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Educazione sessuale e lotta a stereotipi di genere nelle scuole: “Una legge per tutelare gli studenti”

La senatrice Cecilia D’Elia ha depositato un disegno di legge sull’educazione all’affettività e alle differenze da attuare nelle scuole. “Bisogna creare le condizioni per cui la scuola sia capace di accogliere”.
A cura di Natascia Grbic
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La senatrice del Partito democratico Cecilia D'Elia ha depositato in Senato un disegno di legge su ‘Educazione all'affettività e alle differenze'. Un progetto rivolto alle scuole, studenti e personale, volto a smantellare le visioni stereotipate sui generi e aiutare i giovani a rispettare i principi di uguaglianza e non discriminazione.

Qual è il fulcro della proposta di legge e l'obiettivo che si vuole raggiungere?

Costruire una scuola fortemente inclusiva e in prima linea contro gli stereotipi. In parte la scuola oggi lo è già, ci sono tanti progetti, tanti insegnanti che si occupano di questi argomenti. Quello che manca è però un intervento organico. La sessualità e l'approccio di genere sono aspetti fondamentali per lo sviluppo armonico di una persona. Nella mia esperienza il nodo, da dovunque lo prendiamo – diseguaglianze, prevenzione della violenza di genere, mancata condivisione del lavoro di cura, stereotipi, disparità – è culturale e va aggredito. C'è un'indagine Istat del 2018 dove il 59% della popolazione tra i 18 e i 74 anni è più o meno d'accordo col fatto che per un uomo è più importante avere successo nel lavoro rispetto a una donna, e che sono meno adatti a fare le faccende domestiche. Si tratta di cose ancora molto radicate, per questo vogliamo costruire una scuola che consenta una maggiore consapevolezza. C'è poi il nodo della non discriminazione sulla base dell' orientamento sessuale e dell'identità di genere. Insomma, la proposta guarda complessivamente alle differenze tra le persone.

Quali sono gli step da affrontare?

Da un lato ci sono le linee guida nazionali che devono essere elaborate tramite una consultazione aperta attenta al pluralismo culturale e alle associazioni impegnate su questi temi, a quelle studentesche. Il tema è poi la formazione del personale docente e non docente. Si tratta di una legge che vuole dare forza a cose che già ci sono e spesso vengono attaccate. Ad esempio, nel 2017, il ministero dell'Istruzione e quello della Salute erano arrivati a un accordo per l'educazione sessuale nelle scuole che non è mai andato avanti. C'è un vuoto su questo tema.

Quanto è importante il ruolo della scuola nel contrasto agli stereotipi e alle discriminazioni di genere?

Molto. Nelle scuole ho visto tanta progettualità ma c'è bisogno che in qualche modo questo lavoro venga valorizzato, sistematizzato e abbia delle linee guida nazionali. Contano anche altri modelli ovviamente, ma la scuola è un luogo essenziale di formazione. Bisogna creare le condizioni per cui la scuola sia capace di accogliere, senza voler delegare a lei tutti i problemi, e sostenere quei progetti che oggi vivono solo della sensibilità dei docenti, degli enti locali o delle associazioni che le propongono.

La proposta di legge sarà discussa anche con diverse realtà associative prima di arrivare in Parlamento.

Abbiamo iniziato un percorso di discussione con le associazioni per capire se il testo della proposta di legge convince quelle realtà che si occupano di genere, discriminazione e violenza, dopodiché sarà portato in discussione in commissione. Ieri si è tenuto un incontro, il primo di una lunga serie per discutere del testo. Tutte le realtà lo hanno ritenuto un atto politico forte, vedremo come andranno avanti i lavori.

Spesso quando si parla di iniziative nelle scuole volte all’educazione sessuale o alla libera espressione di genere, la destra sostiene si vogliano ‘indottrinare’ i ragazzi.  Un episodio di questo tipo è accaduto proprio a Roma una decina di giorni fa. Pensa che una proposta di questo tipo sarà approvata o prevedete di incontrare delle difficoltà e che magari sarà stravolta dagli emendamenti?

Questo lo vedremo, ho sentito alcune cose in aula anche nel giorno dedicato alla lotta contro l'omolesbobitransfobia in cui si è parlato di indottrinamento gender. So che c'è un pezzo dell'opinione pubblica conservatrice che non vede di buon occhio questi progetti, ma essi rappresentano la possibilità di una discussione. La mia proposta prevede sia il riconoscimento del pluralismo sia il coinvolgimento delle famiglie, ma dobbiamo avere più fiducia negli educatori e nei pedagogisti. I ragazzi e le ragazze si fanno molte domande e preferisco provare a rispondere dando loro strumenti per crescere con maggiore consapevolezza purtroppo che gridare all'indottrinamento, perché parliamo esattamente del contrario.

La scuola offre dei contenuti perché poi ognuno possa maturare la sua opinione. E in questo è un esercizio democratico. Il nodo è riconoscere che si tratta di temi che hanno a che fare col sapere e che quindi hanno anche bisogno di una pedagogia. Rimuovere il corpo, l'affettività, la disparità che c'è nelle relazioni di genere non consente alle ragazze e ai ragazzi di crescere serenamente e alla scuola di fare il suo dovere nell'educazione alla cittadinanza. Non mi spaventa la discussione con la destra, ma questa proposta va discussa con chi lavora su queste cose, e prima di fare un percorso nel Parlamento voglio fare un percorso con docenti e associazioni.

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