Giudice morta per tumore scambiato per verruca, primario San Raffaele: “Può capitare, andava tolto”
Una battaglia intrapresa perché una cosa del genere "non si ripeta mai più". La famiglia di Giulia Cavallone, la giudice morta a 36 anni per un melanoma scambiato per una verruca seborroica, ha continuato la battaglia intrapresa dalla donna quando era ancora in vita, fino ad arrivare alla condanna a otto mesi per omicidio colposo della dottoressa che l'aveva visitata. Cavallone è morta il 17 aprile 2020 dopo che il tumore è andato in metastasi, colpendo varie parti del corpo, senza lasciarle scampo. "Attendiamo di leggere le motivazioni per un più attento esame — le dichiarazioni degli avvocati di parte civile, Stefano Maccioni e Nicola Di Mario — È stata riconosciuta una condotta colposa della dermatologa e il nesso di causalità tra questa e il decesso della dottoressa Giulia Cavallone". La 36enne ha fatto causa alla dermatologa che l'aveva visitata e tranquillizzata su quella escrescenza che non aveva un buon aspetto. Anche se per lei ormai era tardi, voleva che questo non succedesse ad altri. Quando ci si è accorti che quella non era una verruca ma un tumore, è stato tentato di tutto. Prima l'asportazione del neo, poi la terapia con i farmaci. Ma non è servito a nulla: dopo un po' sono comparse le "metastasi cerebrali, polmonari, cardiache, epatiche, gastrointestinali e linfonodali".
Il primario del San Raffaele: "Andava tolto"
A Il Corriere della Sera ha commentato la sentenza Franco Rongioletti, 64 anni, primario di dermatologia clinica dell’Ospedale San Raffaele e ordinario di dermatologia all’Università Vita-salute San Raffaele. "Purtroppo può succedere perché sia il melanoma che la verruca seborroica si presentano come due macchie scure. Nel 90% dei casi si distinguono soprattutto se il dermatologo usa il dermatoscopio che ingrandisce la lesione e permette di vedere anche in profondità ma rimangono comunque dei casi dove la distinzione non è semplice. La cosa migliore rimane sempre quella di asportare e fare l’esame istologico che non dà margini di errore. Una pena eccessiva perché ha fatto un errore che può succedere. Anche a me è capitato di vedere delle lesioni che mi sembravano delle verruche seborroiche solo che ho fatto l’asportazione e l’esame istologico mi ha fatto capire che si trattava di un melanoma. Ecco, la dermatologa sotto processo avrebbe dovuto procedere anche lei così".