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Lucha y Siesta, attiviste assolte per l’occupazione: “Vittoria di tutto il movimento transfemminista”

Sono state assolte le attiviste di Lucha y Siesta sotto processo per l’occupazione dell’immobile, avvenuta nel 2008: “Fine di un processo vergognoso”.
A cura di Natascia Grbic
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Il processo contro la casa delle donne Lucha y Siesta si è concluso con un'assoluzione. Lo hanno annunciato le stesse attiviste al termine dell'udienza che si è svolta questa mattina nelle aule di piazzale Clodio e che vedeva imputata la loro presidente con l'accusa di occupazione abusiva di immobile. "È un'emozione, ci siamo svegliate da un brutto incubo. Non è una vittoria solo di Lucha y Siesta, ma di tutto il movimento transfemminista – commentano le attiviste -. Ci sono volute quattro udienze di un processo vergognoso per dire che l'antiviolenza non si processa".

"Siamo in un momento in cui però non possiamo stare né tranquille né serene: basti pensare ai tagli operati dalla Regione ai servizi preposti alla violenza di genere. Ci dobbiamo preoccupare, e non possiamo pensare di fermare la battaglia, soprattutto perché Rocca e la sua assessora alle Pari Opportunità hanno dichiarato di voler chiudere Lucha y Siesta e di non aver intenzione di potenziare la rete antiviolenza".

Atac, proprietaria dello stabile (che era stato lasciato all'abbandono) aveva chiesto come risarcimento un 1 milione e 300 mila euro, ma lo scorso 24 novembre ha annunciato il suo ritiro dal processo. "Vogliamo fare la nostra parte per salvaguardare l'esperienza della Casa delle Donne Lucha y Siesta, un importante presidio antiviolenza, un centro socio-aggregativo fondamentale per la città, con un'indiscutibile valenza sociale quale rifugio e luogo di rinascita delle vittime di violenza, grazie anche ai percorsi di autodeterminazione attivati", aveva dichiarato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, commentando la notizia.

La Regione Lazio vuole chiudere Lucha y Siesta

Lucha y Siesta è quindi salva? La risposta è no. La Regione Lazio, infatti, guidata dalla nuova giunta di centrodestra, vuole mettere lo stabile a bando. La notizia è arrivata con una delibera dell'assessora alle Pari Opportunità Simona Baldassarre. "La struttura sarà ristrutturata e riassegnata ad altre associazioni tramite bando pubblico. E se avrà i requisiti, potrà partecipare anche l'associazione di Lucha y Siesta", le parole del presidente Francesco Rocca. Ma le attiviste dello stabile, punto di riferimento del contrasto alla violenza di genere dal 2008, non ci stanno: "È un'ipotesi che non esiste".

La nascita nel 2008 e il contrasto alla violenza di genere

L'esperienza di Lucha y Siesta è nata nel 2008 in uno stabile di proprietà dell'Atac abbandonato da anni. Qui, nel corso degli anni, vi hanno trovato rifugio decine di donne vittime di violenza insieme ai loro figli. Di fatto le attiviste hanno garantito un servizio in cui la città di Roma è sempre stata – per dirla in modo gentile – carente: ossia quella di assicurare, non solo un tetto sopra la testa, ma anche percorsi di fuoriuscita dalla violenza di genere personalizzati con professioniste del settore.

Nel corso degli anni, l'esperienza di Lucha y Siesta è diventata un modello, un punto di riferimento per il contrasto alla violenza di genere, problema drammaticamente strutturale nel nostro paese. Soprattutto in una città come Roma dove, per la convenzione di Istanbul, ci dovrebbe essere una casa rifugio ogni 10mila abitanti: la realtà ci parla invece di una città con poche decine di posti letto per tre milioni di residenti. Doveroso ricordare inoltre, che Lega e Fratelli d'Italia si sono astenuti sull’adesione dell’Ue alla Convenzione di Istanbul.

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