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Licenziata dal locale perché ha chiesto un permesso: “Costretta a lavorare in nero 50 ore a settimana”

Quella di Sara è una delle tante storie di sfruttamento lavorativo che avvengono nel mondo della ristorazione. Costretta a lavorare anche 50 ore a settimana, è stata mandata via dal proprietario del locale solo perché ha chiesto un giorno libero.
A cura di Natascia Grbic
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"Mi hanno detto che se non fossi andata a lavoro quel sabato non mi sarei più dovuta presentare. Da mesi avevo detto che quel giorno avrei voluto prenderlo di ferie per andare al matrimonio della mia migliore amica. Hanno deciso di minacciarmi, facendo leva sul fatto che ho una situazione economica difficile. Ho deciso che era meglio andare a finire sotto un ponte piuttosto che essere ricattata di nuovo".

È un fiume in piena Sara mentre ci racconta la sua storia di sfruttamento sul lavoro. Ha trent'anni, prima della pandemia lavorava in un'enoteca, che poi ha chiuso, lasciandola senza impiego. Si è rimboccata le maniche e ha cercato un altro lavoro, trovandolo in un ristorante al centro di Roma. "Dopo aver lavorato sette anni sei sere su sette, avevo deciso di cambiare e lavorare di giorno, in modo da avere ritmi di vita più sostenibili. Avevo anche ricominciato l'università e il pomeriggio volevo studiare. Abbiamo quindi concordato quattro turni settimanali dalle 10 alle 16, per nove euro l'ora. Mi avrebbero anche pagato eventuali straordinari, ed ero molto felice di questa cosa che per me era una novità".

Le cose però iniziano da subito ad andare in modo diverso da quello pattuito. L'orario di lavoro non è mai dalle 10 alle 16, e anche i giorni diventano più di quelli stabiliti. "Vuoi perché c'era qualcuno in ferie, vuoi perché c'era qualcuno malato, sin da subito ho iniziato a lavorare dalle 10 del mattino alle 22 di sera. Facevo i doppi turni come responsabile di sala, sei giorni su sette, anche se avevo specificato che sarei stata disponibile solo per il turno del pranzo. Lavoravo 50 ore a settimana, sempre senza un lamento e con la massima disponibilità. Ho pensato che era un periodo difficile e mi sono adattata".

A Sara però, non viene nemmeno fatto un contratto. "Il proprietario del ristorante mi ha detto che la pandemia lo aveva lasciato in ginocchio e aveva ancora diversi debiti da pagare, ma che presto mi avrebbe messo in regola. Ogni mese rimandava con una scusa, e da marzo siamo arrivati a dicembre. Non ho mai avuto ferie in questo periodo, né malattie pagate. Sono stata male solo due giorni, con il terrore che non sarei riuscita a pagare le bollette alla fine del mese. Per settimane ho lavorato con gli strascichi di un'influenza perché altrimenti non sarei stata pagata. Non è normale".

Il matrimonio dell'amica di Sara era programmato da tempo, e lei aveva già avvertito il ristorante che quel giorno non sarebbe andata al lavoro. "Mi avevano detto che non c'era problema, ed ero tranquilla. Domenica ho mandato un messaggio al proprietario con i turni per la settimana successiva, ricordandogli che sabato dieci dicembre non ci sarei stata. Mi ha risposto che o andavo a lavorare o non mi sarei dovuta presentare mai più".

Stupita della risposta del proprietario, Sara ha tentato una riconciliazione. "Gli ho detto che non mi meritavo un trattamento simile dopo tutto quello che avevo fatto per il ristorante. Speravo potessimo trovare un accordo, e invece mi ha minacciata dicendo che se non avessi rinunciato al matrimonio non avrei più lavorato lì".

Adesso Sara è senza un lavoro. Dato che il gestore del ristorante non le ha mai fatto un contratto, non può nemmeno chiedere la disoccupazione. "Mi ha lasciata per strada senza pensarci troppo nel periodo di Natale, a pochi giorni dal mio compleanno. Sa perfettamente che sono disperata, ho una situazione economica difficile e mia madre a carico, non posso permettermi di non lavorare. Ma stavolta ho deciso di dire no: meglio sotto a un ponte che cedere a un ricatto del genere. E spero che anche altri ragazzi comincino a rifiutare queste condizioni disumane, che nel mondo della ristorazione sono purtroppo frequenti".

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