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“La violenza è un problema degli uomini”: il lavoro dei centri per maschi maltrattanti

Sono molto pochi sul territorio nazionale, ma vorrebbero strutturarsi e avviare un progetto capillare di prevenzione, non solo di recupero per chi ha già commesso reati. “Questo non è un lavoro a difesa dei maschi e non è teso a ottenere sconti di pena. La violenza non spunta mai dal nulla: per questo insistiamo sulla prevenzione, in modo da cambiare la cultura preesistente”.
A cura di Natascia Grbic
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"I centri per maltrattanti hanno una funziona preventiva. Bisogna comunicare che il problema della violenza è dell'uomo e da lui deve essere affrontato. Altrimenti il messaggio è che le uniche responsabilità sono della donna: è sempre lei che deve andarsene o denunciarlo, un'operazione importante ma onerosa. Il peso della fine della violenza è tutto sulle sue spalle: questo non credo sia giusto, non è così che deve essere. Il peso deve andare soprattutto sulle spalle dell'uomo e delle istituzioni che devono intervenire. La società deve dire all'uomo di farsi una domanda, ed è lui che poi deve intervenire e uscire dalla situazione". Sono queste le parole che Andrea Bernetti, presidente del Centro ascolto uomini maltrattanti (Cam) di Roma, usa per descrivere l'idea alla base della struttura. Un centro dove vengono avviati percorsi per autori (anche futuri) di violenza, e al quale si rivolgono una sessantina di uomini all'anno. "È un numero limitato perché potrebbe essere più alto – spiega Andrea – Non essendo centri finanziati e non avendo molte risorse, non riusciamo a seguirne di più".

I dati della violenza maschile sulle donne

Il Cam di Roma è stato fondato nel 2014 sulla scia dell'esperienza di Firenze (prima in Italia) nata nel 2009 dall'iniziativa di un centro antiviolenza, l'Artemisia. "Un'operatrice del cav si è resa conto, dopo tanti anni che parlava con le donne, che usciva da alcune l'esigenza di far intraprendere un percorso ai compagni", spiega Anna Valeria Lisi del Cam di Roma. "Fino allo scorso anno lavoravamo molto con richieste spontanee, adesso si sono affiancate anche le domande che originano dal Codice Rosso, nel quale è previsto, accanto alla pena detentiva, anche un percorso riabilitativo in un centro". "In Italia siamo indietro di trent'anni, in Europa e in Nord America queste strutture esistono dagli anni '80", continua Bernetti. "Ci fanno capire che il contrasto alla violenza è strutturato in tanti aspetti, tra cui quello del lavoro con gli uomini". I dati che riguardano la violenza maschile sulle donne sono allarmanti. Se le statistiche vedono gli altri reati in diminuzione, quelli che riguardano la violenza di genere sono invece in aumento rispetto agli altri anni. Sale il numero dei femminicidi, sale il numero delle denunce e degli abusi. Con un boom del +115% di chiamate ai centri antiviolenza durante il lockdown. "In Italia c'è un approccio emergenziale e una scarsa attenzione alla prevenzione – spiega Bernetti – Siamo molto bravi a reagire alle situazioni quando si presentano, molto meno bravi quando bisogna avere un approccio strutturato, preventivo e di ampio respiro. L'esistenza di questi centri significa che bisogna occuparsi non solo dell'uomo che ha già agito, ma anche di quello che potrebbe farlo".

La violenza non spunta mai dal nulla

Molti degli uomini con il quale il Cam lavora si trovano in carcere, altri invece si rivolgono al centro quando si rendono conto che qualcosa non va nel loro comportamento. "La natura di questi comportamenti è formata sulla ripetizione continua e una dinamica di escalation, per questo è necessario intervenire in modo preventivo. Spesso leggiamo storie di separazione, uomini lasciati che a quel punto usano violenza fisica sull'ex compagna. Ma la violenza è sempre esistente, già da prima. Può essere sottotraccia, manifestarsi con gelosia e controllo, con fragilità del rapporto. Non spunta mai dal nulla". Emblematico per Bernetti è il femminicidio di Torino. "Una delle frasi che più abbiamo sentito è che quell'uomo aveva lavorato tanto per costruire la casa. L'ossessione per la casa a fronte di una scarsa attenzione alla relazione è già un segno di violenza. Non esplicito chiaramente, perché all'epoca non stava facendo fisicamente male a nessuno. Ma in quell'ossessione c'è un segno di violenza". Per questo i Cam insistono sulla prevenzione.

Due Ddl in Senato per finanziare il servizio

Venerdì ci sarà un incontro con le senatrici Alessandra Maiorino (M5s) e Donatella Conzatti (Italia Viva). Il progetto è quello di strutturare una rete di centri per uomini maltrattanti e istituzionalizzare il servizio, in modo da non lasciarlo solo all'iniziativa di associazioni o privato sociale. Al momento ci sono due Ddl in Senato, bloccati però a causa dell'emergenza coronavirus. Altro obiettivo che i Cam vogliono raggiungere è quello della pubblicizzazione. "Se diventa conoscenza comune che esistono centri appositi dello Stato, vuol dire riconoscere che la violenza è un problema dell'uomo e come tale affrontato. Alcuni uomini non lo faranno, perché credono fermamente di avere ragione. Ma possono essercene molti che spinti da una pressione culturale e di altri soggetti decidono di rivolgersi al centro".

"Obiettivo non è lo sconto di pena"

Una delle critiche che viene maggiormente mossa a questi centri, è il fatto che molti uomini potrebbero usare in maniera strumentale il percorso per uscire dal carcere e non scontare la pena. "Se dovesse succedere è chiaro che non va bene, ma sono necessarie linee guida e punti di riferimento nazionali. Questo lavoro è in primo luogo per la difesa delle donne e dei minori, non a difesa dell'uomo. Lo aiuta però a capire come si sta nelle relazioni in cui ci sia dignità e piacere per tutti. Non facciamo interventi per favorirlo o fargli avere uno sconto di pena, ma deve riconoscere i problemi che ha generato e che può cambiare".

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