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