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Marta Bonafoni a Fanpage: “Lucha y Siesta non l’abbiamo comprata, ma restituita alla sua libertà”

Una città più solidale, uguale e che punti a un modello di governo che non sia solo dall’alto verso il basso ma orizzontale, insieme a chi “la vive, la nutre e la genera tutti i giorni”. Questo il progetto cui si vuole arrivare tramite quello che è stato oggi un primo importante passo: l’acquisto da parte della Regione Lazio di Lucha y Siesta, la casa delle donne messa all’asta da Atac. Bonafoni: “Con Lucha noi vorremmo essere in grado di realizzare una città più uguale, di tutte e di tutti, e unire a questa strada l’approccio su beni comuni”.
A cura di Natascia Grbic
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Dopo quasi tre anni, la Regione Lazio è riuscita ad acquistare ufficialmente Lucha y Siesta, la casa rifugio per le donne vittime di violenza messa all'asta da Atac. Fanpage.it ha intervistato la consigliera regionale Marta Bonafoni, che sin da subito si è attivata per difendere la casa della donne, proponendo con un emendamento l'acquisto dello stabile alla Regione Lazio. E che ora ci tiene a chiarire innanzitutto una cosa: "Godiamoci la festa, forse godiamo poco dei risultati, ma per una volta si festeggia sul serio. È un bel segnale a un mese delle elezioni: è possibile un vento nuovo, quello giusto, non quello che ci aveva spacciato per nuovo cinque anni fa la sindaca. E il vento parte dalla realtà più bella di questa città. Sfruttiamo la brezza e mettiamocela tutta per far sì che quella di oggi non sia un'eccezione ma il modello di governo".

La Regione Lazio ha acquistato Lucha y Siesta e la casa della donne oggi è salva. Un percorso iniziato quasi tre anni fa, nel 2019, che oggi arriva a compimento. Come mai c’è voluto così tanto per formalizzare l’acquisto, ci sono stati intoppi o contrapposizioni da parte di Atac e Comune di Roma?

C’è voluto molto perché le regole di questo tipo di aste che riguardano il fallimento delle aziende hanno una certa tempistica. Le curatrici fallimentari di Atac avevano mandato di far perdere meno soldi possibili ai creditori, per quello noi siamo dovuti arrivare alla terza asta. La prima stima fatta dalle curatrici era molto alta e non corrispondeva a quella fatta dalla Regione. Nella seconda asta è stata abbassata ma non corrispondeva ancora alla nostra disponibilità, mentre nella terza abbiamo potuto giocare la nostra partita, che ha avuto come base la nostra offerta. C'è da dire che non siamo stati facilitati dall'atteggiamento del Comune di Roma, che ha tentato in ogni occasione di svuotare l'immobile. Abbiamo assistito alle minacce di distacco delle utenze, alla proposta di trasferimento delle donne e dei minori che vivono all'interno: cosa legittima quest'ultima ma che avrebbe potuto avere un effetto deleterio, perché svuotare un immobile del servizio vuol dire renderlo più appetibile a eventuali speculatori. Non è successo, è stata più forte la mobilitazione corale della città e di un pezzo di Paese che si sono stretti intorno a Lucha y Siesta per dire che questa è una storia che va salvaguardata.

Perché è importante che in città ci sia uno spazio come Lucha?

È importante in assoluto, basti pensare alla quota di femminicidi che si sono avuti quest'estate, mette i brividi. È fondamentale avere case rifugio e centri antiviolenza che accolgono e accompagnano le donne che escono da questi traumi. Lucha y Siesta è un posto eccezionale nell'etimologia del termine, un luogo protetto ma che fa della sua apertura al quartiere e alla città il suo motivo di protezione. È il luogo dove la convenzione di Istanbul si concretizza, dove la comunità intera fa da scudo alla violenza di quel preciso uomo contro quella precisa donna. Come dico sempre, e difendo questa affermazione, noi non abbiamo solo comprato Lucha, abbiamo restituito Lucha alla sua libertà. La Regione Lazio non subentrerà nella gestione di Lucha, noi dobbiamo lasciare che cresca senza quella precarietà che costringeva le operatrici e le ospiti ad aver paura dello sgombero.

Avete detto che Lucha sarà un ‘laboratorio di sperimentazione dell’autogoverno per costruire un nuovo modello di fare città e società’. Cosa manca a Roma per diventare veramente una città solidale e transfemminista?

Mancano molte cose dal punto di vista del riconoscimento dall’alto, ma pochissime se vediamo la realtà dei fatti. Roma è una città ricca di associazioni, gruppi di donne, centri antiviolenza, comitati, scuole, sindacati, assemblee che già vivono di una città transfemminista. Con Lucha noi vorremmo essere in grado di realizzare una città più uguale, di tutte e di tutti, e unire a questa strada l'approccio su beni comuni. Ossia sperimentare una terza via, che non sia il privato, nemmeno il privato sociale, ma neanche il ‘pubblico pubblico'. Vogliamo arrivare a sperimentare quelli che sono i beni comuni, dove c'è una cogestione tra pubblico e privato che libera energie e possibilità che una gestione più tradizionale non permette di avere.

Qualche settimana fa nel III municipio è stata applicata la legge regionale sui beni comuni per Puzzle. Nel programma di Gualtieri si parla di prendere a modello la legge regionale. Un modo per superare la ormai famosa delibera 140 sul patrimonio pubblico?

Indubbiamente lo è. Questa nostra partecipazione all'asta per Lucha è anche la risposta all’errore che si fece allora. Si tratta di togliere dal tavolo del governo delle città, in questo caso la capitale, il tema della contabilità, della legalità senza diritti e senza giustizia sociale, e invertire la gerarchia delle scelte. Abbiamo scommesso sui diritti, sulla presa in carico, sulla responsabilità, sulla delega alle donne di Lucha e lo abbiamo fatto investendo risorse per fare una cosa che l'ente pubblico non fa da anni, ossia comprare un bene pubblico anziché disfarsene. È un cambiamento di paradigma fondamentale che potrà insegnare molto anche in termini di amministrazione del patrimonio e dei beni pubblici. È una risposta sonora alla 140, che ha visto in Puzzle una prima realizzazione, una nuova modalità di governo. La città non si governa dall'alto, ma insieme a chi la vive, la nutre e la genera tutti i giorni. E Lucha ne è un esempio clamoroso, che non sta fermo e che deve camminare per essere tale. E adesso con questo progetto di Lucha 2.0 dovremmo essere all'altezza di questa nuova sfida.

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