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Il murales per la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh sfregiato 4 volte in un mese

Immagini sessiste, Stelle di David e la scritta “assassini”, vernice lanciata sul viso e manifesti con i volti delle persone rapite da Hamas il 7 ottobre. Il murales dedicato a Ostiense alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa in Palestina dall’esercito israeliano è diventato l’obiettivo ripetuto di sfregi e attacchi.
A cura di Valerio Renzi
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Quattro volte in un mese. Dall'inizio dell'escalation del conflitto tra Israele e Hamas, il murales dedicato a Roma alla giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa dall'esercito nel maggio del 2022 israeliano, è stato vandalizzato senza sosta. Gli attivisti della Rete Yalla chi si occupano di progetti di solidarietà con la Palestina, lo hanno sempre ripristinato, provando a non alzare il livello della tensione attorno all'opera, ma ora hanno deciso di denunciare pubblicamente quanto accaduto in queste settimane. L'opera è stata realizzata da Radio Roma, con regolare autorizzazione del Municipio Roma VIII, insieme ai Giovani Palestinesi di Roma.

Il primo episodio è avvenuto l'11 ottobre quando ignoti, di notte, hanno lanciato della vernice rossa sul volto di Abu Akleh e scritto "assassini", con riferimento evidentemente agli arabi o ai palestinesi, o a chiunque non condivida le politica del governo israeliano, associati indistintamente ad Hamas. Il dipinto murale si trova i via del Valco San Paolo, a due passi dall'ingresso dell'Università di Roma 3.

Il 19 ottobre il secondo episodio dopo il ripristino: questa volta il gesto è esplicitamente rivendicato, con l'affissione di manifesti apparsi anche altrove a Roma che rappresentano gli ostaggi di Hamas, oltre che lo sfregio del viso con la vernice. Un modo per mettere indebitamente in relazione diretta la solidarietà con la Palestina, o la figura della giornalista, con il massacro di Hamas del 7 ottobre.

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Ancora il 21 ottobre i vandali entrano in azione armati di vernice bianca e cancellano la scritta "Free Palestine", tracciando una Stella di David sulla bandiera palestinese.

L'ultimo episodio ieri, domenica 5 novembre, il più orrendo, con un aggiunta di sessismo al repertorio già sperimentato: i vandali anti palestinesi tracciano con lo spray nero un pene sulla bocca del volto di Shireen Abu Akleh, i seni sulla pettorina con la scritta press.

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È dall'inizio del conflitto che raccontiamo su queste pagine l'escalation di tensione che si sta vivendo per le strade di Roma. Non solo le pietre d'inciampo oltraggiate, ma anche intimidazioni a chi espone una bandiera palestinese, il pestaggio di un influencer palestinese, manifesti con la bandiera palestinese vandalizzati.

Proprio a Ostiense, nella zona dove è stato ripetutamente vandalizzato il murales, abita una parte significativa della comunità ebraica romana. Una cui frangia, soprattutto tra i giovanissimi, in queste settimane si sta rendendo responsabile di alcuni di questi episodi, andando in giro di notte a strappare e sfregiare i messaggi di solidarietà con la popolazione di Gaza sotto le bombe, assimilando ogni presa di posizione al sostegno ad Hamas. E rivendicandolo sui muri in maniera inequivocabile.

Non si capisce poi cosa ha a che fare con tutto ciò Shireen Abu Akleh, una giornalista araba cristiana nata a Gerusalemme e naturalizzata statunitense, che ha dedicato la sua carriere di cronista a raccontare la vita sotto occupazione dei palestinesi e la vita in Israele. Attenta alle storie dei civili e delle persone normali, più che a quella dei leader o di chi spara. Quando l'esercito israeliano l'ha uccisa stava facendo il suo lavoro nel campo profughi di Jenin. Le forze di sicurezza israeliane non l'hanno lasciata in pace neanche al momento dei suoi funerali, picchiando con manganelli e calci gli amici, i colleghi e i familiari che portavano la sua bara verso la sepoltura.

Perché la sua memoria deve continuare ad essere oltraggiata per le strade di Roma? Che senso ha? Le istituzioni perché non prendono parola in maniera chiara? Perché non lo fanno le istituzioni della Comunità ebriaca di Roma, invitando ad abbassare i toni e a lavorando al dialogo, almeno qua, in casa nostra?

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