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Chi era Sergio, il 30enne che si è suicidato schiacciato dalla solitudine nel carcere di Frosinone

Fanpage.it racconta chi era Sergio, il detenuto 30enne che ha tentato il suicidio nel carcere di Frosinone ed è morto ieri in ospedale. Il garante dei detenuti del Lazio Anastasìa: “Solo e senza colloqui con l’esterno, c’era la speranza per lui di un’alternativa detentiva”.
A cura di Alessia Rabbai
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Un detenuto in carcere (Immagine di repertorio)
Un detenuto in carcere (Immagine di repertorio)

Si chiamava Sergio e aveva trent'anni il detenuto che ha tentato il suicidio venerdì scorso nel carcere di Frosinone. Era italiano di origine bielorussa, cresciuto in Calabria con la famiglia adottiva, con la quale però per motivi non noti, aveva chiuso ogni rapporto. Si trovava nel carcere di Frosinone da dicembre del 2024, prima era detenuto a Rebibbia, dopo l'arresto a Roma, condannato in via definitiva per un cumulo di reati minori. Era tossicodipendente e aveva commesso dei furti, probabilmente legati alla sua condizione di tossicodipendenza o alla necessità di vivere di espedienti. La sua era una delle tipiche storie di sopravvivenza. Prima di lui a febbraio scorso sempre nel carcere di Frosinone Andrea, completamente solo, si è ucciso a cinquantuno anni, prima di finire di scontare la sua pena.

Sergio è morto da solo, nessuno lo andava a trovare, non faceva colloqui con l'esterno. Il carcere in casi come questo amplifica la solitudine di chi è già solo fuori. La direzione della casa circondariale si stava impegnando per verificare se il trentenne potesse essere trasferito in una comunità, per rendergli possibile una detenzione alternativa, vista la sua condizione di solitudine estrema. Ma non è facile che ciò avvenga quando si hanno sei anni da scontare, che se la legge lo consente.

Venerdì scorso Sergio ha tentato il suicidio, ieri è morto. Quando il personale di turno del carcere lo ha trovato le sue condizioni di salute erano disperate: soccorso e trasportato in ospedale con l'ambulanza, è deceduto. Il cuore non ha retto, le lesioni riportate nel tentativo di togliersi la vita sono risultate gravi e irreversibili.

"Le condizioni di sovraffollamento delle carceri rischiano di rendere invisibili persone sole come Sergio – spiega a Fanpage.it il garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasìa – nel caos e nelle necessità della vita quotidiana in carcere si presta solitamente più attenzione ai detenuti maggiormente richiedenti. Sergio non era una persona che chiedeva, anzi viveva in disparte e in silenzio. Il servizio delle dipendenze lo seguiva, c'era la speranza per lui di costruire un'alternativa detentiva al carcere, ma non c'è stato tempo".

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